Fino all'entrata
in vigore della legge 82/91 da più parti, in
prevalenza dalle famiglie dei sequestrati e da vere e
proprie campagne di stampa, è stata avanzata
l'ipotesi di un intervento di organi dello Stato nelle
trattative per la liberazione di alcuni ostaggi.
Si parlava allora di
sequestri di serie A e di serie B ed in effetti, qualora
fosse stato dimostrato l'intervento diretto dello Stato, in
alcuni casi particolarmente clamorosi, si sarebbe trattato
di un fatto estremamente grave.
Al di là di
quanto certa tradizione - consolidata ma non suffragata da
prove certe - ha trasmesso, relativamente ai casi più
eclatanti, quelli di Faruk
Kassam, della
giovane Ghidini e di Cesare Casella, il Comitato ha dovuto
rifarsi alle conclusioni cui si era giunti nella Relazione
conclusiva della Commissione antimafia dell'XI legislatura
(parte III, I se questri di persona in Calabria, relatore
sen. I. Butini). Dopo le audizioni, nel novembre 1993,
dell'allora Capo della polizia, dottor Parisi, del Ministro
dell'interno, senatore Mancino, del Comandante dei
Carabinieri, generale Federici, la Commissione scrisse che:
"Perplessità
hanno suscitato le voci su presunti pagamenti di
informatori, che secondo alcuni avrebbero mascherato dei
versamenti di denaro in favore degli stessi sequestratori di
Roberta Ghidini... Dalle audizioni effettuate è
emerso che una somma piuttosto consistente, circa 480
milioni - 250 per il sequestro Ghidini e 230 per i sequestri
Ghidini e Malgeri... - è stata consegnata dal
Dipartimento della pubblica sicurezza. Il pagamento è
stato effettuato ad un informatore del quale non è
stato fornito il nome dopo che era già stato
individuato l'autore del sequestro: Vittorio Ierinò.
E stato poi lo
stesso Ierinò a comunicare alla polizia il luogo dove
era de tenuta Roberta Ghidini. Allo stato è escluso
ogni coinvolgimento del SISDE nella vicenda".
Rispetto a quelle
conclusioni non sono emersi fatti nuovi clamorosi che
possano modificare quel giudizio. Del resto è fuori
dubbio che faccia parte dei compiti istituzionali del
Ministero dell'intemo intervenire, anche mediante pagamento
di denaro, nell'acquisizione di informazioni nel corso di
una indagine su un sequestro di persona, come anche
sostenuto dal dottor Manganelli, questore di Palermo e
grande esperto di sequestri, nel corso della audizione
davanti al Comitato, mentre ben diverso sarebbe il caso di
un intervento diretto nel pagamento del riscatto.
Non contribuiscono
certamente a far chiarezza dichiarazioni di ex ministri
dell'interno ed ex sequestrati che, ad anni di distanza da
alcuni episodi di sequestro, adombrano o ribadiscono di
interventi dei Servizi di sicurezza per la soluzione di quei
casi, senza peraltro aggiungere elementi nuovi rispetto a
quelli già noti ed acquisiti anche processualmente
che hanno escluso sinora responsabilità penali a
carico delle persone indagate dalla magistratura.
Certo è che
il sistema di controllo sull'uso dei fondi riservati del
Ministero dell'interno era affidato solo alla
rendicontazione, sotto forma di nota spesa, che veniva, dopo
l'approvazione, regolarmente distrutta.
Un sistema dunque
carente in termini di garanzia circa la trasparenza e che ha
permesso l'emergere di ombre e sospetti, mai completamente
fugati.