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IL ROMANZO DELLA SUPERANONIMA
di FRANCESCO BASSI
GIORNALISTA

 

MA I LADRI RUBARONO L'AUTOMOBILE DEI BANDITI
Il sequestro di Pupo Troffa / primo atto

 

 

Da oscuro possidente ad organizzatore di sequestri. Luciano Gregoriani il pentito del banditismo sardo aveva cercato di crearsi una posizione diversa da quella che tra pochi mesi lo porterà come primattore in corte d'Assise. Aveva deciso di fare, professione non inusuale in Sardegna, l'auto trasportatore. Gli era andata male. Ed aveva alle spalle un fallimento quando, per la prima volta, la polizia incomincio a pensare a lui come ad uno dei componenti di quella Superanonima che in un paio di anni avrebbe collezionato otto rapimenti girovagando per l'Isola alla ricerca di buoni bersagli. Gli agenti della Criminalpol gli avevano "tagliato i panni addosso" frugando nei suoi conti in banca. Avevano stabilito che nel giro di cinque mesi (mentre capi e vicecapi della polizia sbarcavano a giorni alterni ad Olbia per cercare di capire che fine facevano i turisti; presi, rilasciati, ripresi) aveva speso almeno una sessantina di milioni in modo per così dire "voluttuario". Aveva regalato alla moglie una "132" (poco meno di nove milioni), si era comprato un pezzetto di terra a Santulussurgiu (sul contratto del notaio c'era scritto trecentomilalire) ed aveva sborsato più di cinquanta milioni per una pala meccanica. Per di più aveva casa (due piani più cortile). Oscuro e ricco. Troppo ricco per non insospettire i carabinieri che lo avevano visto, al volante della sua "l32" appena uscita di fabbrica, seguire la macchina degli emissari che stavano per consegnare il mezzo miliardo di riscatto per i fratelli Giorgio e Marina Casana. Per di più aveva amicizie scottanti. Come quella che lo legava a Salvatore Fais, un ragazzo abbastanza chiacchierato in paese e di cui si erano perse le tracce dopo che era stato spedito al soggiorno obbligato in Calabria.

Ma l'amicizia che convinceva meno era forse quella stretta con Salvatore Coinu, proprietario terriero ed allevatore di Fonni con interessi nel l'Oristanese che spaziava dall'allevamento del bestiame alla custodia dei proventi del rapitori . Un uomo pieno di iniziative che, secondo il giudice istruttore, deve farsi perdonare non soltanto il sequestro Casana ma anche quello del commerciante sassarese Pupo Troffa, l'uomo che per più tempo restò segregato in attesa della libertà.

Sequestrato il 3 novembre del 1978, Troffa era in "odore di miliardi" e, stando al racconto di Gregoriani, Salvatore Coinu aveva incominciato ad imbarcarsi in imprese di sequestri proprio facendo diventare "puliti" al prezzo di un normale cambiavalute) i soldi che gli erano toccati dopo la divisione del riscatto. Racconta Gregoriani: "Per quanto riguarda i soldi ricevuti come mia parte per il riscatto Troffa, mi rivolsi a Salvatore Coinu per farmene cambiare una parte. Mi aveva detto di conoscere un impiegato di banca a Nuoro che era in grado di riciclare i soldi sporchi di sequestri purché non si trattasse di somme molto elevate".

E continua: "Disse di non volere niente per sè, ma chiese una percentuale del dieci per cento per I impiegato dell' Istituto di credito". Una tesi che il "cambiavalute" di Fonni (consegnatosi ai carabinieri nel novembre del 1980 contesta decisamente. È disposto a riconoscere di aver preso parte al sequestro Casana e di aver avuto per le mani riscatto che, dice, gli è stato in gran parte rubato dal cavo di un albero dove lo aveva nascosto. Rifiuta però qualunque collegamento con il sequestro Troffa. Al giudice, cui ha promesso di far ritrovare i settanta milioni che gli erano toccati per aver pensato e condotto il rapimento dei due fratelli torinesi, spiega: "Per quanto riguarda il riciclaggio del denaro del sequestro Troffa, faccio presente che il Gregoriani non mi confido mai di aver partecipato a tale sequestro. Del pari non mi chiese di cambiargli dei soldi, per cui escludo di avere almeno coscientemente, effettuato tale cambio. Non posso invece escludere che Gregoriani mi abbia dato, senza farmelo sapere, denaro proveniente da tale riscatto". Un riscatto (ottocento milioni) ottenuto dopo numerosissime peripezie e dopo che la banda, per un disaccordo tra i fuorilegge, aveva rischiato di spezzarsi tanto da dividersi in due gruppi che trattavano autonomamente la vita dell'ostaggio sballottato per sei mesi da una parte all'altra della Sardegna. Un sequestro "pensato da tempo". I primi tentativi di rapirlo risalgono nel periodo "a cavallo tra la fine di giugno ed il settembre del 1978 e secondo il progetto originario &endash; come dice Gregoriani - prevedeva che l'ostaggio sarebbe stato consegnato a latitante Antonio Crivelli", il fuorilegge che fu ucciso il 14 settembre dello stesso anno durante uno scontro a fuoco con i carabinieri a "Sa Serra", nelle campagne di Nuoro. La "superanonima" aveva fatto le cose in grande. Soliti appostamenti e controlli, d'accordo. Ma per portar via Pupo Troffa ("il progetto di rapirlo era insorto da molto tempo dopo esser venuti a conoscenza delle notevolissime possibilità finanziarie dell'industriale sassarese") i banditi si erano addirittura trasformati in lavoratori della terra. Siamo nell'estate del 1978 e l'ipotesi di sequestro incomincia prendere corpo. Gregoriani ha stretto alleanze con Mario Ladu, autonoleggiatore di Sarule e con Antonio Felline, entrambi coinvolti sia pure marginalmente nella tragica vicenda di Puccio Carta, sequestrato ed ucciso. I tre - racconta Gregoriani &endash; fanno un sopralluogo nei e pressi dello stabilimento di Troffa.

Devono "ricoprire di terra la cunetta che separava il piazzale antistante il capannone dello stabilimento dalla "superstrada" e ciò al fine di facilitare l'eventuale fuga con l'ostaggio dopo il rapimento. Con quell'accorgimento sarebbe stato possibile immettersi immediatamente sulla strada statale senza la necessita di fare giri viziosi". Preparato il "terreno" e pronta anche la macchina per porta via l'ostaggio.

Una "Alfetta" rubata mentre era parcheggiata nei pressi di un ristorante a

"Putzu Idu" vicino ad Oristano. Una macchina veloce e "ben equipaggiata": il proprietario vi aveva lasciato dentro due fucili da caccia uno dei quali avrebbe rivisto la luce su quello scoglio di Capo Pecora dal quale sarebbero stati portati via i fratelli Casana. Lo imbracciava uno dei sei banditi impegnati in una operazione decisamente fuori dai canoni della criminalità sarda. C'e due la macchina. È stata nascosta nella villetta dell'amante di Antonio Felline (Elsa Sotgia) a Platamona. Ma i fuorilegge si imbattono in gente più abile di loro se e vero (lo dice sempre Gregoriani) che improvvisamente, proprio quando sono pronti a tentare l'assalto allo stabilimento dei Troffa, si ritrovano appiedati. Felline telefona a Gregoriani: "La macchina è sparita. O ce l'hanno rubata oppure l'ha portata via la polizia". Senza saperlo, Pupo Troffa, può trascorrere l'estate in pace. Un "topo d'auto" lo ha fatto scampare per il momento dalle mani dei banditi. Rinunciato all'ostaggio sassarese, Gregoriani si preoccupa di tenere impegnata la sua banda di cui attraverso le pagine della sentenza di rinvio a giudizio firmata dal dottor Luigi Lombardini, ci fa fare conoscenza. Dagli atti: "Il Gregoriani, resosi conto della gravita degli elementi di prova raccolti a suo carico, finiva per rendere completa confessione e chiamava in correità per quanto atteneva al sequestro dell'industriale sassarese:

1) Antonio Felline che aveva avuto occasione di conoscere mentre era in corso il sequestro di Luca Locci.

2) L'amante del Felline, a nome Lisa, che veniva indicata come una donna separata dal marito, con due figli di cui una si chiamava Sabrina, di circa trentacinque anni che lavorava nel campo delle assicurazioni ed abitava in una villetta presa in affitto nella zona di Platamona.

3) Gonario Muscas, di Sarule, presentato a Luciano Gregoriani da un parente di Francesco Porcu, imputato nel sequestro Casana.

4) Salvatore Cadeddu, di Sarule, presentato da Gonario Mulas.

5) Giuseppe Mureddu, pastore dl Lodine.

6) "Daniele" di Orgosolo (poi identificato per Daniele Mulas), autotrasportatore.

7) Gonario Mureddu, di Sarule, proprietario di un camion, grosso di corporatura e stempiato. Sui 40 anni.

8) Giovanni Costa, nuorese, cognato del "Daniele", implicato in altre vicende giudiziarie.

9) Paolo Mereu, noto "Pauleddu" nipote del latitante Antonio Crivelli.

10) Mario Ladu, titolare di un autonoleggio a Sarule.

11) Mario Marcello, proprietario di un biscottificio a Gavoi.

12) "Pietro di Orune", un pastore proprietario di due ovili che sarà poi identificato per Pietro Ruju.

13) Il latitante Gonario Carta di Orgosolo, ucciso, anni dopo, in un conflitto a fuoco nelle campagne di Sedilo.

14) Pietrino Carta, nipote di Gonario che fa da emissario per La famiglia.

15) Salvatore Cassitta, condannato e ricercato per l'omicidio di Puccio Carta.

16) Peppigheddu Mereu di Ula Tirso.

17) Salvatore Fais, lo "Speedy Gonzales" di Marina Casana.

La "sequestri spa" di Gregoriani e più deve dunque rinunciare per il momento ad "occuparsi" di Pupo Troffa. Ma per non lasciare i suoi "azionisti" con le mani in mano, Luciano Gregoriani pensa ad rapimento "alternativo". Quello di Antony Hubert Cassel Eokezjuski, un personaggio che non verrà sequestrato (ma ci proveranno) e di lui non si saprebbe assolutamente niente se il "pentito" del banditismo sardo non lo collocasse tra le sue memorie. Di far finire Cassel in una grotta del Supramonte comunque per ora non si parla. Il progetto resta quello sassarese. Ed i fuorilegge si riuniscono a Nuoro per un "summit".

Ai "lavori" partecipano (con Luciano Gregoriani) Gonario Mulas, Salvatore Cadeddu, Mario Ladu, Mario Marcello, Gonario Mureddu e "Daniele" che si unisce alla compagnia proprio in quella occasione. Davanti ad un tavolo si decide chi saranno i prescelti per effettuare materialmente il rapimento. Non senza qualche discussione si forma il "commando": sei uomini ed una donna.

Con Gregoriani, agiranno Giuseppe Mureddu, Salvatore Cadeddu, Gonario Mulas, "Daniele", Antonio Felline e la sua amante Elsa Soggia.

Ci sono gli esecutori materiali c'è il piano (ampiamente modificato rispetto al precedente: stavolta la cattura dell'ostaggio prevista in piena Sassari e non alla periferia della città) ma manca la macchina perché la "giulietta" è stata rubata. Bisogna darsi da fare per trovare qualche altro mezzo di trasporto. E mentre sta arrivando l'autunno, i banditi si preoccupano di procurarsi nuovi "ferri del mestiere".

Rubano una "128", targata Roma, ed un furgoncino targato Genova, che si preoccupano dl camuffare ridipingendolo parzialmente. Felline vorrebbe trasformarlo in una falsa auto della polizia: così quando va a Genova per acquistare un po' d'armi si fa consegnare anche un lampeggiatore, di quelli in dotazione alle forze dell'ordine. Sembra una buona idea ma il "summit" della banda gliela boccia. Così il lampeggiatore finirà sotto terra, nel giardino di Gregoriani a Santulussurgiu e i carabinieri lo ritroveranno dopo qualche anno.

Messa da parte la macchina ed il furgone per la fuga, ci sono ben pochi altri "adempimenti" da compiere. Stretti gli ultimi accordi, si attende il 2 di novembre per far scattare il piano. Ma c'è un nuovo intoppo: Felline non si presenta all'appuntamento.

Si scusa con Gregoriani spiegandogli che non aveva potuto raggiungerlo perché impegnato nel trasloco da Nuoro a Sassari. Bisogna ancora rinviare e Pupo Troffa può godere di altre ventiquattro ore di tranquillità.

La data definitiva per il 3 novembre.

Dalla sentenza di rinvio a giudizio: "Dopo aver spiato per tutto il pomeriggio i movimenti del Troffa, Gregoriani ed i complici si erano portati nei pressi della di lui abitazione. Lo stesso Gregoriani alla guida dell'autofurgone, nell'interno del quale si trovavano le maschere, le armi e gli stessi malviventi. Il Felline con la donna a bordo di un'altra autovettura: o la "Fiat 128" targata Roma oppure la "127" presa a nolo dalla "Maggiore". Una di queste ultime due vetture era stata lasciata parcheggiata all'uscita della città in località "Scala di Ciocca". Questa volta e davvero tutto pronto. Il commerciante Pupo Troffa e uscito da casa per andare giocare a carte al "Circolo sassarese". Dovrebbe tornare, come ogni sera, in torno alle 23. Ad aspettarlo troverà i banditi. Che si sono sistemati in una posizione "strategica". Parcheggiando il furgone "in modo tale da poter vedere subito il Troffa all'atto del rientro a casa". Ed appena il commerciante parcheggia la macchina in garage i malviventi gli sono addosso. Uno gli punta il raggio di una pila sugli occhi, per accecarlo; gli altri lo caricano su grosso automezzo che prende la strada di Sarule. Qui l'ostaggio sarà consegnato al resto della banda che deve preoccuparsi di tenerlo nascosto. Siamo a pochi chilometri dalle campagne in cui cadrà sotto i colpi di fucile dei carabinieri il latitante Gonario Carta. Secondo gli inquirenti quel giorno c'era anche lui a "ricevere" la nuova vittima della "Superanonima" che da poco aveva incominciato a specializzarsi nella più antica forma di reato esistente in Sardegna.

Quasi nello stesso momento in cui Pupo Troffa faceva conoscenza con i suoi "carcerieri", la moglie telefonava alla polizia per denunciarne la scomparsa. Per un caso davvero singolare, il fascicolo di Pupo Troffa era già stato aperto negli uffici della questura di Sassari. Un maresciallo di polizia aveva notato la "128" dei banditi il giorno prima "aggirarsi con fare sospetto nei pressi dell'abitazione dei Troffa, in via Muroni" e ne aveva rilevato sia pure parzialmente il numero di targa. Aveva fatto una "relazione di servizio" che adesso giaceva In un angolo del tavolo del capo della Criminalpol. Il dottor Emilio Pazzi la rigirava nervosamente tra le mani i poliziotti avevano avuto il tempo di evitare un nuovo sequestro di persona ed avevano perso maldestramente l'occasione Il sequestro di Pupo Troffa era il sesto di quell'anno: due degli ostaggi in mano ai banditi, Reiner Besuch e Giancarlo Bussi, non sarebbero mai più tornati a casa.

CONTINUA