Graziano, Perché?

controbuioNon ci si conosce mai abbastanza. Ancora dopo la notizia divulgata coram populo in tempo reale sulla rete, ero convinto ci fosse qualcosa di poco chiaro in questa cattura del nuovo Graziano Mesina. Un Graziano che, più andavo avanti con la lettura delle motivazioni che lo hanno ricacciato in carcere, più capivo di non conoscere. L’unica cosa di cui sono contento e che papà Mario non ci sia più, perché davvero non avrei saputo come spiegarglielo e, comunque, non avrebbe capito. Noi abbiamo conosciuto e voluto bene ad un altro Mesina. Quello che emerge dalle accuse, il Mesina che estorce, che minaccia figli ed esistenza di chi ritarda i pagamenti, che manovra da boss delle peggioro soap dell’avanspettacolo a vagonate quella merda della cocaina e che traffica in armi, sequestri e quant’altro possa procurare denaro e potere a costo di immani contorsioni etiche ed umane; questo individuo per me non è Graziano. Adesso che la strada giudiziaria sua e dei suoi rinnovati sodali sembra segnata da un percorso nient’affatto dignitoso e giustificabile, adesso tutto mi sembra così strano, così inutilmente vissuto. Ai miei perché non trovo alcuna risposta. Ho letto persino che da qualche parte, nei verbali si sarebbe fatto il mio nome. Anzi qualcuno, e non certo di fuoco amico, ha già provveduto a sparpagliarlo ai quattroventi. Il Giornale berlusconiano per esempio  ha già scritto: “La droga che gli procura fa schifo – scrivono i carabinieri – è di pessima qualità. «Tutta roba che non valeva, era da buttare», ringhia Mesina. Che, a un certo punto, osservano gli inquirenti, medita il grande salto. Come? Mettendosi direttamente in contatto coi grandi narcos sudamericani. Ha già il passaporto in tasca, s’è pure informato sul costo della sostanza («dice che lì la vendono a 5mila euro al chilo», sussurra un complice). E per i viaggi in Sudamerica, ha pensato pure a un alibi di ferro. I viaggi transoceanici, annota il gip, «che non sarebbero certo passati inosservati, egli contava di giustificarli con visite ad un amico, il fotografo Antonello Zappadu (quello degli scatti nella villa di Berlusconi a Villa Certosa, ndr) che si era trasferito in Colombia». Ma il progetto naufragherà.” E così anche L’Unione Sarda, altro giornale con me non certo tenero: “Il giudice si sofferma su un episodio in particolare: quando la banda progettava di importare cocaina dal Sud America, Francesco Piras e Raimondo Crissantu erano contrari al fatto che Mesina si esponesse personalmente ( voi siete noto ovunque, se vi vedono girando… ). Mesina contava, però, di giustificare quei viaggi con visite a un amico, il fotografo Antonello Zappadu, che si era trasferito in Colombia. E quelli, ammirati, commentarono che il loro capo non aveva certo paura ad andare di persona a trattare da pari a pari coi boss latino-americani.”

Non sono preoccupato del fatto che, anche nelle tue scorribande in questo orrendo scenario della tua nuova esistenza, abbia potuto pensare di utilizzare la nostra amicizia per “giustificare” magari qualche viaggio per altri scopi  a me inconfessabili, in casa mia e nella mia Colombia. Questo, anche se difficile da capire a molti, fa parte del nostro modo di intendere l’amicizia, sono sicuro che non avresti mai potuto farmi o coinvolgermi in niente di male, avresti saputo tutelarmi da qualsiasi danno collaterale. Lo so, proprio perché ci sono cose che per noi sardi vanno al di là di qualsiasi altro interesse. Cionondimeno, sai benissimo che in questo sporco gioco a chi fa meglio il Padrino non mi avresti mai potuto trovare d’accordo né tanto meno complice. Anche per questo, evidentemente, non me ne hai mai parlato. Quello che, invece, mi fa stare male, malissimo è non capire, non capirti. E da amico che mai si sarebbe aspettato questo epilogo della tua esistenza, te lo chiedo con il cuore in mano, da fratello: Graziano, Perché? Tuo Antonello.

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