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relazione sui sequestri di persona a scopo di estorsione
(Relatore: senatore Pardini)
PARTE SECONDA

 

la criminalità comune

Sequestrare una persona per ottenere dai suoi familiari il pagamento di un congruo riscatto in danaro è un'azione che coinvolge più individui. Sono molte le fasi di un sequestro di persona:
l'ideazione del sequestro;

l'individuazione di chi sequestrare scelto tra persone facoltose che hanno una adeguata disponibilità finanziaria;
la custodia dell'ostaggio per un tempo indeterminato, che può variare da pochi giorni a molti mesi e, a volte, più di un anno;
l'oculata gestione della trattativa usando le necessarie cautele per non essere individuati;
l'attenta ricerca degli intermediari che facciano da collegamento tra i sequestratori e la fami glia della vittima;
le modalità di consegna del denaro che costituisce sempre il momento più delicato dell'intera vicenda;
il rilascio dell'ostaggio.
Tutto ciò implica la partecipazione di più persone, una di visione di compiti, una vera e propria organizzazione in grado di gestire tutte le fasi del sequestro, a cominciare dalla verifica iniziale sulle informazioni fornite dal basista che è una figura mutevole, di difficile individuazione, dalla complessa tipologia.
Il basista sicuramente conosce la famiglia del sequestrato e le sue potenzialità economiche; a volte è un amico di famiglia o un dipendente della vittima; altre volte è un criminale che ha trascorso un periodo di carcerazione con uno che ha già fatto sequestri come è accaduto durante il sequestro di Giuseppe Soffiantini per il quale si è accertato che il basista era di Manerbio, paese del sequestrato, e aveva trascorso un periodo di carcere con Giovanni Moro, noto sequestratore e risultato essere uno degli organizzatori del sequestro di Soffiantini.
Hanno agito, in questo particolare campo della criminalità, organizzazioni di vario tipo, alcune avendo alle spalle altre esperienze criminali in vari campi delinquenziali (omicidi, furti, rapine), altre alle prime armi e con minore esperienza. A questa ultima tipologia appartengono gruppi e bande di criminalità comune.
Sono aggregazioni di uomini che si sono uniti tra loro per commettere generalmente un solo sequestro di persona. Caratteristiche di queste formazioni sono l'occasionalità della organizzazione che si scioglieva una volta portato a termine il sequestro; la relativa facilità da parte degli investigatori ad individuare gli organizzatori dei sequestri; la scarsa professionalità nella gestione di tutte le fasi del sequestro con il conseguente pericolo di vita corso dall'ostaggio. A questo proposito, il prefetto di Milano, dottor Roberto Sorge, ha ricordato due casi di sequestro, quello di Gianfranco Trezzi rapito il 19 settembre 1988 e quello di Luciano Carugo, rapito il 9 marzo 1992, che si sono conclusi con l'uccisione degli ostaggi e la cattura di tutti i responsabili.

Da un documento consegnato ai componenti del Comitato sequestri nel corso dell'audizione del 1° aprile 1998 dal dottor Francesco Fleury, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, risulta che alcuni sequestri in Toscana rientrano nell'ambito della criminalità comune: per il sequestro di Andrea Andrei, rapito a Firenze il 15 dicembre 1977 e liberato due giorni dopo in seguito ad un intervento della polizia, i responsabili furono individuati in alcuni malviventi locali alla loro prima esperienza; per il sequestro di Donatella Tesi, sequestrata il 18 novembre 1981 a Firenze e liberata dalla polizia il 4 gennaio 1982, responsabili risultarono personaggi di malavita comune e locale che in carcere erano entrati in contatto con pastori sardi condannati per sequestro di persona; per il sequestro della piccola Elena Luisi, che al momento del sequestro aveva appena 15 mesi, rapita a Lugliano di Bagni di Lucca il 17 ottobre 1983 e rilasciata il 25 novembre dello stesso anno, i responsabili risultarono sei persone di estrazione borghese e piccolo-borghese
(F. FLEURY e M. L. Dl GRAZIA, Ricerca sui sequestri di persona a scopo di estorsione in Toscana ).
Rientra nel campo delle bande organizzate in modo occasionale e senza alcuna professionalità il caso del sequestro di Patrizia Tacchella, bambina dell'età di otto anni rapita in provincia di Verona il 29 gennaio 1990 e liberata il 17 aprile di quell'anno. I suoi carcerieri erano alcuni piccoli imprenditori piemontesi che avevano organizzato il sequestro nella speranza di risanare le proprie aziende in difficoltà con i proventi del riscatto.