Ecuador,Vilcabamba – Magari non è la capitale della longevità ma delle “balle” si

Vero o falso poco importa. Questa è una storia dove  gli errori  scientifici  non  interessano  a  nessuno  e neanche la verità. Sul falso mito di un popolo di centenari una comunità si è creata un suo futuro e una sua economia. In tempi di crisi, si può imparare anche da uno sperduto paesino in mezzo al Sud America. Nonostante ci siano più  centenari in  cento metri quadri nella Barbagia di Ollolai in Sardegna che in  tutta Vilcabamba, questa piccola e simpatica cittadina collocata sulla cordigliera Reale dell’Ecuador ai confini con il Perù già negli anni settanta è stata eretta a capitale mondiale della longevità.

L’etimologia del termine “Vilcabamba” pare derivi dal Quechua, lingua locale, “Huilco Pamba”. Dove Huilco indica gli alberi sacri, “Anadenanthera colubrina”, che abbondano   nella regione e Pamba è una parola che significa “pianura”. E già il nome promette bene e sarebbe sufficiente a spiegare il fatto sensazionale. Ma non è così. Siamo nell’ottobre del 1973, il dottor Alexander  Leaf  della Harvard Medical School si trova a Vilcabamba, non è chiaro se qualcuno ce l’ha mandato o c’è arrivato di sua iniziativa, è lui che introduce queste persone  nel mondo  per la prima volta dedicando la loro  storia, di popolo longevo, con una copertina del National Geographic. Racconta nell’articolo: “non è raro vedere una persona raggiungere i 100 anni di età e si afferma che molti hanno  sono  arrivati a  120 anni,  fino a raggiungere anche 135 anni,  che  renderebbe una zona con  i più antichi abitanti del mondo. Viene chiamata la Valle della longevità.” La curiosità è femmina, qualcuno ha detto, io aggiungo che è anche giornalistica. Raggiungo  Vilcabamba  dalla  Colombia  dopo  un  viaggio  di  28  ore  di  bus,  tutto  curve  e  rari  rettilinei dormendo negli stessi bus. Dopo aver trovato un hotel, una vecchia casa coloniale con un patio e un giardino che solo in sud America si può trovare e apprezzare, per rimettermi in sesto ci vuole una doccia e una bella colazione e subito chiedo notizie sulla “Valle della longevità”. Voglio incontrare i mitici centenari. Lucio è  una sorta  di  direttore,  peruviano ed è claudicante,  proprio perché peruviano non  ha difficoltà a dirmi che di centenari a Vilcabamba non ce ne sono, mi spiega che in passato qualche centenario si poteva trovare ma che oggi è difficile, forse qualcuno è rimasto nelle campagne circostanti. Mi dice “devi chiedere al parroco”. Capirò solo dopo diverse ore che il loro “parroco” è una sorta di “delegato del sindaco”, perché  Vilcabamba  è  una  parrocchia  cioè  una  frazione  di  Loja,  una  città  di  150mila  abitanti  capoluogo  della provincia e del cantone omonimi. Insisto ed allora è lo  stesso  Lucio a venirmi in aiuto, mi accompagna nella piazza principale cammina così svelto che ho difficoltà a stargli dietro come se il suo difetto non esistesse. “Una cuadra a la izquierda”, mi presenta Vincencio un tassista che ha uno “tío viejo”. Affare fatto per 8 dollari Vincencio è a mia disposizione per tre ore. Viaggio accanto a lui, mi spiega che è difficile trovare centenari anche perché non si possono avere riscontri all’anagrafe: “ nei registri c’è molta confusione”… Raggiungiamo una località, tutto sembra magico, i colori sono  vivi, un  verde unico, un  cielo  che un  fotografo  può  solo  sognare. Manuel  Picoita  99  anni  forse, ex contadino  e  tagliatore  di  canna  da  zucchero,  mi  accoglie  con  un  sorriso.  Sua  figlia  e  suo  nipote  lo accudiscono, ormai non ci vede più e l’udito fa “fatica”. Mi chiede da dove vengo, è difficile spiegare ad un uomo che non ha mai ha visto il mare o un aereo dove si trova l’Italia, ma ci tento, anche se con scarso successo. Mi  racconta la sua vita da contadino, il caldo  torrido  “dentro” le piantagioni di canna da  zucchero con il machete in mano. Il  viaggio  riprende  domandando  nelle  “tiendas”,  piccoli  negozi  riforniti  di  ogni  cosa  dagli  alimenti  agli “strumenti” per la terra, dove si possono incontrare dei centenari. Fatica e tempo  sprecato, nessuno è in grado di aiutarci. Si rientra in paese. Saluto Vincencio non prima di aver saldato il pattuito. Deluso rientro in hotel, è sempre Lucio a venirmi in aiuto, nel frattempo aveva acquisito informazioni, “a dos cuadra en frente de la farmacia puede encontrar Nestor Carpio”.

Nestor non è in casa ma in  una panchina, all’ombra, nel parcocgiardino  di Vilcabamba, un signore con un magnifico “sombrero” gentile e accondiscende a farsi fotografare. Ha 97 anni, è stato allevatore. Manuel e Nestor due prossimi centenari, prossimi appunto ma non ancora. L’ultimo  della  mia  ricerca è Augustin  Jaramillo  100  anni    il  primo  di  maggio  2012,  gli  chiedo  se posso fotografarlo:  “nessun  problema 5  dollari”  mi  risponde, la cosa mi  fa  ridere e  la trovo, anche,  simpatica. Augustin Jaramillo è stato “utilizzato” come testimonial per la “Vilcabamba longeva”. La sua faccia è esposta su manifesti e locandine in giro per il villaggio, da quel momento Augustin si sente una star. Augustin è una star. “A chi gli chiede una foto, magari insieme, pretende i suoi cinque dollari” racconta Giampiero, italiano qui in Ecuador da 12 anni, “sono arrivato in questa valle per caso, e per caso ho comprato un lotto di 2200 metri quadrati per mille dollari. Qualche mese fa l’ho rivenduto a 41mila dollari. Niente male.”

A  Vilcabamba ormai regna il  turismo,  centinaia di nordamericani, tedeschi, spagnoli e anche  una piccola comunità di una decina di italiani ha fatto si che la “Valle della longevità” sia diventata una meta turistica tra le più ricercate nel suo genere. Ristorantini e localini alla moda, hotel in ogni angolo, agenzie turistiche con proposte di ogni genere, taxi moderni e puliti.

Insomma la “Vilcabamba longeva” ha saputo giocare le sue carte. “Qui, ormai l’economia si basa sul  turismo  c continua a raccontare Giampiero c  quella nordamericana è la comunità più  numerosa,  sono  arrivati  qui  in massa,  la  crisi economica americana  ha accelerato  questo esodo, con i pochi dollari di pensione che percepivano negli Stati Uniti facevano una vita da poveri, ma qui si sentono ricchi, e magari davvero sperano di campare per 100 anni”.Mi confida: “non credere ad Augustin, a me qualche mese fa mi ha detto che aveva 103 anni qui raccontano balle ma lo fanno in modo “generoso” la gente vuole sentirsi dire queste storie e loro li accontentano”.

Ma  come è nata la legenda della longevità,  alla  fine è  proprio  il  dottor  Alexander  Leaf  a  raccontarcela, proprio lui,  quello che per primo mise involontariamente in piedi questa “bufala”  tanto da guadagnarsi la copertina del National Geographic. Tuttavia i primi  sospetti gli  vennero  quando  si accorse che gli  abitanti del villaggio  erano  incoerenti  nel riportare l’età. Nel 1971 aveva incontrato un uomo che diceva di  avere 122 anni. Quando Leaf ritorna dopo tre  anni,  interrogato  l’uomo  stesso  affermava di  averne 134.  Riconoscendo l’importanza di  stabilire l’età esatta degli abitanti del villaggio, Leaf  si convinse che era importante approfondire le proprie ricerche sulla popolazione  anziana  di  Vilcabamba.  Alla  fine  scoprì  che,  in  realtà,  non  c’era  una  vita  centenaria  a Vilcabamba.

La persona più anziana nel villaggio aveva 96 anni.  L’età media di coloro  che affermano di avere più di 100 anni nella pratica ne avevano 86.Leaf  con  i suoi  ricercatori  presentarono  questi  risultati  il     27  febbraio  1978  in  un  seminario  presso  il National  Institutes of  Health  a  Bethesda, concludendo che,  “la  longevità individuale in Vilcabamba è uguale a quella del resto del mondo.”

Ancora più scioccante la conclusione della ricerca, sulla reputazione di Vilcabamba longeva, hanno riferito che, “l’aspettativa di vita di età a Vilcabamba (e Loja)  è inferiore a quella degli Stati Uniti”.  Logicamente, secondo le normali regole della stampa in  tutto il mondo, lo spazio alla smentita non è stato sicuramente una copertina. Una volta tanto meglio così. La mattina seguente, con lo zaino in spalle, raggiungo il terminal terreste, di questa avventura mi rimarrà il ricordo  di una valle che gli Inca usavano come rifugio, di  tre splendidi vecchietti e dei 5 dollari  spesi  nel miglior modo possibile. Ma anche una riflessione:

Da una parte  del mondo  c’è  chi  ha migliaia di  motivazioni per  vivere  di  turismo:  opere  d’arte,  territori donati che sembravano angoli di paradiso e una cultura millenaria. Le prime le tiene in cantina, i secondi li distrugge e rinnega le proprie origini. Dall’altra parte dello stesso mondo c’è chi ha saputo cogliere l’unica occasione che gli è passata negli anni.

Antonello Zappadu

7 Comments

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    Ciao Antonello, sei in Colombia, io a Bogotà. Se vieni qua su a 3000 metri possiamo vederci? Ho qualcosa da proporti. () Hai letto la notizia su la famiglia più longeva del mondo in Sardegna, conferma quello che tu hai scritto, bravo, come sempre. Molto bello complimenti

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