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relazione sui sequestri di persona a scopo di estorsione
(Relatore: senatore Pardini)
PARTE QUARTA

 

il caso Sgarella

Il documento da cui sono tratte le pagine che seguno è in Tribunale di Milano (GIP G. Salvini),
Ordinanza per l'applicazione del misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Anghelone Giuseppe + 6, 1998.

Tra le ore 19,00 e le ore 19,30 del giorno 11 dicembre 1997 Alessandra Sgarella, nata Premosello Chiovenda (NO) il 4 giugno 1958, veniva sequestrata allorché aveva appena fatto rientro presso la propria abitazione in Milano, in Via Caprilli n. 17.
In virtù degli accertamenti svolti si poteva appurare che la Sgarella quella sera era rientrata dagli uffici della Italsempione Spa, in Comaredo (dove si era intrattenuta sino alle ore 18,00-18,30 circa) e fu bloccata dai rapitori allorché aveva appena parcheggiato la propria autovettura all'interno del cortile della propria abitazione in Via Caprilli. Sul luogo dell'aggressione fu rinvenuto un paio di occhiali da vista, un quotidiano ed una rivista appartenenti alla stessa Sgarella.

Nella immediatezza del fatto ne apparve subito proponibile la matrice quale sequestro a scopo di estorsione anche in considerazione della circostanza che la "Italsempione Spa-Spedizioni Intemazionali" con sede in Vittuone, società fondata e appartenente in toto alla famiglia della Sgarella, risultò essere ditta florida con cospicuo fatturato (400 miliardi circa l'anno) ed in fase di continuo sviluppo.
Con provvedimenti emessi in via di urgenza (e con successivi analoghi atti a carattere integrativo) furono sottoposte ad intercettazione, con il sistema del cosiddetto 'blocco di linea', le utenze telefoniche intestate ai familiari e agli amici della Sgarella nonché ai più stretti collaboratori della Italsempione Spa (e cioè coloro che, anche sulla base delle indicazioni dei familiari della Sgarella, furono ritenuti i possibili destinatari di comunicazioni da parte dei sequestratori).

In data 18 dicembre 1997 fu anche adottato il provvedimento di blocco della corrispondenza in riferimento delle persone di cui in precedenza.

In data 15 gennaio 1998, dopo estenuante attesa i familiari della Sgarella, tramite l'Agenzia ANSA, sollecitarono notizie in ordine alla sorte della propria congiunta.

In data 21 gennaio 1998, sulla utenza di Rossi Ruggero, dipendente della Italsempione, verso le ore 21,00 un anonimo con la voce palesemente contraffatta, riferì che per la liberazione della Sgarella sarebbe stato necessario consegnare la somma di lire 50 miliardi. Per garantire la "autenticità" del messaggio l'interlocutore menzionò, con frasi non perfettamente comprese dal Rossi, una "data sbagliata di matrimonio". Il messaggio fu riconosciuto attendibile considerato che il Vavassori Pietro, marito della Sgarella, riferì agli inquirenti che all'interno delle fedi nuziali sua e della moglie era stata a suo tempo erroneamente stampigliata una data di nozze diversa da quella effetiva (31 maggio 1982 anziché 30 maggio 1982). Essendo avvenuta la telefonata su utenza non intercettata non risultò possibile individuare il luogo di provenienza della comunicazione in questione.

In data 28 gennaio 1998, a seguito di inopinata fuga di notizie in ordine alla richiesta di riscatto di cui sopra, i familiari della Sgarella, sempre tramite l'ANSA, formularono la richiesta del cosiddetto "silenzio stampa".

In data 11 febbraio 1998, perdurando il silenzio da parte dei sequestratori (anche in considerazione della laconicità della comunicazione del 21 gennaio 1998), tramite l'ANSA i familiari della Sgarella sollecitarono contatti da parte dei rapitori.

In data 18 febbraio 1998, in attuazione del provvedimento di "blocco" della corrispondenza, venne sequestrata una lettera indirizzata a Bonà Ermanno, amico della famiglia Sgarella-Vavassori, riconosciuta dai familiari come scritta di pugno da parte della Sgarella.La missiva risultò redatta in data 6 febbraio 1998 ed alla stessa fu allegato un ritaglio del quotidiano "Il Corriere della Sera" dello stesso giorno con impresse più firme "Alessandra" riconosciute dai familiari come proprie della Sgarella.Il contenuto delle lettere, per la gran parte chiaramente dettato dai sequestratori, può così sintetizzarsi:

i sequestratori indicarono come termine in codice per il loro riconoscimento la parola chiave "Domodossola"; le forze di polizia non avrebbero dovuto essere informate individuandosi esplicitamente nel Bonà l'unico possibile canale di comunicazione; i familiari della Sgarella avrebbero, quindi, dovuto comunicare la cifra raccolta in base alla richiesta pervenuta (50 miliardi di lire) tramite una inserzione sul "Corriere della Sera" negli spazi pubblicitari destinati alle "Abitazioni - Località turistiche e climatiche" del seguente tenore:

"Toscana - Siena - vendesi cascina con terreno di mq... con ... stalle per sette cavalli. Tcl. 0574/557766".
Così come richiesto dai sequestratori,

in data 22 febbraio 1998 fu pubblicata la seguente inserzione:
"Toscana - Siena - Vendesi cascina con terreno trattabile e con stalle per sette cavalli. Disponibilità a valutare proposte adeguate previ contatti al n. Tcl. 0574/557766".
Per ragioni di sicurezza il messaggio fu ripetuto sul "Corriere della Sera" del 2, del 3 e del 4 marzo 1998.

In data 19 marzo 1998, venne sequestrata una seconda missiva in dirizzata al Bonà Ermanno avente le stesse caratteristiche della prima (doppia busta con doppia missiva redatta dalla Sgarella, una indirizzata al Bonà ed una al marito Pietro Vavassori).
La missiva fu redatta in data 12 marzo 1998 ed alla stessa fu allegato un ritaglio del "Corriere della Sera" dello stesso giorno con apposte firme da parte della Sgarella.Nella comunicazione i sequestratori, tramite la scrittura della Sga rella Alessandra:
ribadirono la richiesta di indicazione della somma di denaro sino a quell'epoca raccolta con il sistema già specificato (mq. = denaro); chiesero la indicazione di numeri di telefono di persona di fiducia da eventualmente contattare con la specificazione che il prefisso 0574 avrebbe dovuto corrispondere al prefisso 02.

In data 27 marzo 1998 con il sistema imposto dai rapitori fu comunicata la estensione del terreno per cifra corrispondente a L. 2.300.000.000 (quindi 2.300).
Nell'inserzione furono, altresì, indicate le utenze telefoniche della abitazione e del negozio di articoli sanitari del Bonà Ermanno. Con tali indicazioni, pertanto, il Bonà veniva ad assumere formalmente il ruolo di punto di raccordo tra i rapitori ed i familiari della Sgarella.
La rilevanza di tale posizione assumerà, come meglio si vedrà, caratteri di decisiva importanza.

In data 2 aprile 1994 alle ore 19,03 presso la utenza telefonica installata nel negozio di articoli sanitari del Bonà Ermanno giunse una te lefonata da parte di anonimo che si limitò a chiedere al Bonà "siete pronti?" per poi riattaccare la cornetta. Con il sistema del cosiddetto 'blocco di linea' si accertò che la te lefonata proveniva dalla utenza relativa al "Telefono pubblico Lico Santo s.n.c. - Autostrada Salerno/Reggio Calabria Lato Ovest - Gioia Tauro (RC)"

In data 4 aprile 1998 alle ore 19,44, sulla utenza relativa alla abitazione del Bonà Ermanno giunse una nuova telefonata.
In assenza del Bonà la stessa fu ricevuta dalla moglie Resteghini Graziella. Nel corso della stessa tra la Resteghini e l'anonimo interlocutore, con la voce palesemente contraffatta, avvenne la seguente conversa

donna: pronto

uomo: pronto... Ermanno c'è?

donna: arriva verso le otto, otto e mezza .... chi parla?

uomo: Domodossola

donna: Ah! Mi dispiace, ha chiuso il negozio alle sette e un quarto... il tempo di arrivare, dovrebbe essere qui tra un quarto d'ora, venti minuti massimo ... può richiamare per favore?

uomo: no, non richiamo

donna: grazie...

uomo: non richiamo... le dica che ha chiamato Domodossola

donna: senz'altro, glielo dico

uomo: appunto... che mi mettano un annuncio sul giornale con la cifra precisa

donna: se, senta una cosa, le dispiace richiamarmi?

uomo: no, non chiamo più!

donna: allora sul "Corriere" la cifra precisa? ... pronto... pronto

uomo: non risponde e chiude la conversazione.

Tramite il blocco di linea si riuscì ad accertare che la telefonata proveniva dalla utenza intestata al "Telefono pubblico Lico Pineta Sant'Elia s.n.c. - Via Sant'Elia, Palmi (RC)".

In data 11 aprile 1998, con il consueto ricorso alla inserzione sul "Corriere della Sera", ed in risposta alla richiesta dei rapitori del 4 aprile 1998, furono ulteriormente aggiornati i "mq" con indicazione della raggiunta disponibilità della somma di L. 2.450.000.000.

In data 13 aprile 1998, il riscontrato utilizzo, da parte dei sequestratori, di cabine telefoniche pubbliche nella zona di Palmi-Gioia Tauro (v. telefonate del 2 aprile 1998 e del 4 aprile 1998) indusse gli inquiren ti ad attivare serrate indagini nella zona sopra indicata nella speranza di riuscire ad individuare fisicamente la persona del telefonista (ritenuto dagli ascolti intercettati la medesima persona).

In data 11 aprile 1998, pertanto, veniva predisposta e resa operativa, presso gli uffici del Commissariato di P.S di Gioia Tauro, la apparecchiatura nota come "digisistem" idonea, in particolare, a localizzare in tempo reale la provenienza da postazioni telefoniche pubbliche, nella zona di Gioia Tauro-Palmi, di eventuali chiamate telefoniche dirette sulle utenze fisse in uso al Bonà Ermanno e ai più stretti familiari della Sgarella.
Allo scopo di incrementare le possibilità di identificazione dei telefonisti veniva disposta la disattivazione di circa sessanta utenze pubbliche per così concentrare il servizio "digisistem" su un più controllabile numero di postazioni pubbliche (esattamente nel numero di 44).
Ovviamente veniva organizzato un sistema di controllo discreto sul territorio interessato, da parte di personale di polizia giudiziaria, in guisa da poter consentire la fisica individuazione del telefonista non appena dagli appositi dispositivi tecnici fosse scattata l'indicazione di chiamate telefoniche provenienti dalle cabine poste sotto controllo ed indirizzate alle utenze del Bonà e dei familiari della Sgarella.
Contestualmente si provvedeva alla registrazione degli impulsi telefonici provenienti dalle cabine in questione su bobine magnetiche. Stante la eccezionale rilevanza degli esiti delle operazioni in questione, e segnatamente per quanto accadde nella mattinata del 13 aprile 98, più diffusamente si tornerà sull'argomento. In questa sede, in ragione della natura riepilogativa della presente parte di esposizione, ci si li miterà ad osservare che alle ore 10,40 circa del 13 aprile 1998, mentre erano in corso le prove tecniche per la messa a punto del "digisistem" (la cui piena operatività sarebbe dovuta avvenire il giorno successivo) l'operatore addetto all'apparato "digisistem" segnalava un cosiddetto "allarme" (e cioè impulsi telefonici diretti ad una delle utenze sensibilizzate) proveniente dalla cabina pubblica situata in località Pietrenere di Palmi dalla quale, in particolare, qualcuno aveva composto un numero telefonico, cioè l'utenza corrispondente alla abitazione in Milano del Bonà Ermanno.
Equipaggio di polizia giudiziaria che già trovavasi in zona a seguito di precedente identico allarme, proveniente da altra cabina pubblica, si recava immediatamente presso la cabina di cui sopra ed in tale occasione l'ispettore Antonio Pirrottina, in servizio presso il Commissariato di Gioia Tauro, riusciva a visualizzare perfettamente la persona che aveva eseguito la telefonata in questione, nonché il suo accompagnatore e l'autovettura nella disponibilità degli stessi.
Le persone di cui sopra venivano identfflcate, in tempi e circostanze differenti, rispettivamente in:

1) Lumbaca Francesco, nato ad Oppido Mamertina (RC) il 17 mag gio 55, ivi residente in Frazione Castellace, Via Reggio Calabria n.3;

2) Anghelone Giuseppe, nato ad Oppido Mamertina (RC) il 14 agosto 1949, ivi residente in Via Prov. Castellace n.l7.

In data 14 aprile 1998, alle ore 18,04 presso l'utenza del negozio di articoli sanitari del Bonà giunse una nuova telefonata da parte dei rapitori, eseguita da voce apparentemente riferibile al solito "telefonista". La telefonata in questione risultò eseguita proprio dalla stessa zona di cui alle precedenti telefonate.

Con con comprensibile sgomento e sconcerto in data 25 aprile 98 sulla "Gazzetta del Sud") ed in data 26 aprile 98-(su "La Repubblica") veniva data notizia che gli inquirenti avevano localizzato, presso le zone di Palmi e della Locride, le cabine pubbliche da cui i sequestratori della Sgarella avevano eseguito telefonate ai familiari della stessa.
La gravissima fuga di notizie non solo esponeva a rischi la vita della Sgarella e, comunque, il buon esito della trattativa (considerato che nelle indicazioni dei sequestratori erano emerse minacce laddove la individuazione dell'emissario della famiglia, cioe il Bonà Ermanno, fosse stata portata a conoscenza degli inquirenti) ma ragionevolmente come poi di atto riscontrato, avrebbe determinato mutamenti di strategia ed irrigidimenti da parte dei rapitori.

In data 15 maggio 1998 presso il negozio del Bonà Ermanno giunse la terza missiva da parte dei sequestratori (per evidenti errori postali sfuggita al blocco della corrispondenza). Il testo, caratterizzato questa volta de contenuti minacciosi e con prospettazioni di mutilazioni in danno della Sgarella ovvero di eliminazione fisica della stessa, era portatore delle seguenti comunicazioni:
la cifra richiesta veniva aggiornata in lire 30 miliardi; la somma doveva essere predisposta entro trenta giorni; ogni settimana i familiari avrebbero dovuto eseguire la solita inserzione sul "Corriere della Sera" precisando le cifre di volta in volta raggiunte e sino, comunque, al preteso raggiungimento della cifra di lire 30 miliardi pena la uccisione della Sgarella.
Va osservato che dalla missiva non veniva acquisita alcuna dimostrazione della esistenza in vita della Sgarella stante la inidoneità, a tali fini, della mera redazione da parte della stessa delle due buste sopra indicate (ben potendo le stesse essere state redatte in epoche antecedenti).

La sera del 26 maggio 1998 presso l'abitazione del dottor Giangiacomo Corno, commercialista vicino alla famiglia Sgarella, giungeva una missiva redatta dalla Alessandra Sgarella. Va subito detto che la missiva risultava spedita da Firenze il 25 maggio 1998 ed apparentemente redatta nella stessa data. La circostanza ha il suo rilievo in quanto, come pacificamente desumibile dallo stesso contenuto della lettera, allorché la stessa fu redatta, i sequestratori non erano ancora venuti a conoscenza della prospettazione della cifra pari a lire 3.050.000.0000 di cui alla inserzione dei giorni 25 e 26 maggio 1998.

La missiva al dottor Corno conteneva, come di consueto, altra busta indirizzata a persona che a sua volta avrebbe avuto incarico di recapitarla al padre della sequestrata. Nella lettera, piuttosto lunga ed articolata, si precisavano i seguenti aspetti:
la somma per il riscatto veniva ulteriormente ridotta a lire 15 miliardi; veniva indicata in 'occhiali' la nuova parola d'ordine; veniva prospettata una diversa tipologia di inserzione, sempre nella pubblicità del "Corriere della Sera", sula base del seguente schema di annuncio:

"Capannone - Ovest Milano, mq.... (ogni 100 mq = un miliardo), con mq. 115 gli uffici annessi da ristrutturare e piazzale recintato".

Il "canale" rappresentato dal Bonà Ermanno veniva, quindi cancellato dalla richiesta di indicazione, in calce alla predetta inserzione, di una nuova utenza telefonica in codice (con aumento di una unità per ogni cifra del numero telefonico prescelto, escluso il prefisso). Evidentemente, come sopra già evidenziato, la fuga di notizie dei giorni 25 e 26 aprile 1998 aveva avuto i suoi effetti: prospettazioni di morte della Sgarella venivano formulate laddove i familiari si fossero messi in contatto con gli inquirenti ovvero nel caso in cui non fosse stato accettato il pagamento della somma sopra indicata apparentemente entro trenta giorni.

L'immediato avvio di approfondite indagini nei confronti del "gruppo Lumbaca", subito dopo la identificazione di Lumbaca Francesco cl. 55 avvenuta, come ormai più volte detto, in data 14 aprile 98 (cioè, il giorno seguente la nota telefonata a vuoto sulla utenza del Bonà), ha consentito sino ad oggi la acquisizione di importantissime conferme in ordine alle responsabilità del "gruppo Lumbaca" nel sequestro di persona di cui si parla.
Continuando a seguire per ora l'iter delle indagini anche allo scopo di poter meglio vagliare la bontà o meno delle valutazioni e delle scelte investigative di volta in volta effettuate, va osservato che allorché il Pirrottina riconobbe in data 16 maggio 1998 l'Anghelone Giuseppe esisteva un forte corredo di elementi, oltre quelli già indicati (v. caratteristiche fisiche dell'Anghelone, identikit eccetera), tale da rendere ancor più convincente, se così si può dire, la bontà del riconoscimento (corredo poi ancor più rafforzato dagli esiti di successive indagini) che, complessivamente, può così sintetizzarsi:

1) Anghelone Giuseppe e Lumbaca Francesco cl. 55 sono risultati legati da rapporto di parentela (rispettivamente zio e nipote). Val solo la pena di rammentare, a mero titolo inciso, come sia ormai storicamente comprovata una delle caratteristiche proprie della criminalità organizzata calabrese e cioè quella che fonda proprio nei vincoli familiari uno degli assi portanti delle stesse strutture criminali (riprova di ciò si avrà anche in questo caso in riferimento alle posizioni di altri corresponsabili nel sequestro Sgarella);

2) Anghelone Giuseppe, seppur nato ed anagraficamente residente in Oppido Mamertina (in via Provinciale Castellace n. 17), risulta di fatto dimorare da tempo a Milano;

3) Anghelone Giuseppe, di professione geometra e già almeno sino al 1995 insegnante di educazione tecnica, risulta svolgere attualmente la attività di autotrasportatore per conto della Ditta di trasporti Tecno Bertola sita in Zingonia di Verdellino (BG).

La circostanza di cui sopra assume un rilievo sicuramente non secondario, specie in riferimento a quanto ancora si dirà sul conto dell'Anghelone e delle persone a lui risultate legate nella presente vicenda, ove si consideri che dalle indagini svolte, e segnatamente dalle dichiarazioni rese in data 22 maggio 98 da Vavassori Pietro (marito del la Sgarella ed amministratore delegato della Italsempione Spa) sono emersi chiari e significativi rapporti di affari tra la Italsempione e la D.B. Bertola di Pogliana o Pregnana Milanese, società quest'ultima legata alla Tecno Bertola ed ambedue originate dalla scissione di un'unica società già facente capo alla famiglia Bertola.
Proprio nei tempi attuali, stretti e consistenti sono stati indicati dal Vavassori i rapporti di affari tra la Italsempione e la D.B. Bertola (per i quali in dettaglio si rinvia alla citata deposizione del Vavassori) e tali, comunque, da rendere decisamente plausibile o, in ogni caso, compatibi le con il sequestro della Sgarella (titolare del 50% delle azioni della Italsempione) il rapporto di lavoro con la Tecno Bertola da parte dell'Anghelone.
Dalle risultanze investigative è emerso con inequivoca certezza che l'Anghelone trovavasi nei giorni 13-14 aprile 1998 in Calabria e quindi, stante la premessa, la circostanza non può non rappresentare un confortante elemento di riscontro. E emerso, in particolare, da intercettazioni telefoniche eseguite in data 1 maggio 98 sulla utenza installata presso la abitazione dell'Anghelone, in Oppido Mamertina, che costui, nel dialogare con la moglie Currò Domenica e nel contesto di una conversazione relativa apparentemente ad aspetti di vita privata, ebbe a precisarle di essersi incontrato, per parlare di un preteso contenzioso ereditario, con il Lumbaca Francesco cl. 55 nonché con altri parenti proprio allorché era sceso in Calabria nei giorni di Pasqua e Pasquetta (e quindi proprio il 13 e il 14 aprile 98). Tra le persone menzionate dall'Anghelone, quali presenti in Calabria nei giorni sopra indicati, figurano anche il Lumbaca Vincenzo cl. 30, il Lumbaca Rocco ("pisuni") ed il Russo Domenico ("esaurito"). Tale circostanza assume particolarissimo rilievo in quanto trattasi proprio delle stesse persone che in data 24 maggio 98 presero parte ad un importantissimo (specie sotto il profilo delle acquisizioni probatorie) summit in Oppido Mamertina nel corso del quale si fecero chiari riferimenti al sequestro Sgarella.
Stante quanto si dirà è ben plausibile ritenere che i contatti telefonici con il referente della famiglia Sgarella (il Bonà Ermanno) furono preceduti da accordi tra tutti i principali complici. La rilevanza dell'assunto, comunque, emergerà meglio in seguito allorché si parlerà del summit avvenuto il 24 maggio 98.
Come sopra anticipato, trattasi sicuramente di uno dei momenti più significativi e concludenti di tutta la indagine. Si avrà anche modo di vedere come le risultanze della vicenda in questione si pongano in straordinaria sintonia con altri esiti delle indagini e perfezionino, ad incastro assolutamente perfetto, alcune acquisizioni probatorie già in precedenza messe in risalto. E necessario premettere che il summit del 24 maggio 98 fu preceduto da una serie di contatti tra gli indagati dei quali è indispensabile dare contezza, sia pure nelle fasi essenziali, stante la importanza degli stessi sia pure per la dimostrazione inequivoca di chi ebbe a prendere parte al summit e sia per evidenziare la importanza dello stesso. I presenti al summit sono:

Anghelone Giuseppe;

Lumbaca Francesco;

Lumbaca Vincenzo cl. 30;

Lumbaca Vincenzo cl. 58 (per comodità 'Enzo');

Lumbaca Rocco.

Per costoro la presenza è provata sia dalle intercettazioni telefoniche sopra richiamate (evidenzianti, come visto, la loro fisica presenza presso il noto frantoio nella circostanza di cui si parla), sia dalle voci ascoltate nella occasione e rieonosciute dagli operanti (i trascrittori sono stati scelti, infatti, tra gli stessi Uffieiali di polizia giudiziaria addetti agli ascolti delle conversazioni sulle utenze poste sotto intercettazione nella presente indagine, tra cui ovviamente le utenze in uso ai pervenuti) e sia, infine, per il fatto che gli stessi ebbero più volte, nel corso dei dialoghi, a chiamarsi con i loro effettivi nomi o diminutivi (v. Pino, Ciccio, Enzo, Rocco, e Zio, cioè il Lumbaca Vincenzo cl. 30 in relazione al nipote omonimo cl. 58).
Altre presenze (forse due persone) non ancora identificate sono risultate partecipi al summit in questione. La riferibilità delle voci ascoltate a ciascuno dei partecipanti al summit è avvenuta sulla base, come anticipato, della conoscenza fonica delle stesse da parte degli Ufficiali di polizia giudiziaria che hanno eseguito la trascrizione.

A) sin dagli inizi si evidenzia un clima scherzoso ed improntato all'ottimismo (v. Lumbaca Francesco che prende in giro il corpulento Lumbaca Rocco definendolo una "lettorina"), clima che immediatamente irradia i suoi toni verso la vicenda del sequestro Sgarella (v. la espressione più volte ripetuta da Lumbaca Vicenzo 58 all'omonimo zio cl. 30 "quasi miliardario sei". Trattasi di riferimento sicuramente eloquente anche in considerazione del fatto che dalle conversazioni telefoniche intercettate emergono, di converso e come ancora si dirà, situazioni di notevole disagio economico da parte degli indagati).

 

Lumbaca Enzo: "... Pino (chiaramente l'Anghelone - n.d.r.) ha la lettera..."

Lumbaca Vincenzo: "...vai tu con il treno..."

Anghelone Pino: "...io vi imbuco la lettera...imbuco la lettera..."

Lumbaca Rocco: "...la devi nascondere..."

(a questo proposito giova osservare che la lettera pervenuta al dottor Corno il 26 maggio 1998 risulta pacificamente essere stata piegata in più parti sino ad assumere una dimensione idonea, a mero titolo esemplificativo, ad essere nascosta ad esempio dentro una scarpa).

Persona non id.: "la lettera ...(inc.) dagliela a tuo padre..."

Anghelone Pino: "...uno, due, tre, quattro.."

Lumbaca Rocco: "...sono quattro..."

Anghelone Pino: "...prendo e la porto io col treno..."

(non è certo vano rammentare che la missiva pervenuta al dottor Corno il 26 maggio 98 ed indirizzata al padre ed al marito della Sgarella risulta effetti vamente composta da quattro fogli scritti di pugno dalla Sgarella).

Eventuali residui dubbi di sorta sono destinati ad essere immediatamente sgomberati, come già anticipato, dagli espliciti riferimenti al cognome 'Sgarella' (cognome chiaramente pronunziato da Lumbaca Vincenzo, Lumbaca Enzo e da persona non identificata). Assolutamente eloquente la espressione del Lumbaca Vincenzo: "...pagano i Sgarella" (nel senso che i familiari della Sgarella avrebbero sicuramente ceduto al ricatto), espressione rafforzata poi dal "..pagano in contanti.." pronunziata dal Lumbaca Francesco; la spedizione della lettera, evidentemente approvata dal gruppo in questione, viene ritenuta foriera in buoni sviluppi da parte dei sequestratori:

persona non id.: (subito dopo che Anghelone ebbe a confermare che avrebbe lui provveduto ad imbucare la lettera in occasione del viaggio in treno verso Milano) "...ora si aspettano buone notizie..."

e poi:

Lumbaca Rocco: "...si deve risolvere..."

Lumbaca Enzo: "...si dividerà a metà tra le parti..."

persona non id.: "...una quota la dividi ...o Pì" (Pino)

persona non id.: "...la quota va divisa..."

Anghelone Pino: "...il problema è un coordinamento poi..."

Lumbaca Rocco: "...per dividere i soldi..."

Oltre a numerosi riferimenti a "miliardi" va osselvato, e non è certo di poco conto, che la stessa cifra indieata dai sequestratori (tramite la scrittura del la Sgarella) nella missiva spedita il giorno seguente a quello del summit, viene esplicitamente menzionata nel dialogo in questione ed alla stessa si conferisce una notevole "serietà". Se poi tale cifra viene esplicitamente qualificata come "riscatto" a fronte di rischi per la incolumità personale di "qualcuno", può allora veramente parlarsi di quadratura del cerchio:

Lumbaca Rocco: "se non paga il riscatto!!....rischia la vita!"

persona non id.: "...15 miliardi sono buoni..."

Lumbaca Enzo: "...(inc.)...50 deve restare..."

Ritornando ora al summit, la successiva parte del dialogo, ancora esplicitamente ed indiscutibilmente riferibile al sequestro della Sgarella, verte su argomenti che possono così sintetizzarsi:
alcune persone del gruppo, tra cui in particolare il Peppe, reclamano "un anticipo" (che potrebbe essere riconducibile sia alle attività svolte, attività che paiono riferibili proprio a quelle di custodia della Sgarella) e sia forse alla strategia del gruppo finalizzata, come si dirà, ad ottenere un primo pagamento da parte dei familiari della Sgarella.
Tra il gruppo serpeggia del malcontento che potrebbe portare a scissioni; la Sgarella risulta essere stata recentemente trasferita in altro luogo di prigionia. Nella stessa occasione del trasferimento sarebbe stata redatta e firmata la lettera poi spedita da Firenze il giorno successivo quello del summit (e cioè il 25 maggio 98); da parte dei sequestratori non emerge alcuna intenzione di rilasciare la Sgarella al momento del primo pagamento e tutto sembra procedere per una richiesta di pagamento che dovrà poi trasformarsi in un rata.
Decisamente eloquente, in tal senso, il riferimento da un lato a denaro da incassare in tempi brevi e dall'altro al fatto che la Sgarella, come esplicitamente dichiarato dal Lumbaca Rocco, sarà liberata solo nel corso della prossima primavera; tutti i presenti parlano liberamente del luogo di custodia della Sgarella (in campagna), ne prevedono il trasferimento in un campeggio e si evidenzia la posizione del Peppe quale incaricato principale alle attività connesse alla custodia.
Emerge pertanto in modo abbastanza chiaro il fatto che nessuno dei presenti ignori quali siano i luoghi destinati alla segregazione della Sgarella: tra i sequestratori si discute ancora intorno alla cifra di 50 miliardi e cioè proprio in relazione alla stessa entità della prima richiesta inoltrata ai familiari della Sgarella. Il discorso, in sintonia con quanto già prima osservato, si inquadra nell'ambito delle strategie che lasciano intendere il disegno dei sequestratori di ottenere una prima rata camuffandola quale contropartita per la liberazione della Sgarella; il Lumbaca Rocco e l'Anghelone Giuseppe risultano essere i personaggi di maggiore spessore del gruppo
(Finisce qui il documento del GIP di Milano. Le pagine che seguono sono invece integralmente tratte da due documenti del dottor Minale in data 9 e 10 settembre 1998 indirizzati al Procuratore della Repubblica di Milano.)
"Le intercettazioni ambientali disposte nel frantoio ove il gruppo si riuniva alla vigilia dei momenti più significativi delle trattative rivelavano la strategia e le vere intenzioni dei malviventi.
Costoro in realtà si proponevano di incassare la somma di lire 5 miliardi, disponibilità offerta dalla famiglia attraverso i concordati annunci, non quale pagamento definitivo del riscatto con conseguente liberazione dell'ostaggio, sebbene come una anticipazione della maggiore somma di lire 15 miliardi effettivamente perseguita con il previsto trattenimento dell'ostaggio sino almeno alla primavera successiva. Questa Procura, onde evitare che un eventuale pagamento finisse con il sostenere il gruppo criminale senza raggiungere lo scopo suo proprio confermandolo inoltre nel proposito di considerarlo quale rata di una maggiore somma, ed essendo ferma intenzione degli inquirenti di evitare un intervento in uno dei momenti topici dei sequestri con possibilità di esiti cruenti e possibili conseguenze sulla stessa integrità fisica dell'ostaggio, decideva di non ritardare l'esecuzione delle misure di custodia cautelare a suo tempo richieste ed emesse dal GIP in sede nei confronti dei componenti sino ad allora identificati nel gruppo Lumbaca.

In data 26 giugno si dava esecuzione alle misure con contestuale operatività del programmato vasto piano di perquisizioni e controlli sul territorio. Gli immediati interrogatori non fornivano elementi utilmente sviluppabili per la individuazione del luogo di prigionia. Seguiva quindi un periodo di assoluto silenzio e le trattative non registravano una ripresa a conferma della incapacità dei rimanenti componenti del gruppo a gestire il sequestro e delle evidenti difficoltà incontrate nella individuazione di un secondo gruppo criminale propenso a subentrare nell'impresa. Tra le molte indicazioni pervenute alla Procura della Repubblica, sia direttamente che in occasione di colloqui investigativi, già inizialmente disposti per un primo orientamento delle indagini con particolare riguardo alla natura ed alla matrice del sequestro, e proseguiti quindi dopo gli arresti di giugno assumeva, nei primi giorni di agosto, anche a seguito di contatti avviati al fine di acquisire elementi utili per le indagini, contorni di concretezza una disponibilità ad interventi a favore della liberazione dell'ostaggio proveniente dall'ambiente carcerario e portata alla conoscenza degli inquirenti per il tramite di un legale. Verificata la fondatezza della notizia la medesima veniva positivamente registrata dagli inquirenti e valutata in particolare quale elemento rassicurante sul fronte dell'esistenza in vita dell'ostaggio, dato quest'ultimo di estrema preoccupazione in quel momento, atteso che l'ultima prova dell'esistenza in vita risaliva al 24 di giugno ed era legata ad una registrazione della voce della Sgarella effettuata il 9 giugno che peraltro il marito e i genitori avevano escluso potesse appartenere alla congiunta.

Intorno alla metà di agosto il legale del detenuto presentatosi in questa specifica veste confermava l'iniziale disponibilità accompagnata dalla aspettativa di vedere positivamente valutato quel comportamento in vista di possibili benefici. La DDA della Procura della Repubblica, in tal modo venutasi a concretizzare quella iniziale disponibilità, riteneva di non poter scoraggiare l'iniziativa, soprattutto in relazione alle condizioni di salute dell'ostaggio che ragionevolmente venivano giudicate gravemente compromesse dalla lunga prigionia considerandola, non apparendo allo stato ipotizzabile alcuna forma di concorso, quale contributo sia pure estrinsecantesi non in notizie ed informazioni sebbene in un positivo attivarsi diretto ad interrompere le conseguenze ulteriori del reato in atto e manifestava quindi la disponibilità a registrare il fatto storico ed a valutarlo positivamente a sostegno delle comprensibili aspettative in tema di possibili benefici.

Nel corso del mese di agosto l'assoluto silenzio dei sequestratori perdurava, confermando gli inquirenti in ordine alle evidenti difficoltà nel gestire il sequestro da parte dei rimanenti compartecipi dell'impresa criminale privati del gruppo che aveva avviato e condotto le trattative ed in ordine a quello che appariva come un evidente, definitivo fallimento di ogni ipotesi di subentro nella gestione del sequestro da parte di altri gruppi criminali, elementi che non mancavano di essere valutati quali fattori sintomatici di una situazione di estrema pericolosità e di concreto rischio per l'incolumità dell'ostaggio, affidato ormai ad un gruppo incapace di determinarsi. La notte tra il 3 e il 4 settembre la polizia di Stato, avvertita da una telefonata, soccorreva la signora Sgarella liberata in quel mentre dai suoi custodi. La signora Sgarella aveva composto un numero di telefono riferibile al legale che aveva presentato e confermato l'indicazione del possibile intervento e che veniva nel contesto ad assumere valore e significato di conferma del positivo adoperarsi a favore della liberazione dell'ostaggio.

Si è trattato di una precauzione comprensibile da parte di chi intendeva dare agli inquirenti prova e conferma del suo positivo adoperarsi. I familiari confermavano di non aver versato alcuna somma a titolo di riscatto e quella affermazione trovava e trova obiettivo riscontro sia nella mancata ripresa della trattativa, il dispositivo di controllo telefonico e postale era rimasto sempre operante e non aveva registrato alcun contatto, sia nell'accertata assenza di violazioni del blocco dei beni tuttora operante. Deve ritenersi che il felice epilogo della dolorosa vicenda che ha visto la signora Sgarella rimanere nelle mani dei suoi sequestratori quasi nove lunghissimi mesi ha trovato la sua premessa nella esecuzione delle misure cautelari nei confronti del gruppo Lumbaca. Infatti l'impossibilità di gestire ulteriormente il sequestro, la evidente difficoltà di trovare altro gruppo criminale disposto a subentrare nella gestione di un sequestro già fortemente compromesso quanto assai poco redditizio gravando nell'eventuale riscatto anche la quota del gruppo Lumbaca che avendo nei primi interrogatori mantenuto un atteggiamento di negazione aveva in siffatto modo rivendicato il diritto a parte cipare alla spartizione del bottino, le condizioni di salute di un ostaggio certamente provato da una lunga segregazione di quasi nove mesi, la costante e forte pressione esercitata dalla forze dell'ordine sul territorio concorrevano a realizzare una situazione obiettiva difficilmente sostenibile da custodi privi di autonomia, senza prospettive di utile gestione dell'ostaggio, incapaci di determinarsi e di conseguenza fronteggiare eventuali situazioni di emergenza con particolare riferimento alla salute dell'ostaggio.

L'interrogatorio della signora Sgarella ha confermato il dato delle condizioni di salute. La teste e parte lesa ha infatti precisato che nella seconda quindicina di luglio aveva sofferto di una forte depressione e quindi verso i primi di agosto era stata colpita da ripetute coliche renali ed aveva in quell'occasione pensato di morire anche perché i custodi, rendendosi conto della gravità della situazione, le avevano subito chiarito di non poter chiamare alcun medico invitandola ad arrangiarsi".