Chi é Zappadu: Dai palcoscenici dorati della Costa Smeralda ai drammi della Barbagia

Chi é Zappadu: Dai palcoscenici dorati della Costa Smeralda ai drammi della Barbagia

Con Mesina alla liberazione di Farouk
Un free-lance abituato a lavorare sempre in «prima linea»

Fidarsi, mai. Antonello Zappadu ha imparato la lezione da suo padre, Mario. Da qualche tempo girava armato: chi lavora come fotoreporter di prima linea, fronte di guerra della Barbagia, ha bisogno di prendere qualche precauzione. Senza parlarne in giro, naturalmente. Senza spiegare perché un giorno o l’altro puoi incontrare qualcuno che prova a piantarti una pallottola in testa.

Nelle istruzioni per l’uso della macchina fotografica non c’é scritto che, a seconda dei casi, l’obiettivo puó colpire con la precisione di una mitraglietta o affondare il colpo come una pattadese d’autore. Non é questione di immagine, diritto di cronaca, di notizia che dimentichi dopo il clic. Antonello sa molto bene che la libertá di stampa varia da latitudine a latitudine. Se esageri a Porto Cervo ti querelano, al massimo ti fanno inseguire da un gorilla; un po’ piú giú, nel Nuorese per esempio, non si passa sempre per una caserma dei carabinieri. La protesta, qualche volta, é a pallettoni. Perché riempire inutili fogli di carta bollata?, perché spedire indignate lettere ai giornali? L’abuso si combatte con l’abuso. Basta una fucilata a scopo dimostrativo: niente di peggio, di solito non si spengono i fotografi come i lampioni di Orune.

Tanto, ci vuol poco per spaventarli, rimetterli in riga. Basta pensare, per stare in tema, alla voglia di fare le valigie che ha travolto anni fa un corrispondente dell’Unione Sarda quando s’é accorto che, durante la notte, qualcuno aveva mozzato la lingua al suo cane. Chiaro il messaggio, no? Dopo averci pensato un po’, inevitabile la decisione del ritiro dalla professione: meglio fare l’insegnante di scuola media a tempo pieno. Giornalismo, addio.

Per Antonello il discorso é diverso. Non risulta (non ne ha parlato) che qualcuno lo minacciasse, ma evidentemente sapeva di dover stare in guardia. Sorriso aperto, testa lucida, abito d’ordinanza (gilet similcacciatore, almeno due macchine appese al collo), é sempre stato presente agli appuntamenti-chiave della vita professionale. Graziano Mesina se l’é portato dietro in qualche occasione nei giorni del sequestro di Farouk Kassam e gli é stato devotamente grato per avergli presentato Pino Scaccia, inviato del Tg1: a Grazianeddu, in quelle ore, serviva una rete televisiva nazionale per fare un annuncio urbi et orbi in esclusiva. «Interrompiamo le trasmissioni per annunciare che Farouk Kassam é stato liberato». Il capo della polizia e il ministro dell’Interno non hanno fatto i salti di gioia, ma ormai la cosa era fatta: il bandito, l’ex ergastolano aveva comunicato al popolo italiano il lieto fine di un rapimento.

Chi c’era tra Scaccia e Mesina? Zappadu, solare e disincantato com’é sua abitudine. «Io? Mi sono limitato a farli conoscere». L’ha ripetuto anche al sostituto procuratore antimafia Mauro Mura quando é stato convocato al palazzo di giustizia. Della faccenda, poi, ha parlato poco o nulla: non gli andava di farsi interrogare una seconda volta da colleghi troppo curiosi e pefino malevoli.

In marcia quotidiana sul campo dell’attualitá, ha digerito senza problemi le regole del gioco. In apparenza chiacchierone, in realtá assolutamente discreto. Ha superato l’esame di sopravvivenza in Barbagia grazie proprio alla capacitá di darsi una regolata, cogliere all’istante il cambio di scenario.

É stato tra quelli che hanno seguito per i giornali il massacro nel ristorante “Ai monti del Gennargentu”. Non ha mai detto cosa ha provato quando ha visto i cadaveri d’un suo vecchio amico, Pier Cosimo Ruggiu, del padre (Vanni), della madre (Caterina). Una storia terribile, inquietante, difficile da decifrare. Ancor piú da fotografare: ogni tanto la macchina puó pesare come una croce.

Clic su Matteo Boe a Sassari, clic su Marta Marzotto, clic su Oscar Luigi Scalfaro. Lui c’é, puntualmente: sul palcoscenico dell’effimero e quello di una realtá drammatica. A qualcuno é siuramente antipatico anche per questo: i primi della classe suscitano invidia, soprattutto quando sanno muoversi con assoluta leggerezza anche su un campo minato. Ma questa é già un’altra storia, il segreto di un grande cronista.

GIORGIO PISANO – L’Unione Sarda

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