M5S: qualcosa si muove

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di Luca Sappino

Oggi il “restitution day” dei parlamentari, ma adesso il MoVimento vuole iniziare anche a far politica vera, non solo con proposte di legge ed emendamenti. Ad esempio, trattando con Sel per impedire l’elezione della Santanchè alla vicepresidenza della Camera, coinvolgendo anche la sinistra Pd

banner_espressoLi ha fatti penare, è stato rimandato più volte, ma alla fine è arrivato: oggi è il Restitutionday e i parlamentari del Movimento 5 stelle restituiscono la parte eccedente delle loro indennità, rispetto a quanto si sono riconosciuti al momento della candidatura, e la quota delle diarie che non sono state spese né rendicontate. Totale? «Più di un milione e mezzo di euro», assicurano dallo staff della comunicazione, «che tornerà nelle tasche dei cittadini», e precisamente nel fondo di ammortamento del debito pubblico. In due mesi e mezzo di legislatura, non è poco. Lo spread non scenderà per questo, ma il gesto potrà – a ragione – cancellare gli inciampi e le polemiche più recenti. La cifra esatta sarà scritta su un maxi assegno che deputati e senatori esibiranno, sorridenti, davanti alla Camera. Appuntamento alle 17.30, per la foto di gruppo. Ma senza Grillo.

Pazienza per gli assenti, per chi ha lasciato il gruppo. «Tanto» ripetono i 5 stelle «se ne sono andati tutti proprio quando era il momento di rinunciare ai soldi. Ognuno con la sua buona scusa pronta», e pazienza se qualcuno (come il deputato Adriano Zaccagnini) i soldi li ha lasciati comunque, prima di girare i tacchi e andarsene nel gruppo misto, lamentandosi solo della scarsa democrazia interna, dello strapotere di Grillo, del clima «aziendalista».

«I miei soldi mica è giusto che li mettete nel conto vostro però!», scherzava infatti, ieri, proprio Zaccagnini con Rocco Casalino, uno degli uomini comunicazione dei 5 stelle. I suoi soldi ci saranno, invece, così come quelli degli altri eletti, a prescindere che si siano dimostrati grandi risparmiatori o che si siano concessi qualche spesa in più. C’è chi ha versato quasi tutto, oltre 20 mila euro, come la senatrice Giovanna Mangilli (che appena eletta rimise il suo mandato al meet up locale, e quindi ha saltato le prime settimane di aula), e chi invece si è assicurata un piazzamento «nella media», come dice di sé la deputata Francesca Businarolo, l’antiSantanché, la candidata del Movimento alla vicepresidenza della Camera, poltrona prima occupata da Maurizio Lupi.

E proprio Businarolo peraltro, con la sua sfida alla pitonessa del Pdl, è coprotagonista di un retroscena che, con l’avvento del Restitutionday e la fine (o quasi) delle polemiche sulle rendicontazioni, potrebbe aprire una nuova fase del percorso istituzionale del Movimento. Proprio quando i toni di Grillo si accendono, infatti, la sua truppa parlamentare «sta crescendo», ammette Businarolo, e comincia a parlare con il resto del mondo. Con Sel di Nichi Vendola, soprattutto, con cui si sono incontrati in questi giorni per arginare l’elezione di Daniela Santanché. «Lo abbiamo sempre fatto, abbiamo sempre dialogato sul merito delle battaglie con tutti, destra e sinistra, spesso in commissione, stupendoli peraltro con le nostre idee e il nostro lavoro», continua l’antiSantanché, riconducendo la dinamica nella normalità con il must del Movimento: «Rimaniamo della linea che non ci alleiamo con nessuno», dice puntuale, durante l’intervista, sotto gli occhi vigili di tre membri dello staff di comunicazione.

Giulio Marcon, però, deputato civico di Sel e anche lui candidato alla carica che fu di Lupi, poco dopo che Pd e Pdl hanno deciso di rimandare la vicenda (forse a settembre), racconta qualcosa di diverso: «Erano pronti» dice Marcon «a votare per me. Se fossimo andati al voto, avremmo calato il mio nome come candidatura condivisa, a quel punto assai ghiotta per molti colleghi del Pd».

Era l’asso nella manica, Marcon: «Il mandato per tutti, però, era di non dire nulla prima del voto, per non allertare ancora di più la maggioranza». Ma l’accordo c’era ed era stato trovato con due 5 stelle per nulla critici, Luigi Di Maio e Roberto Fico. Si sarebbe concretizzata così, per la prima volta, la famosa maggioranza alternativa, quella sognata da molti elettori quando in streaming andava in onda un dialogo tra sordi, e quella evocata da Bersani poche settimane fa.

 

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