Zone a luci rosse, da Napoli a Milano De Magistris ha (ri)scoperto la falla a sinistra

Zone a luci rosse, da Napoli a Milano De Magistris ha (ri)scoperto la falla a sinistra

La proposta del primo cittadino partenopeo si arena, l’assessore della giunta Pisapia dice no (nonostante una raccolta firme che deve essere discussa per legge dal consiglio comunale) e Renzi ignora il tema. Pd e Sel: “Progetti? Non ne abbiamo”. I Radicali: “E’ come ai tempi del Pci: l’urgenza è sempre altro”

di Thomas Mackinson | 5 settembre 2012

Le zone a luci rosse non piacciono a sinistra. Dopo giorni di polemica tra il sindaco di Napoli De Magistris e il cardinale cittadino con scambio di accuse, strappi e marce indietro, il sindaco non ha trovato solidarietà alcuna fuori dal perimetro campano, neppure una sponda da parte di quei colleghi in camicia arancione che dovevano diventare il “partito dei sindaci”. Men che meno dai leader del centrosinistra. Ma la questione, pur nel silenzio generale, è tutt’altro che archiviata perché in due grandi città, Caserta e Milano, il tema della legalizzazzione della prostituzione sta per materializzarsi direttamente nei consigli comunali, dove non potrà essere eluso. E rischia di far deflagrare le contraddizioni storiche, di natura ideologica o morale, che non consentono neppure alla sinistra di avere una soluzione diversa dalla repressione del fenomeno sociale. Una soluzione fatta di ordinanze e sanzioni che – dati alla mano – non servono a nulla, come dimostra il caso di Roma (21mila le multe comminate da settembre del 2008, 600 quelle effettivamente pagate secondo fonti sindacali del Fp Cgil).

LA RACCOLTA FIRME DEI RADICALI
Ma se la repressione e la proibizione non funzionano, si può affrontare il problema in maniera diversa? Questo chiedeva De Magistris in solitaria. O quasi, perché ci stanno provando anche i Radicali che hanno appena depositato a Caserta e Milano una raccolta firme per regolamentare e legalizzare i sex-workers. Il modello, spiega il segretario Mario Staderini, è quello invalso in altri paesi e che in Italia potrebbe essere applicato a leggi vigenti tramite i poteri dei sindaci. Quartieri a luci rosse, zone periferiche adibite ad aree per l’incontro tra domanda e offerta (non per il consumo), possibilità di organizzare la “professione” anche in forme cooperative e così via. La novità sta nel fatto che le firme, cinquemila, sono apposte su un documento di delibera di iniziativa popolare che secondo gli statuti cittadini viene iscritta all’ordine del giorno del consiglio ed entro 30 giorni deve essere necessariamente discussa. Lì sarà impossibile per gli amministratori non prendere posizione pro o contro.


A Caserta le firme sono state depositate il 25 giugno e la discussione non è neppure iniziata. Nessuno stupore, visto che il sindaco Pio Del Gaudio arriva dalle fila di An, è sostenuto da una coalizione dove il mondo cattolico (Udc e Nuova Dc) fa sentire il suo peso e ha appena varato un’ordinanza che inasprisce le sanzioni. “Il primo consiglio utile è quello del 15 settembre ma qui il sindaco è il Monsignor Farina”, dice Luca Bove, militante dei Radicali che ha raccolto le firme. “Certo la sinistra su questi temi proprio non c’è, non si fa proprio sentire, non ha un’idea. In città nessuno ci ha dato una mano a raccogliere firme e nessuno ha firmato”. Battaglia persa, dunque.

IL CASO MILANO
Più interessante, e forse dirompente, l’effetto che l’iniziativa potrebbe avere su un’altra piazza. A Milano, dove le firme (5mila) sono state appena depositate e arrivano a suonare la sveglia su un tema rimasto appeso al chiodo di un’agenda di governo attentamente “moderata”. “Non c’è nel programma di Pisapia”, taglia corto l’assessore alla sicurezza Marco Granelli, che invece rivendica le azioni di contrasto della polizia locale. In effetti a pagina 26 del programma di coalizione la parola prostituzione compare, ma l’intendimento programmatico non va oltre la generica indicazione di “mettere in campo tutti gli strumenti necessari a contrastare il fenomeno”. E’ passato un anno, quali strumenti? Per ora gli stessi ereditati dal centrodestra tra ordinanze, sanzioni, blitz e controlli. Insomma niente di innovativo rispetto alla logica generale della repressione del fenomeno. “Facciamo attività di contrasto che ci permettono di chiudere un alloggio al mese in cui si pratica la prostituzione in forme abusive e con le caratteristiche della resa in schiavitù delle donne”, rivendica l’assessore. I dati della Questura, della Caritas e dell’Osservatorio regionale sulla tratta indicano però che a Milano e dintorni “operano” 20mila prostitute. Il passo della sola repressione, a questi ritmi, impiegherà 1.600 anni a fare “piazza pulita”.

A meno che si ribalti la prospettiva e la piazza pulita diventi quella che le amministazioni locali costruiscono regolarizzando, disciplinando e legalizzando. “Non c’è neppure la scusa delle leggi nazionali – attacca Staderini – perché siamo stati ben attenti a proporre soluzioni compatibili con l’assetto normativo vigente. Qui verranno al pettine tutte le reticenze e le rimozioni che da 40 anni spingono il centro sinistra a non avere una posizione chiara”. L’accusa è frontale: “Il mondo cattolico e le alte sfere vaticane, per motivi ideologici loro, ritengono che proibire sia il modo migliore per controllare i fenomeni sociali. Preferiscono far finta di non vedere le condizioni criminali in cui versano le vittime della tratta e della riduzione in schiavitù. Predicano l’astinenza e… ma qui meglio che non dica altro. Ma il punto è che anche la sinistra italiana, da Vendola al Pd, non è culturalmente attrezzata”.


E se lo conferma anche quello straordinario “papa laico” della sinistra che è Dario Fo, il tema, si può star certi, c’è tutto: “La sinistra questi temi li ha sulla punta della lingua ma alla fine non esce nulla. E’ una storia antica, dalle lotte sul problema delle droghe minime e tante altre questioni sulle quali il partito comunista che fu e il PD adesso è sempre stato lento. Lento nel prendere sul serio i problemi sociali, lento nel vagliare e produrre possibili soluzioni.

Il termine che mi viene in mente è flaccico, conservatore. Penso che le forze migliori della sinistra dovrebbero essere oggi le prime a sollevare il dibattito e proporre una vera inchiesta nazionale con esperti, professionisti del sesso, studiosi, dati. E poi impegnarsi a tirare le somme e le soluzioni, elaborare una sua proposta. Ma certo non vorrei una Milano come Amsterdam con le vetrine del sesso esposte in strada”.

IL VUOTO A SINISTRA
Se una reticenza a sinistra esiste nel trattare certi temi e uscire allo scoperto con proposte proprie, è oggi più che mai visibile. Da quando cioé ha ricevuto il mandato a governare alcune impotanti città italiane, rispolverando per altro una parola impegnativa e antica come ‘rivoluzione’. E’ su questo terreno che il dibattito oggi diventa interessante per davero. I Radicali ripetono il refrain, pungolano con nomi e congnomi: “La sinistra di oggi, dal Pd a Vendola, non è culturalmente attrezzata per rispondere”. Al suo interno – questa la tesi – da quarant’anni si consuma uno scontro sotterraneo. Si saldano la sinistra ex comunista storicamente meno attenta ai diritti della persona e quella cattolica che fa problemi di morale. La parte più liberal, socialista e pragmatica che si ispira ai paesi anglossassoni per trovare ispirazione ne viene soffocata. “Negli anni Settanta – dice Staderini – succedeva proprio così: si proponevano i temi dell’aborto, della contraccezione, delle droghe e del divorzio e la sinistra massimalista rispondeva che l’urgenza era tutta su altri temi, sui diritti del lavoro, sull’unità sindacale che si andava costruendo. Quello era l’orizzonte decisivo… Così il dibattito sui temi della legalizzazione e dei diritti individuali veniva sistematicamente rimosso e le voci dell’area liberale soffocate sul nascere appena rivendicassero una prospettiva diversa, che affrontasse questi temi in modo non ideologico, prendendo atto di un fenomeno sociale che non si risolve con proibizione e repressione ma con il loro contrario, legalizzandolo e consentendo allo Stato di disciplinarne i limiti e di sottrarre terreno alla criminalità”.

A ben guardare di legalizzazione in effetti non parlano né i programmi del Pd né quelli di Sel. Proposte nuove non ce ne sono. La sinistra ha un’idea chiara da proporre? “Al momento no, la sinistra deve elaborare una proposta ma è molto difficile fare una sintesi delle diverse anime su problemi tanto delicati”, ammette il responsabile nazionale dei Diritti Monica Cerutti (Sel). “C’era stato un tentativo di promuovere l’auto-organizzazione dei sex workers con il ministro Turco ma non se n’è fatto più nulla. Certo – apre la Cerruti – forse sperimentazioni come quelle proposte a Napoli si potrebbero fare ma serve una legge nazionale e in ogni caso non possono essere ridotte a dei ghetti”. Più o meno le ragioni usate dalla destra e dal mondo cattolico, quando accettano il confronto sul tema. Di lì, non ci si muove.

E il Partito Democratico? “Non se ne parla nemmeno”. Appunto, non se ne parla nemmeno. Per la capogruppo Affari sociali alla Camera Margherita Miotto “come regolare la prostituzione per il Pd non è una priorità nazionale. Non credo neppure sia necessario fare una nuova legge contro la prostituzione. Il fenomeno colpisce certe città e lì può essere contenuto come fanno i sindaci e i servizi sociali”. Parole che contrastano con i dati che vedono la fabbrica delle lucciole, dopo la mafia e la droga, come terza industria del Paese (70mila “addette”, il 65% in strada). Ma davvero le priorità nazionali del Pd sono ridotte alla legge elettorale, alle primarie e alle alleanze? “No calma, Bersani ha presentato 15 giorni fa il documento di intenti con le priorità del Paese che sono frutto di altrettanti documenti corposi votati dalla segreteria nazionale sui temi del lavoro, della politica estera, delle riforme costituzionali. Abbiamo affrontato quello sui diritti civili ma non abbiamo votato il capitolo sulla prostituzione perché abbiamo ritentuto che non fosse una priorità assoluta del Paese”. Dunque si, il tema della prosituzione e dei diritti e delle regolazioni resta fuori dall’agenda di governo. Anche chi potrebbe ribaltarla da una prospettiva più riformista non sembra però avere più intenzione di così.

Il sindaco Matteo Renzi si prepara a contendere la leadership nazionale e il ruolo di premier, ma il portavoce spiega che “Matteo lo ripete da tempo, a Firenze non c’è un problema di emergenza prostituzione. Il fenomeno c’è in città ma limitatamente alla via Forlanini, vicino alla nuova università. Ce l’hanno soprattutto i comuni intorno, Calenzano per le nigeriane, Pontassieve per le slave… Infatti nessuno finora ci ha mai posto il problema di un quartiere a luci rosse o altro”. E poco importa se Renzi, da candidato premier, dovrà rispondere anche alle istanze di città che il problema ce l’hanno eccome. Molti degli interpellati a sinistra sbuffano o riattaccano. Alcuni si parano dietro grandi discorsi intorno all’educazione degli uomini, al problema culturale. Peccato che la legge che doveva istituire corsi sull’educazione sessuale a scuola è ferma in Parlamento dal 1975. Non era una priorità del Paese.

3 Comments

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