indice

 

 

relazione sui sequestri di persona a scopo di estorsione
(Relatore: senatore Pardini)
PARTE SESTA

la legge 15 marzo 1991, n. 82

In mancanza di una legge che disciplinasse la materia, la misura del blocco dei beni è stata adottata, prima del 1991, da singoli magistrati in modo del tutto discrezionale, sulla base di quanto disposto dall'allora vigente articolo 219 c.p.p. nella parte in cui obbligava la polizia giudiziaria ad evitare che il reato venisse portato a conseguenze ulteriori: poiché il pagamento del riscatto doveva considerarsi conseguenza ulteriore del sequestro, era legittimo un sequestro preventivo dei beni che presumibilmente avrebbero costituito "il prezzo della liberazione" (Brunelli D., Il sequestro di persona a scopo di estorsione, 1995).

Era però evidente come simili decisioni non potessero essere lasciate all'estemporaneità del singolo: solo l'intervento del legislatore avrebbe consentito il passaggio da una prassi giudiziaria ad una regola normativa generale, valida cioè per tutti ed in ogni caso.

Fra l'altro, ciò che è stabilito dalla legge è noto a tutti: "se fosse già certo prima del sequestro che il riscatto non potrebbe essere pagato e che in nessun caso sarebbe pagato, non si comprende davvero per quale ragione i criminali dovrebbero imbarcarsi in imprese che non potrebbero dare il lucro sperato" (Bertoni R., op. cit.).

Sulla base di queste considerazioni, con il D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (Nuove misure in materia di sequestro di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia) convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, il legislatore ha innanzitutto previsto la obbligatorietà del "sequestro del beni appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge, e ai parenti e affini conviventi", su provvedimento del giudice a richiesta del pubblico ministero.

Accanto al sequestro obbligatorio, il legislatore ha previsto un sequestro facoltativo da disporre nei confronti di "altre persone" nel caso in cui vi sia "fondato motivo di ritenere che tali beni possanò essere utilizzati, direttamente o indirettamente, per far conseguire agli autori del delitto il prezzo della liberazione della vittima". Oltre alle disposizioni sul sequestro preventivo del bene oggetto del riscatto, il legislatore ha previsto delle vere e proprie nuove figure di reato senza, però, inserirle nell'impianto codicistico:

la prima figura rappresenta un'ipotesi di favoreggiamento reale: viene infatti punito con le stesse pene previste dall'articolo 379 c.p., chi "si adopera, con qualsiasi mezzo", al fine di far conseguire agli autori del delitto il prezzo della liberazione;

la seconda figura si riferisce ad un obbligo di denuncia penalmente sanzionato a carico di chiunque sia a conoscenza non solo di "atti o fatti concernenti il delitto, anche tentato, di sequestro di persona a scopo di estorsione ma anche" di circostanze relative alla richiesta o al pagamento del prezzo della liberazione "o comunque di altre circostanze utili per l'individuazione o la cattura dei colpevoli o per la liberazione del sequestrato";

la terza figura riguarda la stipula di contratti di assicurazione contro il rischio del sequestro: per evitare che tali contratti possano costituire, per i sequestratore, un incentivo a commettere il sequestro, il legislatore non solo sancisce la loro nullità, ma addirittura punisce "con la reclusione da uno a tre anni" chiunque li ponga in essere.

Il legislatore, poi, introduce una disposizione che incide, sia pure in minima parte, sugli articoli relativi al sequestro di persona a scopo di terrorismo o di evasione ed al sequestro di persona a scopo di estorsione: è prevista un'ulteriore diminuzione delle pene stabilite nel caso di "dissociazione" del sequestratore (comma quarto dell'articolo 289-bis e commi quarto e quinto dell'articolo 630 c.p.) "se il contributo fornito dal concorrente del reato dissociatosi dagli altri è di eccezionale rilevanza, anche con riguardo alla durata del sequestro e alla incolumità della persona sequestrata".