In data 18
giugno 1997 alle ore 08.40 circa in Manerbio alla via
Brescia n. 66, Soldi Ornella, collaboratrice domestica della
famiglia Soffiantini, rinveniva, ammanettata e riversa sul
pavimento della cantina, Mosconi Adele in Soffiantini.
Quest'ultima dichiarava ai militari della Compagnia
carabinieri di Verolanuova che alle ore 22.30 circa del
giorno precedente, mentre si trovava all'interno della
propria abitazione unitamente al coniuge Soffiantini
Giuseppe, venivano sorpresi da tre individui con il volto
travisato da un passamontagna ed armati di pistola. Detti
banditi, dopo avere richiesto con insistenza la consegna di
denaro e valori, ed avere trascorso alcuni minuti a girare
per l'abitazione, immobilizzavano con manette e fil di ferro
la Mosconi e la rinchiudevano in un locale dell'abitazione
adibito a cantina prelevando e portando con sé il
Soffiantini Giuseppe. Dalle prime indagini effettuate nei
giorni 18 e 19 giugno si poteva accertare quanto segue:
che nell'abitazione dei coniugi Soffiantini non era stato
prelevato alcunché di valore nonostante la stessa
fosse stata perquisita dai malviventi la notte del fatto e,
soprattutto, nonostante i banditi avessero chiesto ed
ottenuto l'apertura di un caveau segreto ubicato nel
seminterrato della villa ove erano custoditi preziosi per
alcune centinaia di milioni; che il Soffiantini Giuseppe e
la di lui famiglia erano effettivamente assai
facoltose.
In data 7 luglio 1997 veniva
intercettata e sequestrata la prima lettera spedita dai
sequestratori avente quale destinatario il reverendo Don
Gennaro Franceschetti, già parroco di Manerbio. La
lettera in questione conteneva le prime richieste, per il
rilascio del sequestrato, nella somma di lire 20 miliardi.
Con la suddetta lettera si avviavano i primi contatti,
unilaterali, con i sequestratori. Detto strumento cartolare
si rivelava una costante nel mezzo di comunicazione
utilizzato dai sequestratori per contattare la famiglia nel
prosieguo delle fasi del sequestro. La prova dell'esistenza
in vita del sequestrato veniva solitamente fornita mediante
l'inserimento, nel plico, di un ritaglio di un quotidiano
recante la data di stampa dello stesso e la sottoscrizione
del Soffiantini Giuseppe. Altri sistemi utilizzati per
fornire la prova in vita dell'ostaggio consistevano in
fotografie polaroid ritraenti lo stesso che reggeva un
quotidiano, o, addirittura, audiocassette con incisi
messaggi del sequestrato.
In data 9 luglio 1997 e 12
luglio 1997, il P.M. di Brescia escuteva per sommarie
informazioni i dottori Zucchi Alberto e Moretti Giancarlo,
rispettivamente medico curante del sequestrato e cardiologo
specialista di fiducia della famiglia Soffiantini. Entrambi
confermavano la precarietà delle condizioni di salute
del Soffiantini Giuseppe il quale, qualche tempo prima, era
stato sottoposto ad una delicata operazione chirurgica per
la sostituzione della valvola mitralica. A seguito della
ricezione della prima missiva la DDA di Brescia decideva di
avviare le trattative con i sequestratori delegando, tra
l'altro, la polizia giudiziaria del Nucleo interforze
affinché procedesse a rispondere ai sequestratori
tramite la pubblicazione dell'annuncio richiesto sulla
testata giornalistica de "Il Corriere della Sera".
In data 23 luglio 1997
veniva intercettata e sequestrata una lettera indirizzata
alla famiglia De Falco Guido; lettera che era stata
recapitata, a mano, da quest'ultimo nelle mani dei familiari
del sequestrato. La lettera in questione recava impresso,
come timbro di partenza, quello dell'ufficio postale di
Padova dal quale risultava spedita il 21 luglio 1997, e come
timbro di arrivo quello dell'ufficio postale di Leno con
data 23 luglio 1997. La missiva in questione conteneva:
un biglietto manoscritto dal Soffiantini Giuseppe
indirizzato al De Falco; una lettera sempre manoscritta dal
Soffiantini con cui i sequestratori, che mostravano di avere
appreso dell'annuncio pubblicato sul "Corriere della Sera",
precisavano ulteriormente le condizioni del pagamento del
riscatto dimezzando, di fatto, la cifra richiesta per
ottenere la liberazione dell'ostaggio.
In data 11 settembre 1997
veniva intercettato e sequestrato un plico depositato a mano
da sequestratori all'interno del cortile della Azienda "Mari
S.r.l." di Sermoneta Massimo. Detto plico conteneva tra
l'altro:
una audiocassetta recante inciso un accorato appello ai
familiari da parte del sequestrato e tre
fotografie polaroid a colori ritraenti il sequestrato con il
quotidiano "la Gazzetta dello Sport".
In considerazione del contenuto delle fotografie polaroid,
raffiguranti il Soffiantini nudo con grossa macchia di
colore violaceo sull'anca destra, e della voce sofferente
dello stesso registrata sul nastro di cui si è detto,
il P.M. di Brescia disponeva un immediato consulto medico
finalizzato ad accertare, per quanto possibile, le
condizioni di salute del sequestrato. I consulenti nominati
davano un immediato parere con il quale affermavano che il
Soffiantini appariva essere "prostrato" e debilitato con
evidente ipotrofia e ipotonia muscolare e confermavano la
presenza dell'ematoma in regione glutea destra" precisando
che lo stesso doveva essere logicamente ricondotto non solo
ad un eccesso di terapia anticoagulante, ma anche ad un
evento traumatico non meglio specificabile.
Il P.M. di Brescia in data
12 settembre 1997 informava i tre figli del sequestrato del
contenuto della terza missiva, e del parere espresso dai
sanitari sulle condizioni di salute del genitore e della
opportunità di effettuare un comunicato stampa di
appello ai rapitori attraverso il quale indicare la terapia
farmacologica necessaria a ristabilire in salute il
Soffiantini. Lo stesso giorno Soffiantini Carlo, Giordano e
Paolo convocavano in serata una conferenza stampa e si
appellavano ai rapitori leggendo il testo di un lungo
comunicato stampa.
In data 16 settembre 1997
veniva intercettata e sequestrata una lettera indirizzata a
tale Rattazzo Vittorio recante come mittente "Giuseppe
Soffiantini". All'interno della lettera venivano rinvenuti i
seguenti documenti:
foglio manoscritto con il quale il sequestrato pregava il
Rattazzo di recapitare la missiva ai familiari senza
avvertire le forze dell'ordine; lettera accorata manoscritta
dal Soffiantini indirizzata ai familiari; fotografia
polaroid raffigurante Soffiantini Giuseppe (apparente mente
in buona salute) che tiene un quotidiano datato 14 settembre
1997 costituente prova in vita del sequestrato; foglio
dattiloscritto contenente le indicazioni dei sequestratori
per il pagamento del riscatto indicanti un percorso da
seguire da parte degli emissari della famiglia. In
particolare i sequestratori richiedevano ai familiari di
approntare un fuoristrada munito di particolari dispositivi
di segnalazione e di percorrere la strada statale collegante
i comuni di Savona e Mortara a partire dalle ore 20.00 del
25 settembre 1997 in attesa dell'accensione di un segnale
che avrebbe dovuto apparire sul ciglio della strada.
In data 23 settembre 1997 la
DDA di Brescia impartiva alla polizia giudiziaria del Nudeo
interforze alcune direttive di massima in ordine
all'intervento di polizia giudiziaria da effettuarsi lungo
il primo percorso di cui si è detto finalizzato alla
cattura di almeno uno dei sequestratori ed alla liberazione
dell'ostaggio. L'operazione di polizia giudiziaria,
nonostante l'accensione del segnale da parte dei
sequestratori, non permetteva di stabilire il contatto con
gli stessi e non consentiva di raccogliere alcuno spunto
investigativo utile alle indagini.
In data 27 settembre 1997
circa giungevano all'utenza fissa intercettata in uso alla
famiglia Sermoneta, di cui si è già detto, due
telefonate dei sequestratori entrambe in partenza da cabine
pubbliche ubicate a Bologna. Nella seconda, in particolare,
il chiamante diceva di riferire ai Soffiantini di smettere
di fare il "giro" poiché sarebbe arrivato un nuovo
messaggio.
Puntualmente in data 30
settembre 1997 veniva intercettata e sequestrata una lettera
giunta, per posta, a tale De Vito Angelo, amico di famiglia
dei Soffiantini, contenente:
biglietto manoscritto dal Soffiantini indirizzato al De Vito
con il quale veniva richiesto di recapitare la lettera ai
familiari del sequestrato; lettera manoscritta dal
sequestrato rivolta ai familiari; ritaglio del quotidiano
"il Giornale" pubblicato il 28 settembre 1997 recante, come
prova in vita, la sottoscrizione del sequestrato; lettera
manoscritta dal sequestrato contenente le indicazioni per il
pagamento del riscatto ed in particolare la descrizione di
un secondo percorso stradale snodantesi sulla statale
congiungente i comuni di Sulmona (L'Aquila) e Vicovaro
(Roma). La data di partenza per il compimento del percorso
da parte degli emissari veniva fissata dai sequestratori per
il giorno 6 ottobre 1997 ore 19.30.
In data 1 ottobre 1997 il
P.M. di Brescia delegava al Nucleo interforze il compimento
di una serie di accertamenti conoscitivi sui luoghi e sul
percorso appena indicati. In particolare con i punti 3 e 5
della delega veniva sottolineata l'importanza della
vicinanza al secondo percorso del la autostrada A24 e A25 e
veniva disposto di individuare e comunicare i numeri di
tutti posti telefonici pubblici dislocati lungo il percorso.
Con nota n. 2050/204/B97/llCriminalpol datata 3 ottobre 1997
venivano comunicati i numeri di utenza relativi alle cabine
telefoniche ubicate nelle aree di sosta della A25 ed A24 con
riferimento al tratto parallelo al secondo percorso indicato
dai sequestratori. Gran parte delle suddette utenze venivano
attenzionate con intercettazioni telefoniche debitamente
autorizzate dal GIP di Brescia; altre utenze venivano invece
disattivate sempre in forza di apposito decreto. In data 4
ottobre 1997 la DDA di Brescia impartiva alla polizia
giudiziaria del Nucleo interforze alcune direttive di
massima in ordine all'intervento di polizia giudiziaria da
effettuarsi lungo il secondo percorso di cui si è
detto. Intervento finalizzato, attraverso la simulazione del
pagamento del riscatto, alla cattura di almeno uno dei
sequestratori ed alla liberazione dell'ostaggio. Nella
strategia investigativa veniva altresi prevista la
possibilità - nel caso in cui fosse stato possibile
qualsiasi contatto fisico con i banditi - di recapitare ai
sequestratori un contro-messaggio con il quale i familiari
del sequestrato, pur ribadendo l'intenzione di pagare il
riscatto, richiedevano la liberazione dell'ostaggio
contestualmente al pagamento ed una nuova prova in vita del
loro genitore.
Con la nota n. 186/7-96 del 9 ottobre 1997 redatta dalla
Questura di Brescia (Squadra Antisequestro) la polizia
giudiziaria riferiva alla A.G. di Brescia in ordine
all'esito dell'operazione avvenuta tra la notte del 6 e 7
c.m.. In particolare veniva riferito che alle ore 23.20
circa gli "emissari", avendo avvistato il segnale di fermata
acceso dai sequestratori lungo il percorso in
località Riofreddo, decidevano - dopo aver letto le
istruzione dei banditi e ritenendo impraticabile il contatto
diretto con i sequestratori - di lasciare il
contro-messaggio senza tentare alcun intervento. Va detto,
comunque, che nell'occasione tra gli "emissari" ed i banditi
aveva luogo un breve colloquio a distanza che veniva
registrato dalle apparecchiature di comunicazione installate
per l'occasione sui veicoli e sul personale di polizia
giudiziaria impegnato nell'operazione. Va detto che alle ore
04,44 del 7 ottobre 1997, dalla cabina pubblica sita
nell'area di servizio "Montevelino Sud" ubicata sulla
autostrada A25, veniva intercettata in partenza una
telefonata che risultava di estremo rilievo per le indagini
in corso, e ciò per i seguenti motivi:
a) la trascrizione delle registrazioni
di quanto accaduto a bordo della vettura condotta dagli
ufficiali di polizia giudiziaria (UPG) che fungevano da
"emissari della famiglia Soffiantini" attestava che alle ore
23.15 circa del 6 ottobre, in loealità compresa tra i
comuni di Arsoli e di Carsoli, si trovavano effettivamente
alcuni dei sequestratori di Soffiantini Giuseppe appostati
sul ciglio della strada statale per controllare le fasi
della consegna del "riscatto". In proposito si è
già detto del contatto uditivo tramite lo scambio di
alcune battute tra l'UPG sceso dal veicolo per prelevare le
istruzioni in prossimità del "segnale di stop" ed
alcune persone ivi presenti, ma nascoste, sicuramente e
direttamente implicate nella commissione del reato;
b) l'area di servizio Montevelino Sud
da cui era partita la citata telefonata risultava essere
l'area di servizio più vicina al luogo scelto dai
sequestratori per le operazioni di concreto rilascio del
denaro come può agevolmente rilevarsi dalla cartina
autostradale;
c) la conversazione intercorreva tra
due persone di voce maschile (uno sicuramente sardo) in
piena notte a poche ore di distanza dal momento prescelto
dai sequestratori per le indicate operazioni;
d) il contenuto della conversazione
evidenziava chiaramente il tentativo di comunicare in modo
criptico. Peraltro emergeva, in modo altrettanto chiaro che
un interlocutore cercava di far capire all'altro dove si
trovava in quel momento in modo da poter essere raggiunto.
Altrettanto chiaramente emergeva che il luogo, che alla fine
veniva indieato per l'incontro, era una località dove
gli interlocutori erano stati qualche tempo prima ed ubicata
vicino al S.O.S., a circa 5 o 600 metri dal luogo indicato
con messaggio criptico di cui si è detto.
La conversazione telefonica
delle ore 04,44 del 7 ottobre 1997 era pertanto
difficilmente inquadrabile in un contesto di una qualche
normalità se si consideravano le modalità, il
contenuto, le circostanze di tempo e di luogo indicate, il
fatto che il soggetto che si trovava nell'area di servizio -
e quindi lungo l'autostrada - dovesse addirittura passare a
prendere l'altro e farlo salire sulla sua autovettura
fermandosi a ridosso del S.O.S. e quindi lungo il percorso
autostradale. Detti elementi rendevano altamente fondato il
sospetto che l'individuo che aveva effettuato la telefonata
dalla indicata area di servizio avesse il compito di
"raccogliere" uno o più componenti del nucleo di
persone che, nella notte in questione, avevano rivestito un
qualche ruolo nelle fasi di apprensione del riscatto che
avrebbe dovuto essere pagato dagli "emissari". A seguito di
accertamenti emergeva che l'utenza telefonica cellulare
dell'interlocutore, chiamato nel corso della citata
telefonata intercettata, risultava intestata a tale Guerra
Giampaolo, nato a Lunano (PS) il 12 ottobre 1949, residente
a Rimini SS Consolare n. 132, soggetto immune da precedenti
penali, già titolare di impresa artigiana operante
nel settore radioelettrico dichiarata fallita. Il dato di
rilievo era costituito dal fatto che nel corso e nell'ambito
di parallele investigazioni - che nascevano a seguito del
rinvenimento in data 24 luglio 1997 in zona compresa tra il
Lazio e la Toscana di una Fiat Croma bruciata provento di
furto denunciato in Perugia in data 10 giugno 1997 e
pertanto poco tempo prima della commissione del reato per
cui si procede - venivano sottoposti ad una qualche
attenzione investigativa, anche a causa di dichiarazioni
rese da fonte confidenziale, alcuni soggetti tra cui il Moro
Mario, sopra generalizzato più volte indagato per
sequestro di persona a scopo di estorsione.
La fonte confidenziale riferiva che l'autovettura in
questione sarebbe stata rubata dal pregiudicato Clerici
Marcello per conto di taluni pregiudicati di origine sarda,
i quali avrebbero dovuto realizzare una azione delittuosa in
un località del Nord Italia distante circe 500
chilometri da Perugia. Sempre secondo la fonte due dei sardi
rispondevano al nome di Mastio Agostino sopra generalizzato,
e appunto Moro Mario. Sempre secondo la fonte gli altri due
sardi avrebbero potuto identificarsi per i rapinatori
cesenati Broccoli Osvaldo e Sergio Giorgio sopra
generalizzati. In tale contesto, in data 3 ottobre 1997, la
polizia giudiziaria procedeva ad una perquisizione nei
confronti di Moro Mario presso il suo domicilio di via
Falcettini n. 6 a Poggio Berni (FO). A seguito della
perquisizione si poteva rilevare che il Moro era nel
possesso di un apparato cellulare con scheda prepagata
avente numero 0338-9261562 intestata a Guerra Giampaolo, e
quindi al medesimo soggetto sopra indicato cui è
intestata l'utenza cellulare di cui alla telefonata
trascritta. La scheda telefonica corrispondente al numero
0338-9603633 chiamato alle ore 04.44 del 7 ottobre 1997
dalla cabina di Monte Velino Sud era stata acquistata in
data 4 ottobre 1997 presso il negozio "Audio Club" di Brighi
Carmine sito in via Cesenatico n. 81 in Forlì, e
quindi appena il giorno successivo alla effettuazione della
perquisizione a casa del Moro che portava al rinvenimento
del cellulare e della scheda prepagata a lui in uso. Dalle
predette circostanze emergeva un punto di raccordo tra
l'interlocutore della telefonata trascritta ed il citato
Moro Mario, e cioè l'uso di schede prepagate
intestate al suddetto Guerra Giampaolo.
Va detto inoltre che altra utenza cellulare intestata al
Guerra era stata trovata memorizzata sull'apparecchio
cellulare trovato in possesso del Moro nel corso della
perquisizione domiciliare di cui si è detto.
Sull'apparecchio cellulare da ultimo citato in uso al Moro
veniva rilevata, come si è appena accennato, la
memorizzazione degli ultimi dieci numeri composti da chi
l'aveva in uso, e quindi dal Moro, e si poteva contattare la
presenza, oltre alla utenza del Guerra da ultimo indicata,
di varie altre utenze tra cui quella cellulare n.
0347-2706380 intestata a tale Rolandini Rita nata a Novi
Ligure il 22 luglio 1959, residente a Serravalle Scrivia
(AL) - da notare che tale località era stata
interessata in occasione del primo percorso imposto dai
sequestratori alla famiglia Soffiantini - nonché
altre utenze cellulari intestate a tale Gasperoni Andrea ed
a tale Lippi Silvana (convivente del Moro).
Con delega in data 8 ottobre
1997 il P.M. di Brescia disponeva, tra l'altro, il confronto
dei dati emersi dai tabulati telefonici relativi ad una
serie di utenze cellulari GSM, corrispondenti a schede TIM
prepagate intestate al Guerra Giampaolo, al fine di
verificare se i personaggi attenzionati si trovassero nei
luoghi e negli orari che venivano elencati per
comodità in una tabella.
Con nota in data 10 ottobre
1997 la polizia giudiziaria del Nucleo interforze comunicava
i primi esiti relativi ai raffronti dei tabulati. Dagli
stessi emergeva che in data 25 e 26 settembre l'utenza
cellulare intestata a Guerra Giampaolo aveva contattato
varie volte, dal Piemonte, l'utenza cellulare intestata a
tale Rolandini Rita ma di fatto in uso a tali Pisano Tommaso
e Pisano Raffaele entrambi di origine sarda legati al Moro
Mario. Di particolare rilievo era la circostanza riferita
nella nota del giorno 8 ottobre 1997 della Criminalpol
Piemonte Valle d'Aosta con la quale si comunicava che circa
due settimane prima erano stati notati a Serravalle Scrivia
due uomini dall'aspetto pastori. Alle ore 19,34 del 14
ottobre 1997, sull'utenza telefonica cellulare intestata a
Guerra Giampaolo, giungeva una telefonata proveniente da una
cabina telefonica pubblica sita nel Comune di Civitella
Paganico (GR). Da una analisi di molti sequestri di persona
avvenuti negli anni scorsi ad opera di elementi di origine
sarda, emergeva che, spesso, il ruolo di "carceriere" del
sequestrato, veniva svolto da persone latitanti. In questa
ottica la polizia giudiziaria evidenziava la figura di
Farina Giovanni, nato a Tempio Pausania (SS) il 22.09.1950,
residente in Prato, Via del Borgo, 38, pregiudicato per
associazione a delinquere, rapina, omicidio, sequestro di
persona, armi ed altro, resosi latitante dal 28.09.1996 e
cioè da quando, detenuto in regime di
semilibertà, non faceva rientro alla casa
circondariale di Siena.
Il predetto nel 1980 era stato colpito da ordine di cattura
perché coinvolto nel sequestro di persona in danno di
Del Tongo Francesco, nato ad Arezzo il 4 agosto 1971. Gli
inquirenti segnalavano anche come a Civitella Paganico (GR),
in data 2 dicembre 1997, avveniva anche il sequestro di
persona in pregiudizio di Ricca Esteranne. Inoltre, Farina
Giovanni, per un certo periodo, era stato domiciliato presso
l'abitazione di Masetti Daniela, nata a Campi Bisenzio il 31
agosto 1953, abitante in Calenzano (FI) in Via del Pino n.
36/7, figlia di Masetti Natalino, deceduto, già
coinvolto nel processo contro l'anonima sequestri sarda,
operante in Toscana negli anni settanta, sorella di Masetti
Roberto, ergastolano ed ex moglie di Sale Sebastiano cugino
del più noto Sale Mario, capo storico dell'anonima
sequestri.
Molto legato a Farina Giovanni, risultava essere il cugino
Mula Pietro, nato a Orune (NU) il 5 giugno 1938, residente a
Grosseto, lo calità Poggio La Mozza, podere
Montebottigli n. 18, di professione pastore. Il predetto
risultava abitare con la moglie Sanna Agostina in un podere
ai bordi di un folto e vasto bosco mediterraneo. Lo stesso,
già arrestato per favoreggiamento personale nei
confronti di Farina Giovanni, da tempo veniva tenuto in
considerazione come possibile punto di appoggio per
latitanti e malavitosi sardi legati all'ambiente dei
sequestri di persona. In data 14 ottobre 1997 veniva
intercettata e sequestrata la sesta lettera spedita dai
sequestratori che veniva recapitata, a mezzo posta, a
"Alloisio dottor Francesco".
Detta lettera conteneva i seguenti documenti:
un messaggio manoscritto del Soffiantini Giuseppe;
il messaggio recapitato dagli emissari ai sequestratori
recante sul retro un appunto del Soffiantini costituente
prova in vita dello stesso al giorno 7 ottobre 1997;
un foglio dattiloscritto contenente le istruzioni dei
sequestratori per il pagamento del riscatto e l'indicazione
del terzo percorso che avrebbe dovuto essere compiuto a
partire dalla sera del 17 ottobre successivo. Detta missiva
dattiloscritta conteneva una esplicita e chiara minaccia di
uccisione dell'ostaggio in caso di mancato pagamento della
somma di lire 10 miliardi richiesta;
un foglio a quadretti manosaitto dal sequestrato indirizzato
ai fi gli del sequestrato.
In data 15 ottobre 1997 la
DDA di Brescia impartiva alla polizia giudiziaria del Nucleo
interforze alcune direttive, in ordine all'intervento di
polizia giudiziaria da effettuarsi lungo il terzo percorso
di cui si è detto. Intervento finalizzato, attraverso
la simulazione del pagamento del riscatto, ad inscenare il
blocco degli emissari ed il sequestro del riscatto,
nonché, ove se ne fossero presentate le
possibilità, finalizzato alla cattura di almeno uno
dei sequestratori ed alla liberazione dell'ostaggio. Con il
predetto provvedimento veniva infine ribadita l'importanza
dell'approfondimento contestuale di tutti gli spunti
investigativi scaturiti di recente. Nella notte tra il 17 ed
il 18 c.m., la polizia giudiziaria delegata alle indagini,
su disposizione di questo Ufficio, si sostituiva agli
"emissari" per il compimento del percorso indicato dai
sequestratori nella sesta missiva in sequestro. L'operazione
di polizia giudiziaria si concludeva purtroppo tragicamente
con la morte dell'ispettore Donatoni Samuele che veniva
raggiunto da più colpi di Kalashnikov esplosi dai
sequestratori. Alle ore 00,15 del giomo 19 ottobre 1997
veniva bloccato, in località Valle del Salto nei
pressi della corrispondente uscita autostradale di
competenza della Polstrada di Avezzano, Mastio Agostino,
sopra generalizzato, alla guida della sua autovettura.
Nel corso delle operazioni di controllo a bordo della
predetta autovettura in uso al Mastio Agostino veniva
rinvenuto un bigliettino contenente l'indicazione di una
progressiva chilometrica e del numero di utenza cellulare
risultata essere intestata al succitato Guerra Giampaolo,
come del resto tutte le altre utenze in uso alle persone
già attenzionate. Nel corso del controllo il Mastio
Agostino riferiva che l'utenza in questione era di fatto in
uso a Moro Mario sopra generalizzato.
Particolare importanza rivestiva la conversazione
intercettata in partenza alle ore 10,04 del 18 ottobre 1997
da cui si evinceva con certezza che l'utenza cellulare
formalmente intestata al Guerra Giampaolo e già
sottoposta ad intercettazione era di fatto in uso al Moro
Mario. Infatti la conversazione in questione si svolgeva tra
questo ultimo e la compagna Lippi Silvana. Nel corso della
telefonata la donna informava il Moro Mario - dapprima
cercando di usare un linguaggio in codice - della
perquisizione subita e delle ricerche da parte della
Polizia. Pochi minuti dopo, precisamente alle ore 10,09 del
18 ottobre 1997, veniva intercettata una ulteriore
telefonata in arrivo sulla utenza cellulare in uso a Moro
Mario. Nella telefonata Lippi Silvana si accordava con il
compagno per precostituire un falso "alibi" che
giustificasse l'assenza del Moro dalla abitazione durante le
fasi della perquisizione notturna di cui si è
detto.
Alle ore 23,29 del 17 ottobre 1997 veniva intercettata una
conversazione telefonica di grande rilievo per le indagini
in cui il Moro Mario faceva un chiaro riferimento ai fatti
verificatisi in occasione del secondo percorso (notte tra il
6 ed il 7 c.m.) e li raffrontava con quelli drammatici
accaduti in occasione del terzo percorso (notte tra il 17 ed
il 18 c.m.).
A seguito del disposto controllo del Mastio Agostino (di cui
si è fatto cenno in precedenza), il P.M. di Brescia
disponeva, in via d'urgenza ed oralmente il ritardato fermo
di polizia giudiziaria del Mastio Agostino gravemente
indiziato di concorso nel delitto di sequestro di persona a
scopo di estorsione in danno dell'industriale Soffiantini
Giuseppe.
Il fermo veniva ratificato da questo Ufficio mediante
emissione di specifico provvedimento datata 19 ottobre
1997.
Nel corso della giornata del
19 ottobre 1997 il Mastio ribadiva la propria
disponibilità a collaborare con la polizia
giudiziaria per la cattura dei complici incaricati del
ritiro del riscatto sul percorso Sulmona-Vicovaro.
Nella successiva mattinata
del 20 ottobre 1997 il Mastio accompagnava la polizia
giudiziaria delegata alle indagini sui luoghi ove riteneva
potesse essere custodito l'ostaggio. Nel corso del
pomeriggio del 20 ottobre 1997 il Mastio Agostino,
già resosi disponibile a collaborare con la polizia
giudiziaria, contattava telefonicamente il Moro Mario. Nel
corso della telefonata il Mastio si dichiarava disponibile a
prelevare il Moro, il Broccoli ed il Sergio utilizzando la
di lui autovettura sopra indicata. L'appuntamento veniva
concordato per le ore 19,20. La polizia giudiziaria
organizzava quindi una operazione finalizzata, tramite la
collaborazione del Mastio, alla cattura dei tre indagati
Moro, Broccoli e Sergio. Alle ore 19,45, circa, in
prossimità della galleria Tagliacozzo in
località del Comune di Pietrasecca (AQ), il reparto
specilizzato dei NOCS della polizia di Stato intercettava e
bloccava la vettura condotta del Mastio che trasportava a
bordo il Moro, il Broccoli ed il Sergio.
Nella giornata del 21 dello
stesso mese la polizia giudiziaria della Questura di Brescia
procedeva al fermo di polizia giudiziaria del Raimondi
Pietro raggiunto, nel frattempo, da gravi indizi in ordine
al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione.
Nel frattempo continuava l'ininterrotta attività di
ricerca del sequestato nella zona del Grossetano ed in
particolare nella zona limitrofa al Comune di Civitella
Paganico, località che il Mastio aveva segnalato agli
inquirenti come probabile luogo di prigionia del rapito. In
particolare il dichiarante aveva riferito agli inquirenti
che l'ostaggio - successivamente al sequestro- era stato
preso in consegna da due latitanti uno dei quali veniva da
lui riconosciuto fotograficamente per il Farina Giovanni di
cui si è detto sopra.
A seguito di ulteriori indagini l'attenzione degli
investigatori si concentrava sulla famiglia Zizi di
Civitella Paganico originaria di Orune nel nuorese. In
particolare alle ore 01,30 del 25 ottobre 1997 il dottor
Luigi Savina, della Criminalpol, informava il Procuratore
della Repubblica di Brescia che poco prima personale di
polizia giudiziaria della polizia di Stato aveva proceduto a
bloccare tale Zizi Francesco, sopra generalizzato, in quanto
raggiunto da gravi indizi di colpevolezza in ordine al
concorso nel delitto di sequestro di persona a scopo di
estorsione in danno dell'industriale Soffiantini.
Appresa la notizia il Procuratore della Repubblica
disponeva, oralmente ed in via d'urgenza, ai sensi del comma
3 dell'articolo 7 del D.L. n. 8, del 15 gennaio 1991,
convertito con la legge n. 82, del 15 marzo 1991, il
ritardato fermo dello Zizi in quanto raggiunto da gravi
indizi di colpevolezza in ordine al concorso nel reato di
sequestro di persona a scopo di estorsione. Detto
provvedimento si rendeva necessario poiché lo Zizi,
in precedenza, aveva in più occasioni rappresentato
alla polizia giudiziaria di essere disponibile a collaborare
con gli investigatori per rintracciare i carcerieri
dell'ostaggio e/o per adoperarsi, comunque, per la
liberazione dello stesso.
In data 26 ottobre 1997 il
P.M. di Brescia avanzava richiesta di applicazione della
misura cautelare della custodia in carcere nei confronti
dell'indagato Farina Giovanni raggiunto, nel frattempo, da
gravi indizi di colpevolezza in ordine al concorso nel reato
di cui al capo a) che precede. Detta richiesta veniva
esitata positivamente dal GIP di Brescia che in pari data
emetteva il relativo provvedimento restrittivo. A seguito
delle ulteriori indagini espletate veniva confermato il
ruolo centrale di promotori ed organizzatori (unitamente al
Moro Mario) svolto dai latitanti Farina Giovanni e Cubeddu
Attilio. Costoro, in particolare, risultavano - e risultano
tuttora - essere gli attuali carcerieri del Soffiantini
Giuseppe. Anche nei confronti di Cubeddu Attilio (chiamato
in correità da Moro Mario) veniva chiesto ed emesso
prowedimento custodiale in carcere.
Nessuno delle predette
ordinanze cautelari in carcere emesse nei confronti di
Farina Giovanni e Cubeddu Attilio veniva eseguita dalla
polizia giudiziaria stante la protratta
irreperibilità degli stessi (peraltro già
resisi latitanti nell'ambito di altri procedimenti
penali).
In data 26 ottobre 1997 la
polizia giudiziaria, sulla scorta delle in dicazioni fornite
dagli indagati Mastio Agostino e Moro Mario, rinveniva il
luogo di probabile prigionia del sequestrato ed il rifugio
dei carcerieri Farina e Cubeddu. Detto rifugio- ubicato in
località impervia denominata Repitose in Comune di
Montalcino (SI) - appariva abbandonato da poco tempo dai
sequestratori.
Le ricerche proseguite nei giorni a seguire non permettevano
di individuare il nuovo rifugio dei due latitanti e,
conseguentemente, il luogo di prigionia dell'ostaggio. In
data 10 novembre 1997 veniva intercettata e sequestrata la
settima lettera spedita dai sequestratori che veniva
recapitata, a mezzo posta, a "Giordano Alghisi" persona
vicina al sequestrato. Detta lettera recava impresso, come
timbro di partenza, quello dell'ufficio postale di Prato. La
busta risultava spedita il giorno 4 novembre 1997 ed
arrivava in Manerbio il giorno del sequestro.
La suddetta lettera conteneva i seguenti documenti:
una lettera manoscritta dal
Soffiantini Giuseppe contenente una nuova richiesta di
riscatto fissata in 10 miliardi di lire in biglietti da
cento dollari e le istruzioni dei sequestratori per il
pagamento del riscatto e l'indicazione del quarto percorso
che avrebbe dovuto essere compiuto a partire dal giorno
successivo alla divulgazione di un annuncio su tutti i mass
media da effettuarsi da parte della famiglia Soffiantini.
L'annuncio richiesto dai sequestratori era il seguente:
"Vogliamo avere notizie come sta nostro padre, siamo
disposti anche a venderci la fabbrica".
In data 12 novembre 1997
l'Ufficio provvedeva a notiziare Soffiantini Carlo, Giordano
e Paolo dell'arrivo della predetta missiva e del con tenuto
sommario della stessa. In data 19 novembre 1997 veniva
sequestrata l'ottava lettera spedita dai sequestratori che
conteneva:
una busta bianca
già aperta intestata "Per Adele, Carlo, Giordano e
Paolo" contenente una missiva di due fogli redatta con
grafia riconducibile a Soffiantini Giuseppe nella quale i
sequestratori ribadivano le loro richieste aumentando la
somma pretesa a titolo di riscatto di un miliardo di lire e
richiedendo nuovamente la diffusione radiotelevisiva del
messaggio specificato nella settima missiva come condizione
per poter addivenire ad un abboccamento lungo un percorso
(quinto percorso) che pure indicavano precisando le
modalità di esecuzione dello stesso. Nella suddetta
lettera i sequestratori fissavano nel giorno 20 dicembre
1997 il termine ultimo entro il quale avrebbe dovuto
avvenire il pagamento del riscatto; un profilattico
contenente un frammento di sostanza organica rivelatosi (a
seguito di specifico accertamento) un lembo di orecchio
umano.
Lo stesso giorno del
sequestro - alle ore 19,45 - venivano convocati i familiari
del sequestrato nelle persone di: Soffiantini Carlo,
Giordano e Paolo, che venivano accompagnati - per loro
espressa richiesta dall'avvocato Giuseppe Frigo (già
nominato difensore di fiducia dei familiari del
sequestrato). Nell'occasione i suddetti, dopo essere stati
notiziati del contenuto della ottava missiva, dichiaravano
quanto segue:
"Siamo stati informati del
contenuto della ottava missiva proveniente dai sequestratori
- pervenuta in data odierna al geometra Boglioli Costanzo -
nella quale, tra l'altro, ci si dice essere stato rinvenuto
un frammento di un padiglione auricolare umano (frammento
attualmente sottoposto ad accertamenti tecnici),
nonché ulteriori istruzioni per il pagamento del
riscatto richiesto dai sequestratori nella misura di 11
miliardi di lire in dollari. In proposito dichiariamo di
avere ricevuto integrale lettura delle due missive,
rinvenute nella lettera oggi sequestrata, manoscritte da
nostro padre. Dopo esserci consultati fra di noi familiari e
con il nostro legale, avvocato Frigo, qui presente,
dichiariamo che la nostra intenzione è quella di
cercare di avviare una trattativa con i sequestratori
attraverso un nostro appello televisivo diffuso dai mass
media di tenore diverso rispetto a quello richiesto della
ottava missiva. Escludiamo la possibilità e la
fattibilità di effettuare un messaggio del tenore
letterale (disponibilità a vendere la fabbrica)
richiesto nella ottava missiva e ciò per le evidenti
implicazioni. Dichiariamo invece che è nostra
intenzione fare subito un appello televisivo per far capire
ai sequestratori alcuni punti:
che ci sono
stati sequestrati i beni;
che il problema della salute di nostro padre è un
problema anche per i sequestratori;
che occorre addivenire ad una riduzione sensibile
dell'ammontare del riscatto;
che occorre avviare, in sostanza, una trattativa al fine
di uscire da questo schema unilaterale in cui chi parla e
decide sono solo i sequestratori.
Ci viene richiesto di
riferire se la nostra intenzione è quella di
aprire una trattativa vera con i sequestratori o se
invece la nostra intenzione è quella di cercare di
prendere tempo per favorire lo sviluppo delle indagini
delle forze dell'ordine. In proposito dichiariamo che ad
oggi il punto di vista della famiglia Soffiantini non
è cambiato da quello inizia le che è quello
di non sottostare alle richieste dei sequestratori. La
nostra decisione di avviare una trattativa con i
sequestratori è pertanto finalizzata al tentativo
di addivenire ad una forma di pagamento "controllato" del
riscatto nelle forme previste dalla normativa vigente ed
attraverso lo specifico provvedimento autorizzativo della
Autorità giudiziaria. Pagamento "controllato"
attraverso il quale ci auguriamo di potere pervenire alla
cattura dei sequestratori ed alla liberazione di nostro
padre. In proposito riteniamo preferibile che l'appello
televisivo e radiofonico diretto ai sequestratori sia
effettuato da persona diversa dalla famiglia".
A partire da tale data di
susseguivano una serie di comunicati ed annunci
televisivi e radiofonici effettuati dall'avvocato Frigo
Giuseppe per conto della famiglia Soffiantini.
In data 17 gennaio 1998
veniva sequestrata una ulteriore missiva spedita dai
sequestratori al Vescovo Don Gennaro Franceschetti,
già parroco di Manerbio. Detta lettera conteneva
un messaggio manoscritto dal Soffiantini Giuseppe con il
quale i sequestratori reiteravano la richiesta del
pagamento della somma di 10 miliardi di lire a titolo di
riscatto e richiedevano ai figli del sequestrato di
effettuare un annuncio radiotelevisivo contenente una
frase specifica a conferma della loro volontà di
addivenire al pagamento del riscatto. Lo stesso 17
gennaio 1998 i figli del sequestrato venivano portati a
conoscenza dall'Ufficio del contenuto di tale
messaggio.
In data 19 gennaio 1998
gli anzidetti familiari manifestavano formalmente
l'intenzione di addivenire al "pagamento controllato" del
riscatto nel rispetto delle forme e delle modalità
disciplinate dall'articolo 7 comma 1 della legge n. 82,
15 marzo 1991. Questo Ufficio - con provvedimento datato
21 gennaio 1998 - di sponeva farsi luogo ad alcune
attività prodromiche all'inoltro della richiesta
di autorizzazione di cui al citato articolo 7 della legge
82/91. In esecuzione del suddetto provvedimento
programmatico, l'Ufficio procedeva a dare corso agli
adempimenti di cui ai precedenti punti ed in
particolare:
in data 21 gennaio 1998 venivano sentiti Soffiantini
Carlo, Giordano e Paolo i quali ribadivano la loro
determinazione di addivenire al "pagamento controllato"
del riscatto a norma della citata disposizione di legge,
precisando che la provvista in denaro necessaria sarebbe
stata convogliata sul conto corrente numero 2311 acceso
presso la Banca omissis;
sempre in data 21 gennaio 1998 veniva acquisita agli atti
la dichiarazione di disponibilità di Ziletti
Mario, suocero di Soffiantini Giordano, ad accreditare
sul predetto conto corrente la somma pari a lire 1
miliardo già sottoposta a sequestro da parte di
questo Ufficio;
in data 22, 23 e 26
gennaio 1998 venivano escussi a verbale vari funzionari
di banca i quali illustravano le problematiche legate al
tempestivo reperimento sul mercato di valuta in dollari
USA in cui convertire l'importo di alcuni (da 5 a 10)
miliardi di lire;
in data 27 gennaio 1998
aveva luogo, a seguito di convocazione da parte di questa
DDA, una apposita riunione dello speciale Nucleo in
terforze ex articolo 8 legge 82/91 nel corso della quale
venivano (in ottemperanza al punto 4 del prowedimento del
P.M. datato 21 gennaio 1998 sopra richiamato)
sinteticamente illustrate - da parte del Servizio
Centrale di polizia scientifica, del Gabinetto Regionale
di Polizia Scientifica di Milano e degli esperti del ROS
dei Carabinieri di Bologna - le possibilità
tecnologiche ed i sistemi attuabili per il migliore
controllo delle fasi del materiale pagamento controllato
(nonché delle fasi successive allo stesso) secondo
le finalità già descritte con richiesta di
relazioni scritte pervenute il 28 e il 29 gennaio
1998.
Alle ore 22,40, del 24
gennaio 1998 la Criminalpol Lazio sequestrava una busta
recante sul retro la scritta "Urgente Soffiantini
Giuseppe", ed indirizzata al giomalista Enrico Mentana
(erroneamente indicato come Direttore di Canale 5
anziché di TG5), il quale, poco prima, aveva
segnalato all'anzidetto ufficio di Polizia di averla
ricevuta, presso la sede romana del TG5, tra la posta a
lui diretta.
Tale busta - pervenuta all'Ufficio nella mattinata di
domenica 25 gennaio 1998 - risultava contenere una
lettera, composta da tre fogli manoscritti, datata 8
gennaio 1998 a firma Giuseppe Soffiantini nonché
un involucro di plastica tra sparente contenente
materiale organico riconosciuto in sede di consulenza
medico legale quale lembo di un orecchio umano.
La stessa domenica 25 gennaio 1998 veniva tempestivamente
convocata una riunione dello speciale Nucleo interforze
ex articolo 8 L. 82/1991 alla quale partecipavano anche i
signori Soffiantini Carlo, Giordano e Paolo, i quali
venivano notiziati del contenuto della missiva in
sequestro del rinvenimento del lembo di orecchio e
dichiaravano quanto segue:
"Siamo
stati informati del contenuto della missiva proveniente
dai sequestratori indirizzata al Direttore del TG5 Enrico
Mentana sequestrata dalla polizia giudiziaria nella
serata di ieri e pervenuta questa mattina nella
disponibilità di questa Autorità
giudiziaria, missiva nella quale, tra l'altro, ci si dice
essere stato rinvenuto un frammento di un padiglione
auricolare umano (frammento attualmente sottoposto ad
accertamenti tecnici). In proposito dichiariamo di aver
ricevuto integrale lettura e visione della copia della
missiva sequestrata manoscritta da nostro padre. Siamo
dell'idea che sia utile per le indagini e per la
liberazione di nostro padre divulgare il più
presto possibile tramite il dottor Mentana le seguenti
notizie circa la suddetta lettera:
arrivo
della lettera a firma di nostro padre e data di apertura
del la stessa;
recapito del frammento dell'orecchio;
conferma del precedente invio alla famiglia di un
lembo
dell'orecchio e giustificazione della
smentita fatta alla televisione dall'avvocato Frigo (circa
la precedente amputazione dell'orecchio) da parte della
famiglia eventualmente contattata
telefonicamente".
Il giorno 27 gennaio 1998
Soffiantini Carlo, Giordano e Paolo, all'uopo convocati,
alla presenza dei responsabili del Nucleo speciale in
terforze, dichiaravano a verbale di aver raggiunto un
accordo con il Direttore Generale della Banca circa
l'acquisizione della provvista di 4 milioni di dollari
USA, necessari alla eventuale attuazione del pagamento
'controllato' del prezzo del riscatto.... In data 29
gennaio 1998 Ziletti Mario, suocero di Giordano
Soffiantini, chiedeva, al fine di eseguire l'eventuale
pagamento controllato del riscatto, il dissequestro e il
contestuale versamento sul conto corrente di una Banca
intestato a Carlo, Giordano e Paolo Soffiantini,
vincolato dall'ordinanza di sequestro del 19 giugno 1997
di blocco dei beni emessa dal GIP del locale Tribunale,
della somma di lire un miliardo contenuta nella cassetta
di sicurezza custodita presso la Banca e sequestrata da
questa Procura.
In pari data, sempre al
fine di dare corso all'eventuale procedura del "pagamento
controllato" del riscatto, Soffiantini Carlo, Giordano e
Paolo chiedevano l'autorizzazione all'acquisto - con le
somme depositate sul sopraindicato conto corrente
intestato ai medesimi presso la Banca, vincolato, come
sopra dall'ordinanza di sequestro del 19 giugno 1997 di
blocco dei beni emessa dal GIP del locale Tribunale - dei
4 milioni di dollari USA di cui all'accordo sopra
menzionato raggiunto con il direttore generale della
banca.
Lo stesso giorno il GIP del locale Tribunale, su
richiesta di questa Procura, disponeva il dissequestro
della somma di lire un miliardo di cui alla predetta
istanza di Ziletti Mario ed il suo contestuale versamento
sul conto corrente della banca.
In pari data il GIP, sempre su richiesta di questa
Procura, autorizzava l'operazione di acquisto della
valuta estera statunitense sopra indicata in ragione di 4
milioni di dollari con contestuale sottoposizione a
vincolo cautelare della stessa presso la banca.
In data 30 gennaio 1998
questa Procura emetteva decreto con il quale ordinava
l'esecuzione dei sopra menzionati provvedimenti emessi
dal GIP del locale Tribunale disponendo in particolare
che i 4 milioni di dollari USA, acquistati con le
modalità sopra indicate, dovevano essere
depositati all'interno delle cassette di sicurezza
intestate a Soffiantini Giordano e Paolo.
In data 1° febbraio
1998 i signori Soffiantini Carlo, Giordano e Paolo
consegnavano spontaneamente a questo Ufficio una missiva
datata 20 gennaio 1998 sottoscritta "Giuseppe"
proveniente dai sequestratori nella quale erano indicate
le modalità per il pagamento del riscatto, ed in
particolare il percorso da eseguirsi, ai fini di tale
pagamento, a cura di emissari della famiglia a partire
dalle ore 20,00 del 2 febbraio 1998.
Alle successive ore 15,00 dello stesso giorno aveva
corso, negli Uffici di questa Procura, una riunione dello
Speciale Nucleo Interforze presenti anche Sofflantini
Carlo, Giordano e Paolo. Nella anzidetta riunione
Soffiantini Carlo, Giordano e Paolo chiedevano che
venisse dato corso alla già programmata procedura
di "pagamento controllato" del riscatto ex articolo 7 L.
82/91.
In data 3 febbraio 1998
in località Vaiano (PO) aveva luogo il "pagamento
controllato" del riscatto. Nell'occasione gli "emissari"
consegnavano ai sequestratori la somma di 5 miliardi di
lire in banconote da 100 dollari USA i cui numeri seriali
erano stati già annotati.
Nella serata del 9
febbraio 1998 i sequestratori liberavano Soffiantini
Giuseppe che veniva ritrovato in località
Impruneta (FI).