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relazione sui sequestri di persona a scopo di estorsione
(Relatore: senatore Pardini)
PARTE QUINTA

 

la zona grigia del sequestro
di Giuseppe Soffiantini

Negli ultimi anni non sono più stati reclamati episodi di supposto coinvolgimento di 'pezzi' dello Stato nei sequestri, mentre la nostra indagine ha rivelato un altro mondo occulto che, se pure sempre esistito, sin dal momento della introduzione del "blocco dei beni" ha subìto una modifica sostanziale e per certi versi una sua istituzionalizzazione. Ci riferiamo a quel mondo di trattative segrete, di emissari occulti che si presentano immancabilmente in ogni caso di sequestro, soprattutto di matrice sarda. Ancora una volta, per descrivere e cercare di comprendere al meglio questa zona 'grigia' di una indagine per sequestro di persona, abbiamo pensato di ricorrere ad alcuni verbali riportati, quali la magistratura inquirente, in questo caso quella di Brescia, ha registrato relativamente a due episodi verificatisi nel caso del sequestro Soffiantini

Le pagine che seguono sono tratte dal Tribunale di Brescia (GIP R. Spanò),
Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Alghisi Giordano + 1, 1998.

1° Episodio:

A pochi mesi dal momento del sequestro del signor Soffiantini la famiglia tenta di addivenire ad un abboccamento diretto con i rapitori ed in dicembre si stabilisce un contatto di cui Carlo Soffiantini parla durante un verbale reso davanti al P.M. il 20 gennaio 1998.
"A questo punto dell'indagine e della trattativa avviata con i sequestratori, in considerazione anche della concertata strategia di addivenire al pagamento "controllato" del riscatto nelle forme previsto dalla legge, ritengo doveroso riferire a questa A.G. i fatti a mia conoscenza verificatisi successivamente al 18 novembre 1997 fino al giorno 17 gennaio
Il 30 novembre 1997, successivamente agli appelli televisivi letti per nostro conto dall'avvocato Frigo, sono stato contattato da un avvocato che mi ha riferito che era pervenuta una lettera (la nona) manoscritta da nostro padre proveniente dai sequestratori. Detta missiva risultava spedita il 24 novembre 1997 da Firenze e recava il timbro "SST Firenze" uguale al timbro apposto sulla lettera sequestrata il 18 novembre 1997. Nella suddetta nona lettera interamente manoscritta da nostro padre, i sequestratori ammonivano il destinatario della missiva di non parlarne con i familiari e con l'avvocato (intendo credo l'avvocato Frigo). Nella missiva i sequestratori fissavano in 10 miliardi di lire in dollari USA il riscatto per il rilascio di nostro padre e ci invitavano a pubblicare il giorno 5 dicembre 1997 uno specifico annuncio immobiliare sul quotidiano "Il Corriere della Sera".

L'annuncio richiestoci dai rapitori aveva il seguente tenore letterale:
"vendesi nel Piacentino piccola fattoria di nove ettari. Per informazioni telefonare al n. 350306" (trattasi della data di nascita di mio padre che è nato il 6 marzo 1935). La lettera indicava sempre - in due o tre passaggi - la parola "trattative". Per tale ragione, dopo esserci consultati tra noi fratelli, decidemmo di proporre ai sequestratori il pagamento di 5 miliardi.

Il 5 dicembre 1997 pubblicammo quindi sul predetto quotidiano l'annuncio richiestoci dai sequestratori con la seguente aggiunta: "mutuo 50% libera subito" ed aggiungiamo la cifra "5" all'inizio del numero del telefono sopra indicato che risultava inesistente. Il "5" aggiunto significava per noi che l'offerta che intendevamo proporre era di 5 miliardi di lire. L'avvocato che mi aveva informato (non si trattava dell'avvocato Frigo che ho tenuto all'oscuro di tutto) mi aveva raccomandato di non riferire nulla a nessuno dicendomi che il suo cliente, che aveva ricevuto la missiva, non voleva in alcun modo essere coinvolto. Di questa nona missiva posso dire che non c'era alcuna parola d'ordine e credo non vi fosse una prova in vita di nostro padre con data certa. Successivamente al 30 novembre 1997 ci siamo attivati per procurarci la provvista in denaro con alcune operazioni bancarie. Di tali operazioni si è occupato in prima persona mio fratello Giordano, che credo sia fatto aiutare dal signor Ziletti Mario. In totale recuperammo la somma di lire 4 miliardi di cui una parte in dollari USA. Un miliardo di lire custodito nella cassetta di sicurezza della banca San Paolo di Brescia ci è stato sequestrato da questo ufficio. La risposta al nostro annuncio arrivò il 15 dicembre 1997. Fu infatti quel giorno che ricevemmo comunicazione - dallo stesso avvocato di cui ho detto - dell'arrivo della lettera (la decima) spedita dai sequestratori in risposta al nostro annuncio. Detta missiva - datata 6 dicembre 1997 (ma imbucata il giorno 10 dicembre 1997 da Firenze, credo lo stesso Ufficio postale presso il quale erano state imbucate l'ottava e la nona) conteneva la prova in vita di nostro padre costituita dal ritaglio del nostro annuncio economico pubblicato il 5 dicembre 1997 sul Corriere della sera e da un ritaglio della testata del predetto quotidiano recante la data 5 dicembre 1997 con in calce la sottoscrizione di mio padre e la dicitura manoscritta "Grazie di tutto". Nella missiva i sequestratori si lamentavano dicendo che "dall'ambiguità" dell'annuncio immobiliare pubblicato si capiva che il destinatario della nona missiva ci aveva contattato per riferirci tutto. La lettera conteneva inoltre alcune pressanti accuse dirette nei nostri confronti. In poche parole i sequestratori si lamentavano dicendo che eravamo più banditi noi di loro in quanto speculavamo sulla vita di nostro padre. I sequestratori dichiaravano poi di accettare il pagamento della somma offerta nell'annuncio senza specificare né importo né valuta esprimendosi nel seguente modo: "Accettiamo la somma indicata nell'annuncio".

Successivamente i sequestratori indicavano le seguenti modalità per il pagamento del riscatto:

La partenza del percorso veniva fissata a partire dal giorno 12 dicembre 1997 - partenza ore 20.00 da Bologna. Successivamente si elencano i paesi da attraversare: Bologna, Castel San Pietro, Imola, Fiorenzuola, Passo della Futa, Roncobilaccio, Castiglione di Pepoli, Vernio, Vaiano, Prato, Autostrada del Sole fino a Monte Varchi, Radda in Chianti, Castellina in Chianti, Poggibonsi, Colle di Val D'Elsa, Volterra, Saline di Volterra, Empoli, Vinci, Pistoia, La Porrettana, Sasso Marconi. Il mezzo utilizzato per compiere il suddetto percorso avrebbe dovuto essere una Panda 4x4 bianca con due fanali antinebbia supplementari gialli e due biciclette da cross sul tetto. Non veniva specificato il numero dei conducenti. Le ulteriori istruzioni chiedevano di tenere sempre i fari antinebbia accesi e la luce dell'abitacolo interna sempre accesa. Il segnale di stop veniva così descritto: "troverete una bottiglia di Coca cola. A questo segnale prenderete la prima strada a destra o a sinistra sterrata o asfaltata e la percorrerete fino a quando la troverete ostruita da sassi o massi. Scendete dalla macchina; lasciate gli sportelli aperti e fermatevi davanti alla macchina con i fari accesi e le mani alzate". Purtroppo la lettera in questione (la decima) - che risultava spedita sempre da Firenze - ci arrivò con grande ritardo e noi non riuscimmo ad organizzarci per l'esecuzione del percorso prima del giorno 19 dicembre 1997. A partire dal 19 dicembre 1997 nostro cugino Candusso Carlo si recò per la prima volta a fare il percorso che si rivelò massacrante.

A.D.R.: a richiesta della S.V. riferisco che Candusso Carlo non aveva il denaro con sé allorché effettuò il percorso la notte tra il 19 e 20 dicembre nonché la successiva notte tra il 20 ed il 21 dicembre 1997. In nessuna delle occasioni il Candusso vide il segnale di fermata. Solo in occasione di un secondo percorso ha avuto il sospetto che una persona lo stesse osservando stando seminascosta da un cespuglio al lato della strada circa alle ore 1.30 di notte. Ciò si è verificato a tre chilometri da Castellina in Chianti. Successivamente al secondo percorso, effettuato tra il 20 e il 21 dicembre 1997, non è accaduto più nulla. Ricordo in particolare che in occasione del percorso tra il 19 e il 20 dicembre 1997 i fendinebbia gialli della Panda smisero di funzionare dopo pochi chilometri ed il Candusso ebbe l'idea di attivare per tutto il percorso gli Hasards (doppie frecce).

A.D.R.: non ho la disponibilità delle due lettere di cui ho parlato (la nona e la decima) che mi sono solo state esibite da questo avvocato di cui non voglio fare il nome e che si è rifiutato di consegnarmele. Non intendo neppure rilevare il nome della persona che materialmente avrebbe ricevuto le due lettere in questione affidandole all'avvocato di cui ho detto perché mi informasse. Ciò faccio perché ho dato la mia parola a questa persona e del resto ho appreso successivamente che queste due lettere sarebbero state, nel frattempo, distrutte. Ribadisco che questi contatti con i sequestratori non sono avvenuti tramite l'avvocato Frigo in quanto ci siamo occupati noi figli direttamente di tutto quanto.

A.D.R.: non sono a conoscenza delle modalità con le quali mio fratello Giordano ebbe a procurarsi la provvista in denaro che avrebbe dovuto essere utilizzata per pagare il riscatto".

2° Episodio:

In epoca successiva al rilascio del signor Soffiantini, il figlio Carlo si confida con il Dirigente della squadra mobile di Brescia, dottor Mariconda, e rivela alcuni particolari di un ulteriore tentativo di trattativa occulta messa in atto dalla famiglia durante i primi mesi del rapimento del padre. In particolare il dottor Mariconda riferisce di aver saputo da Carlo Soffiantini quanto segue:

1) che nel periodo estivo dell'anno 1997, in un periodo in cui ancora non si conosceva l'identità dei sequestratori, Carlo Soffiantini sarebbe stato avvicinato da persona - di cui non riferiva l'identità - la quale gli avrebbe proposto di consegnare la somma di 500 milioni di lire al generale dell'Arma dei carabinieri Francesco Delfino. Detta somma - a dire del Carlo Soffiantini - avrebbe dovuto essere utilizzata per pagare confidenti del Delfino potenzialmente capaci di risolvere il sequestro;

2) che in epoca immediatamente successiva, Giordano Alghisi, amico della famiglia Soffiantini e destinatario di una delle missive inviate dai rapitori (cfr. supra), avrebbe proposto alla signora Adele Mosconi (coniuge del sequestrato) di convincere i figli a consegnare la somma di lire 500 milioni al generale Delfino, indicandola come unica persona qualificata a risolvere il sequestro del marito; detta proposta - a dire del Carlo Soffiantini - sarebbe stata seccamente rifiutata;

3) che successivamente, nel periodo prenatalizio, Alghisi Giordano avrebbe avvicinato Giordano Soffiantini e, dopo avergli raccomandato la massima segretezza, ed in particolare di non riferire i colloqui al fratello Carlo, gli avrebbe chiesto la somma di un miliardo di lire da consegnare al generale Delfino, il quale, tramite suoi confidenti, avrebbe assicurato il ritorno del padre a casa, proposta che il Soffiantini Giordano, dopo un periodo di riflessione, avrebbe accettato. Nell'occasione il Giordano Soffiantini avrebbe altresì previamente fotocopiato le banconote pari ad un miliardo poi recapitate al generale Delfino;

4) che alla richiesta ed alla consegna del miliardo di lire di cui sopra sarebbe seguita un'ulteriore richiesta da parte dell'Alghisi di 700 milioni che il Giordano Soffiantini avrebbe rifiutato, non essendo sortito alcun risultato dalla precedente consegna del miliardo. A seguito di quest'ultima richiesta di denaro il Giordano Soffiantini aveva riferito ogni cosa al di lui fratello Carlo.

Successivamente il Dirigente della squadra mobile di Brescia dottor Mariconda rappresentava che nella serata del 26 marzo 1998 Carlo Soffiantini gli aveva chiesto di incontrarlo. Nel corso di tale incontro il 27 marzo veniva ripreso l'argomento relativo ai fatti narrati con la precedente informativa di cui s'è detto e la conversazione nel corso della quale il Carlo sostanzialmente confermava la consegna del miliardo di lire veniva registrata. Nell'occasione il Carlo Soffiantini si dichiarava convinto che il miliardo non "sarebbe tornato più indietro".
Il 6 aprile 1998 la Procura di Brescia procedeva all'audizione, tra gli altri, di Carlo e Giordano Soffiantini, i quali rendevano le dichiarazione che qui di seguito in estratto si riportano.

(Estratto dichiarazioni rese da Carlo Soffantini al P.M.di Brescia in data 6 aprile 1998)

 

A.D.R.: Do atto che mi viene chiesto se nel mese di luglio.del 1997 o comunque poco tempo dopo il sequestro di mio padre mi fu proposto di consegnare 500.000.000 di lire al generale dei Carabinieri Francesco Delfino per pagare suoi confidenti potenzialmente capaci di ottenere la liberazione di mio padre. Rispondo che Alghisi Giordano o nel luglio o nell'agosto del 1997 mi chiede se ritenevo che egli si rivolgesse al generale Delfino, ufficiale da lui conosciuto da diversi anni quando egli era in servizio presso la Compagnia di Verolanuova. Riteneva Alghisi che il generale Delfino poteva essere in grado di aiutarci, suppongo attraverso confidenti. L'Alghisi non mi parlò di danaro che doveva essere consegnato al generale Delfino. Feci presente che era opportuno attendere lo sviluppo delle indagini in corso e bloccai pertanto l'iniziativa propostami dall'Alghisi. Il discorso poi cadde per me definitivamente quando le indagini permisero di individuare i rapitori.

(... Omissis...)

 

A.D.R. Tra la fine del dicembre del 97 e i primi giorni del gennaio 98 mio fratello Giordano, che peraltro si era procurato una provvista di 3.000.000.000 di lire attraverso suo suocero Ziletti Mario, mi comunicò che era sua intenzione tentare di ottenere la liberazione di nostro padre rivolgendosi al generale Delfino tramite Alghisi Giordano. Non mi precisò se era stato l'Alghisi a prospettargli questa possibilità o se l'idea era stata direttamente sua, dato che lui sapeva che l'Alghisi conosceva il generale Delfino. Poiché non condividevo l'iniziativa cercai di dissuadere mio fratello anche perché io, nel frattempo, stavo cercando punti di contatto in ambiente sardo. Sul punto io e Giordano discutemmo animatamente dato il clima di tensione e la diversità di vedute. Il Giordano mi disse poi che gli era stata chiesta la somma 1.000.000.000 di lire. Preciso che non sono in grado di dire se tale importo fu offerto al Delfino da mio fratello o se fu il Delfino a chiederlo. Mio fratello Giordano mi disse che il tramite tra lui ed il Delfino era stato l'Alghisi...

(... Omissis...)

 

A.D.R.: Io sapevo che mio fratello era in possesso di banconote da100 mila lire che provenivano da suo suocero Ziletti.

DOMANDA: Le risulta che tali banconote siano state fotografate o che siano state fotocopiate?

RISPOSTA: Si, mio fratello Giordano mi disse che aveva tenuto una traccia delle predette banconote da 100 mila lire, banconote che erano state fatte pervenire al Delfino tramite l'Alghisi.

A.D.R.: Mio fratello mi disse che il miliardo di lire era stato consegnato dall'Alghisi al generale Delfino.

A.D.R.: Mia madre conosce Delfino.
Come Alghisi parlava con me dell'opportunità Delfino, ricordo che almeno una volta l'Alghisi parlò con mia madre del generale Delfino e dell'importanza di tale personaggio per risolvere i sequestri. Ricordo infatti che mia madre almeno una volta mi disse:
"Carlo, perché non provi a sentire il generale Delfino?". Io risposi che non era il caso. Ciò accadeva prima che mio fratello Giordano consegnasse il miliardo all'Alghisi e precisamente tra il mese di ottobre ed il mese di novembre. Né mia madre né mio fratello Giordano mi dissero che l'Alghisi aveva chiesto a mia madre 500 milioni di lire da consegnare al generale Delfino. Io ricordo solo che il Giordano mi parlò di due tranches da 500 milioni ciascuna che avrebbero dovuto essere consegnate al Delfino che le avrebbe fatte tenere ad un personaggio in Sardegna ed a uno in Toscana. Non so chi fossero tali personaggi.
Spontaneamente dichiara:
Ho parlato di tale vicenda con il dottor Mariconda a livello amichevole e confidenziale. Quando parlavo di tali fatti li ho riferiti allo stesso non nella sua qualità di UPG ma in qualità di amico. Io mi vedevo con il dottor Mariconda tutti i giorni e durante il sequestro eravamo diventati amici. Credo quindi che il dottor Mariconda abbia capito male il punto relativo a mia madre. Ribadisco che tale richiesta non mi risulta che sia stata mai fatta dall'Alghisi a mia madre.

A.D.R.: Tra i colloqui avuti tra me e mio fratello Giordano nei quali lo stesso mi riferì prima della possibilità di consegnare del denaro al generale Delfino e poi dell'effettuata consegna del miliardo trascorsero pochi giorni. Ciò accadde sicuramente dopo il 20 di dicembre.

A.D.R.: Verso la metà gennaio 1998 io chiesi a Giordano l'esito del pagamento del miliardo. Giordano mi disse: "servono altri soldi". Seppi nell'occasione da Giordano che gli erano stati chiesti altri 700 milioni dall'Alghisi per conto del Delfino. Non credo che ciò sia avvenuto dopo il "pagamento controllato" (3 febbraio 1998). Nell'occasione chiesi a mio fratello Giordano se aveva intenzione di pagare questi ulteriori 700 milioni di lire. Giordano mi disse che non avrebbe pagato più nulla in quanto non vi erano stati altri risultati.

(... Omissis...)

 

A.D.R.: Giordano mi riferi che aveva fatto delle fotocopie delle banconote da 100 mila lire per un importo pari ad un miliardo che aveva consegnato all'Alghisi. Dette fotocopie - mi disse Giordano - erano conservate "presso un avvocato non di Manerbio". Io infatti avevo chiesto a Giordano di dimostrarmi che aveva effettivamente pagato questo miliardo.

(... Omissis...)

 

DOMANDA: Perché aveva domandato a suo fratello di dimostrargli che aveva effettivamente pagato detto miliardo?

RISPOSTA: Perché avevamo avuto delle accese discussioní e mi sembrava che lui mi avesse riferito ciò in modo provocatorio, ma che in realtà non lo aveva fatto. Nell'occasione mio fratello mi disse che non mi dovevo preoccupare in quanto lui i soldi (il miliardo) li aveva effettivamente consegnati e ne aveva fatto una fotocopia che custodiva presso lo studio di un avvocato non di Manerbio.

(... Omissis...)

 

DOMANDA: Quando Alghisi le disse "possiamo attivare Delfino" era sottinteso il significato del termine "attivare" nel senso che erano conosciute le sue modalità di azione ed in particolare il ricorso a fonti confidenziali di vario genere che magari si aspettavano un compenso per essere attivate?

RISPOSTA: Io conoscevo le modalità operative di Delfino per averlo letto sui giornali ed anche perché a Brescia lo sanno tutti. Tuttavia, visti i particolari rapporti di amicizia con mio padre, avrei potuto aspettarmi di un interessamento del generale Delfino a titolo gratuito.

DOMANDA: Dopo che il dottor Mariconda l'ha invitata a denunciare tali fatti, lei ne ha parlato in casa con qualcuno?

RISPOSTA: Si. Ne ho parlato con mio fratello Giordano il quale mi ha detto: "lascia stare che questo è un capitolo chiuso".

 

(Estratto dichiarazioni rese da Giordano Soffiantini al P.M. di Brescia in data 6 aprile 1998)

 

DOMANDA: Risulta che lei sarebbe stato avvicinato da Alghisi Giordano il quale le avrebbe richiesto la somma di lire un miliardo da consegnare al generale Delfino che doveva far tenere la somma a confidenti del generale per fare tornare a casa suo padre. Risponde a verità tutto ciò?

RISPOSTA: Purtroppo non ho potuto consultarmi con l'avvocato né sentirmi con i miei familiari. In queste ore mi sono però letto qualcosa. Sembra che io essendo indagato in procedimento connesso non potrei essere sentito senza avvocato. L'ufficio spiega all'interessato che si tratta di altro e diverso procedimento.

RISPOSTA: La cosa mia sembra che si inquadri nell'attività che io ho compiuto per cercare di far liberare mio padre. Effettivamente posso dire che sono stato avvicinato dall'Alghisi Giordano perché secondo lui una idea che meritava di essere approfondita era quella di cercare tramite il Delfino, se attraverso questa persona si poteva trovare una qualche sorta di canale, di trattativa, di garante che potesse mettersi in contatto con ambienti della malavita ed attivare un contatto con ambienti della malavita ed attivare un contatto che potesse risolvere la situazione.

DOMANDA: Cosa le disse esattamente l'Alghisi?

RISPOSTA: Io non ho mai avuto contatti diretti con il Delfino bensì con l'Alghisi con il quale, peraltro, ho qualche difficoltà di comunicazione. Intendo dire che l'Alghisi ricorre spesso a paragoni che mi è difficile comprendere. Secondo me l'idea era sua, e cioè: Mettiamoci in contatto con il generale Delfino, offriamogli dei soldi e vediamo se lui è in grado di risolvere la faccenda. Questa idea l'Alghisi l'aveva già paventata in precedenza a mio fratello Carlo. Quando io sono stato avvicinato dall'Alghisi la mia proposta è stata possibilista. Io allora ho detto all'Alghisi che se ci fosse stata questa possibilità io sarei stato disponibile a versare questa somma di denaro.

DOMANDA: Chi ipotizzò la somma di un miliardo?

RISPOSTA: E stato l'Alghisi ad ipotizzare tale cifra.

A.D.R.: Credo che l'Alghisi si sia successivamente incontrato con il generale Delfino. Preciso che io non conosco questa persona ma ne ho solo un ricordo di infanzia. So invece che Alghisi conosce il genera le Delfino da diversi anni. Io credo che l'Alghisi ed il generale Delfino si siano incontrati. Credo che il generale Delfino al momento dell'incontro fosse a Verona. Alghisi credo che abbia incontrato da solo il genera le Delfino il quale, mi è stato poi riferito dall'Alghisi, avrebbe promesso effettivamente il suo interessamento. Ripeto che io non ho mai incontrato di persona il generale Delfino né l'ho mai sentito al telefono. Dopodiché il mio atteggiamento è stato questo. Se arrivano delle informazioni, una lettera o qualsiasi prova oggettiva dell'esistenza in vita di mio padre - era il periodo in cui eravamo intomo all'Epifania e si temeva per la vita di papà - io dissi ad Alghisi che sarei stato disponibile a pagare la somma di un miliardo al Delfino qualora mi fosse stata data una notizia o prova dell'esistenza in vita di mio padre. Successivamente le informazioni che mi sono state date dall'Alghisi e che l'Alghisi mi disse che provenivano dal generale Delfino erano queste: che mio padre era morto ed ormai era troppo tardi, oppure che in ogni caso era questione di ore per la sopravvivenza di mio padre; mi venne altresì riferito dall'Alghisi - che disse di averlo appreso sempre dal Delfino - che i rapitori erano un gruppo isolato di malviventi e che non avevano legami con loro referenti. L'Alghisi aggiunse poi che non si trattava di due soli soggetti così come noi ipotizzavamo ma che c'erano altre due persone e che la banda, cioè, si era ricostituita con altre due persone. Dopodiché non so dire se sia stata una richiesta di Delfino o una idea di Alghisi, ma mi fu detto da quest'ultimo che poteva essere necessario arrivare all'esborso maggiore di ulteriori 700 milioni di lire per un totale di 1.700 milioni. Preciso che l'Alghisi mi disse: "secondo Delfino occorrono altri 700 milioni di lire. Ciò perché secondo Delfino per una di queste persone era necessario versare la somma di 700 milioni".

A.D.R.: Il denaro dato al Delfino doveva essere impiegato o per pagare direttamente i componenti della banda o per pagare un garante che intervenisse per garantire la liberazione di mio padre.

DOMANDA: I soldi erano destinati a Delfino od ai rapitori?

RISPOSTA: No, non a Delfino. I soldi andavano consegnati materialmente al Delfino che avrebbe provveduto poi a consegnarli a suoi canali.

A.D.R.: Io appresi tale informazioni dall'Alghisi e debbo dire che le valutai troppo ovvie. Nel senso che non fornivano una prova inequivocabile di un contatto diretto od indiretto con i rapitori. Ricordo che consegnai anche due scatole di Sintron all'Alghisi perché le facesse avere - tramite il Delfino - ai "contatti" che quest'ultimo diceva di avere. Dette scatole ho potuto intravederle successivamente nel cassetto porta oggetti dell'automobile del signor Alghisi. Credo che non abbia avuto il coraggio di consegnarle a chi di dovere.

A.D.R.: Ho visto l'Alghisi successivamente ad una violenta discussione che quest'ultimo aveva avuto con mio fratello Carlo. E stata in questa occasione che ho visto le scatole di Sintron che l'Alghisi non aveva consegnato.

DOMANDA: Ma ha poi consegnato la somma di un miliardo?

RISPOSTA: No. Non ho mai pagato tale somma di un miliardo. L'Ufficio contesta al signor Giordano che suo fratello Carlo avrebbe dichiarato che tale somma sarebbe stata effettivamente pagata. Si dà atto che viene data lettura al Giordano Soffiantini del verbale di dichiarazioni rese dal fratello Carlo. Soffiantini Giordano: La mia paura è quella di subire ritorsioni da parte del generale Delfino. L'Ufficio spiega all'interessato che lo stesso deve avere timore solamente di non dire la verità alla Autorità giudiziaria.
Soffiantini Giordano spontaneamente: So che parenti del generale Delfino sarebbero stati implicati in un omicidio. Preciso che però tale stato di timore è una mia condizione personale. Io non sono mai stato minacciato da nessuno. Soffiantini Giordano: Dopo che la Autorità giudiziaria mi ha rappresentato l'importanza della mia deposizione debbo dire che la somma di un miliardo di lire è stata effettivamente da me consegnata all'Alghisi.

 (... Omissis...)

 A.D.R.: Io ho consegnato il denaro all'Alghisi e solo a lui. Ho versato la somma di un miliardo in banconote da 100 mila lire il 5 gennaio 1998 nelle mani dell'Alghisi Giordano. Detta somma di lire un miliardo c'è sempre stata a casa di mio padre. Detto denaro è stato sempre stato custodito nascosto in soffitta in una borsa e suddiviso - già da prima del sequestro - in banconote da 100 mila lire. Dall'esistenza di detto denaro lo sapevamo io e Carlo e basta. Nostra madre non ne sapeva nulla. Fu nostro padre ad informarci di ciò anni prima del sequestro. Detto denaro, per quanto riferitomi da mio padre, era un risparmio accumulato da mio padre che mi disse che custodiva detta somma in contanti perché non si sapeva mai. Mi disse per esempio che detta somma poteva servire per aiutare qualcuno, o per consegnarla a rapinatori o estorsori. Per esempio posso aggiungere che mio padre aveva fatto con Alghisi uno scritto con il quale si impegnavano in solido tra di loro, qualora vi fosse stato il rapimento di uno dei loro figli, a far fronte congiuntamente con i loro patrimoni al pagamento dell'eventuale riscatto. Quando ho informato Carlo che avevo consegnato la somma di un miliardo all'Alghisi, mio fratello si è molto adirato. La consegna del denaro all'Alghisi è avvenuta a Manerbio a casa dell'Alghisi. La valuta, al momento della consegna, era custodita all'interno di due valigette 24 ore utilizzate come gadgets dalla ditta 'Lastra' di mio suocero. Ho estratto fotocopie del denaro che ho consegnato all'Alghisi. Dette fotocopie le custodiscono presso lo studio di una mia amica commercialista. La predetta si è offerta di farmi solamente un piacere. Le fotocopie del denaro che ho consegnato all'Alghisi le ho fatte un paio di giomi prima di consegnarle presso le Manerbiesi. Al momento in cui consegnai il denaro all'Alghisi quest'ultimo mi assicurò che le avrebbe consegnate il giorno stesso al generale Delfino. Non so dire dove avvenne la consegna del denaro al generale Delfino.

 (... Omissis...)

DOMANDA: Ha chiesto ad Alghisi che fine avessero fatto i soldi?

RISPOSTA: Io penso che i soldi siano stati effettivamente consegnati a Delfino e non so dire che uso ne abbia fatto Delfino. Anzi, il fatto che le notizie arrivate tramite Alghisi non furono né significative né veritiere, perché non era vero che mio padre stesse per morire, non arrivarono prove oggettive del contatto e non fu instaurata una vera e propria mediazione, mi fece pensare che il denaro fosse stato trattenuto dal Delfino. Tutto questo fu confermato dal fatto che la trattativa per la liberazione di mio padre era proseguita per canali diversi. Ancora una altra conferma ritengo sia stata data dall'ulteriore richiesta di 700 milioni fattami alla metà di gennaio e che io opposi netto rifiuto. Infatti non ritenevo che il generale Delfino avesse potuto dare un miliardo a chicchessia senza alcuna contropartita e che poi potesse chiedere altri 700 milioni senza aver ottenuto alcun minimo risultato. A questo punto io riferii ogni cosa a mio fratello il quale si arrabbiò moltissimo e parlò con l'Alghisi dicendogli che anche lui, come me, era uno stupido e che doveva immediatamente parlare con il Delfino e farsi restituire il miliardo. Premetto che quando fui avvicinato da Alghisi la prima volta per la vicenda Delfino, l'Alghisi stesso ci tenne molto a precisare che dovevo essere l'unico dei fratelli ad assumersi questa responsabilità senza informare assolutamente gli altri familiari. Capii che l'idea doveva venire dal generale Delfino il quale sapeva che egli quando era capitano aveva indotto a testimoniare il falso Ombretta Giacomazzi, attuale moglie di mio fratello Carlo.
I 700 milioni ulteriormente richiesti dal generale Delfino tramite l'Alghisi non furono da me pagati. Carlo chiese la restituzione dei soldi all'Alghisi senza ottenerli. Fu allora che Carlo litigò violentemente con il predetto Alghisi. Io incontrai successivamente l'Alghisi e lo stesso si dimostrò assolutamente convinto della lealtà e buona fede del generale Delfino e tuttavia mi promise che avrebbe chiesto allo stesso di fornire successivamente spiegazioni ed informazioni in merito all'utilizzo ed alla destinazione del denaro che gli era stato consegnato. L'Alghisi mi disse anche però che il Delfino era un personaggio molto difficile da far parlare e che il Delfino lo aveva anche minacciato di morte qualora avesse violato la consegna del silenzio. Ricordo che la minaccia che l'Alghisi mi disse di avere ricevuto dal Delfino suonava nel seguente modo:
"se succede qualcosa vengo io a spararti in testa".
Aggiungo che l'Alghisi mi disse, nell'occasione, che il generale Delfino gli aveva detto che stava per ottenere una importante promozione di grado che lo avrebbe tenuto impegnato per circa un mese e che successivamente si sarebbe reso disponibile a chiarire le modalità del suo 'in tervento' non a noi ma direttamente a nostro padre.

DOMANDA: Questo colloquio con Alghisi è avvenuto prima o dopo la liberazione di vostro padre? ,

RISPOSTA: Credo sia avvenuto nei primi giorni di febbraio e comunque poco prima del "pagamento controllato" del riscatto. Anzi, preciso che tale incontro avvenne o qualche giomo prima o qualche giorno dopo la liberazione di nostro padre (9 febbraio 1998). Successivamente alla liberazione, ne parlai con mio padre per riferirgli che l'Alghisi aveva usato toni pesanti con mio fratello Carlo. Preciso che dissi a mio padre che avevo pagato un miliardo di lire al Delfino, che eravamo convinti di essere stati "sciacallati", che però Alghisi non era convinto di ciò e che anzi aveva reagito malissimo alla nostra richiesta di restituzione del denaro. Mio padre si dimostrò molto preoccupato per la sicurezza nostra e dei nipoti ed ha sempre detto che non era opportuno denunciare l'accaduto. Ribadisco che se io non ho mai denunciato l'accaduto è solo per paura. Lo stesso posso dire per mio fratello Carlo e per mio padre.

DOMANDA: Chi le diceva che il Delfino era pericoloso? Solo l'Alghisi o anche altri?

RISPOSTA: C'è sempre stato detto ciò dall'Alghisi e da mio padre. Qualche giorno fa comparve sui giornali la notizia che era stato proprio il Delfino a fare l'accordo per catturare Totò Riina. Anzi debbo dire che tali fatti avvenivano proprio durante il periodo in cui avevamo pagato il riscatto ed attendevamo la liberazione di nostro padre e tuttavia furono pubblicati sul Corriere della Sera un articolo riportante anche la fotografia del generale Delfino in cui si ricostruivano le circostanze dell'arresto di Totò Riina e sul "Giornale" un articolo nel quale si sosteneva che la somma giusta per ottenere la liberazione era quella di 7 miliardi e non cinque. Queste circostanze concomitanti mi fecero supporre che dietro tali notizie poteva esserci la regia occulta del Delfino e ciò anche perché in precedenza l'Alghisi, come informazione ricevuta del Delfino, mi aveva detto che "nell'ambiente" si diceva che la somma necessaria per ottenere la liberazione di nostro padre era di 7 miliardi.

DOMANDA: Come mai la provvista lecitamente da voi approntata per il pagamento controllato era proprio di 7 miliardi?

RISPOSTA: Debbo dire che anche dai contatti in ambienti sardi avuti da mio fratello si diceva che la cifra giusta per il pagamento del riscatto era di 7 miliardi. Inoltre debbo aggiungere che 7 miliardi era la somma che effettivamente potevamo monetizzare senza vendere le proprietà immobiliari e l'azienda.

A.D.R.: Le due valigette che contenevano il denaro consegnato all'Alghisi erano in plastica nera con piccoli disegni e con profili in finta pelle di colore cuoio. Sulla fibbia c'è il logo della ditta "Lastra". Le due valigette contenenti il denaro non mi furono restituite ed io successivamente non le ho più riviste.

A.D.R.: Di questo pagamento del miliardo ne eravamo al corrente io e mio fratello Carlo. Mia madre, mio fratello Paolo, mio suocero e mia moglie non ne sanno nulla. Successivamente ho informato di tali fatti, come ho detto, mio padre.

(... Omissis...)

Spontaneamente dichiara: Ritengo di essere stato sottoposto a pericolo di ritorsione da parte dello stesso Delfino e chiedo pertanto di valutare l'eventualità di approntare una adeguata protezione per la mia famiglia.

 

Questi due episodi, per certi versi esemplificativi, avvenuti nel corso del sequestro
Soffiantini aiutano a chiarire bene la presenza di quello che abbiamo definito la
"zona grigia" dei sequestri di persona.