Una nuova verità sulla fine di Dettori

Una nuova verità sulla fine di Dettori

Inchiesta per omicidio sulla morte del colonnello Marcucci: investigava sulle confidenze fatte dal maresciallo di Pattada

 

banner_nuova_sarddi Piero Mannironi

SASSARI

Si è aperto uno spiraglio. Una piccola, ma preziosa speranza di verità. La magistratura di Massa ripercorrerà i 26 anni di dubbi e di tormenti dei familiari del maresciallo dell’Aeronautica militare Mario Alberto Dettori, di Pattada, trovato impiccato a un albero il 30 marzo 1987, vicino al greto del fiume Ombrone, nel Grossettano. Dettori aveva solo 38 anni.

La procura della Repubblica di Massa, dopo un esposto presentato dall’associazione Rita Atria, ha infatti deciso di aprire un fascicolo sull’incidente aereo nel quale, il 2 febbraio 1992 a Campocecina, perse la vita l’ex colonnello dell’Aeronautica Alessandro Marcucci. L’ipotesi di reato è quella di omicidio. «Non è un atto dovuto – ha detto il procuratore Aldo Giubilaro – ma la convinzione che nelle precedenti indagini ci sono elementi incongruenti e contraddittori tutti da verificare».

Ma che cosa lega Marcucci a Dettori, perché la riapertura delle indagini su quello stranissimo incidente aereo può riscrivere anche la storia del “suicidio impossibile” di Mario Alberto Dettori? Sandro Marcucci era un ufficiale brillante e capace. Aveva aderito al movimento che si era costituito all’interno delle forze armate per “democratizzare” l’universo chiuso delle stellette. Ma era soprattutto un uomo che stava indagando con discrezione sulla strage di Ustica insieme all’amico e collega Mario Ciancarella. La loro fonte, l’uomo che li aveva contattati, insinuando il terribile sospetto che il Dc9 Itavia Bologna-Palermo il 27 giugno 1980 non fosse precipitato per un cedimento strutturale, ma nei cieli di Ustica si fosse trovato al centro di uno scenario di guerra, abbattuto da un missile aria-aria. Dettori era radarista nella base di Poggio Ballone, vicino a Grosseto, ed era di turno la sera del 27 giugno di 33 anni fa. Vide quindi tutto. Per lui quei punti luminosi sugli schermi che saettavano intorno al Dc9 non avevano segreti. Quando la mattina dopo tornò a casa, era agitatissimo. Con la moglie e la cognata si fece sfuggire solo alcune frasi che però facevano intuire il dramma di un uomo perbene che sentiva un segreto spaventoso devastargli la coscienza. «Tornò a casa stravolto. Alberto aveva visto tutto sul radar e aveva dato l’allarme. Qualcuno lo picchiò e gli disse “fatti i cazzi tuoi”». È questo il ricordo ancora vivo di quella tragica mattina del 28 giugno del 1980 della cognata di Dettori, Sandra Pacifici. E la stessa mattina, alla moglie, Dettori disse: «Stanotte è successo un casino, qui finiscono tutti in galera. Siamo stati a un passo dalla guerra».

Ma quel segreto era troppo grande per restare sepolto nella sua memoria. Era un qualcosa che lo indignava e lo corrodeva dentro. Mario Alberto Dettori tre giorno dopo telefonò allora al capitano Mario Ciancarella. Lo aveva conosciuto qualche anno prima a una riunione dei “militari democratici” e nutriva una grande fiducia in lui.

Così oggi ricorda quella telefonata Ciancarella che, dopo essere stato radiato dall’Arma azzurra, fa il libraio: «Dettori era agitato. Mi disse subito: “Siamo stati noi a tirarlo giù, capitano, siamo stati noi. Parlava del Dc9 dell’Itavia finito nel mare di Ustica con 81 persone a bordo. Alle mie domande rispose: “Ho paura, capitano, non posso dirle altro al telefono. Qui ci fanno la pelle».

Ma tre settimane dopo, quando venne ritrovato il Mig 23 libico sui monti della Sila, Dettori richiamò Ciancarella. Questa volta era calmo, lucido. «Mi disse che la storia del Mig era una puttanata – dice Ciancarella -. Poi mi diede tre spunti sui quali indagare: comandante, si guardi gli orari degli atterraggi dei jet militari la sera del 27 giugno, i missili a guida radar e quelli a testata inerte. Poi non lo sentii più».Ciancarella parlò con l’amico Marcucci che, sfruttando le sue conoscenze, cominciò anche lui a indagare sui segreti di Ustica. Un giorno disse a Marcucci che il Mig libico trovato sulla Sila era decollato dalla base italiana di Pratica di Mare e di conoscere due militari che sapevano tutto ed erano disposti a parlare con il magistrato che conduceva l’inchiesta.

Dettori fu trovato impiccato nel marzo del 1987 e Marcucci morì in uno stranissimo incidente aereo in Toscana nel ’92.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Si è aperto uno spiraglio. Una piccola, ma preziosa speranza di verità. La magistratura di Massa ripercorrerà i 26 anni di dubbi e di tormenti dei familiari del maresciallo dell’Aeronautica militare Mario Alberto Dettori, di Pattada, trovato impiccato a un albero il 30 marzo 1987, vicino al greto del fiume Ombrone, nel Grossettano. Dettori aveva solo 38 anni.
La procura della Repubblica di Massa, dopo un esposto presentato dall’associazione Rita Atria, ha infatti deciso di aprire un fascicolo sull’incidente aereo nel quale, il 2 febbraio 1992 a Campocecina, perse la vita l’ex colonnello dell’Aeronautica Alessandro Marcucci. L’ipotesi di reato è quella di omicidio. «Non è un atto dovuto – ha detto il procuratore Aldo Giubilaro – ma la convinzione che nelle precedenti indagini ci sono elementi incongruenti e contraddittori tutti da verificare».
Ma che cosa lega Marcucci a Dettori, perché la riapertura delle indagini su quello stranissimo incidente aereo può riscrivere anche la storia del “suicidio impossibile” di Mario Alberto Dettori? Sandro Marcucci era un ufficiale brillante e capace. Aveva aderito al movimento che si era costituito all’interno delle forze armate per “democratizzare” l’universo chiuso delle stellette. Ma era soprattutto un uomo che stava indagando con discrezione sulla strage di Ustica insieme all’amico e collega Mario Ciancarella. La loro fonte, l’uomo che li aveva contattati, insinuando il terribile sospetto che il Dc9 Itavia Bologna-Palermo il 27 giugno 1980 non fosse precipitato per un cedimento strutturale, ma nei cieli di Ustica si fosse trovato al centro di uno scenario di guerra, abbattuto da un missile aria-aria. Dettori era radarista nella base di Poggio Ballone, vicino a Grosseto, ed era di turno la sera del 27 giugno di 33 anni fa. Vide quindi tutto. Per lui quei punti luminosi sugli schermi che saettavano intorno al Dc9 non avevano segreti. Quando la mattina dopo tornò a casa, era agitatissimo. Con la moglie e la cognata si fece sfuggire solo alcune frasi che però facevano intuire il dramma di un uomo perbene che sentiva un segreto spaventoso devastargli la coscienza. «Tornò a casa stravolto. Alberto aveva visto tutto sul radar e aveva dato l’allarme. Qualcuno lo picchiò e gli disse “fatti i cazzi tuoi”». È questo il ricordo ancora vivo di quella tragica mattina del 28 giugno del 1980 della cognata di Dettori, Sandra Pacifici. E la stessa mattina, alla moglie, Dettori disse: «Stanotte è successo un casino, qui finiscono tutti in galera. Siamo stati a un passo dalla guerra».
Ma quel segreto era troppo grande per restare sepolto nella sua memoria. Era un qualcosa che lo indignava e lo corrodeva dentro. Mario Alberto Dettori tre giorno dopo telefonò allora al capitano Mario Ciancarella. Lo aveva conosciuto qualche anno prima a una riunione dei “militari democratici” e nutriva una grande fiducia in lui.
Così oggi ricorda quella telefonata Ciancarella che, dopo essere stato radiato dall’Arma azzurra, fa il libraio: «Dettori era agitato. Mi disse subito: “Siamo stati noi a tirarlo giù, capitano, siamo stati noi. Parlava del Dc9 dell’Itavia finito nel mare di Ustica con 81 persone a bordo. Alle mie domande rispose: “Ho paura, capitano, non posso dirle altro al telefono. Qui ci fanno la pelle».
Ma tre settimane dopo, quando venne ritrovato il Mig 23 libico sui monti della Sila, Dettori richiamò Ciancarella. Questa volta era calmo, lucido. «Mi disse che la storia del Mig era una puttanata – dice Ciancarella -. Poi mi diede tre spunti sui quali indagare: comandante, si guardi gli orari degli atterraggi dei jet militari la sera del 27 giugno, i missili a guida radar e quelli a testata inerte. Poi non lo sentii più».Ciancarella parlò con l’amico Marcucci che, sfruttando le sue conoscenze, cominciò anche lui a indagare sui segreti di Ustica. Un giorno disse a Marcucci che il Mig libico trovato sulla Sila era decollato dalla base italiana di Pratica di Mare e di conoscere due militari che sapevano tutto ed erano disposti a parlare con il magistrato che conduceva l’inchiesta.
Dettori fu trovato impiccato nel marzo del 1987 e Marcucci morì in uno stranissimo incidente aereo in Toscana nel ’92.

2 Comments

  1. manca la data del pezzo

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