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relazione sui sequestri di persona a scopo di estorsione
(Relatore: senatore Pardini)
PARTE OTTAVA

nelle misure di detenzione

La situazione attuale

Il regime penitenziario attualmente applicabile ai condannati per sequestro di persona a scopo di estorsione è regolato dall'articolo 4-bis dell'Ord. pen. Questo articolo è stato introdotto dalla legge sulla criminalità organizzata del 12 luglio 1991 n. 203 e modificato dalla legge sulla criminalità mafiosa dell'8 giugno 1992 n. 306 e regola il divieto di concessione dei benefici per i condannati di alcuni delitti, tra i quali vi è anche quello di sequestro di persona a scopo di estorsione: pertanto non sono applicabili, per il divieto generale sancito dalla norma citata, ai condannati per il reato di cui all'articolo 630 c.p. le misure alternative alla detenzione, che sono l'affidamento in prova al servizio sociale (articolo 47 Ord. pen.), la detenzione domiciliare (articolo 47 Ord. pen.) la semilibertà (articolo 50 Ord. pen.), l'assegnazione al lavoro esterno (ar ticolo 21 Ord. pen.) ed i permessi premio (articolo 30-ter Ord. pen.). Può essere applicata, invece, la liberazione anticipata (articolo 54 Ord. pen.), per specifica esclusione del legislatore che in questo senso mitiga l'asprezza del regime introdotto a seguito della morte del giudice Falcone.
La stessa severità viene mantenuta nella recente legge 27 maggio 1998, n. 165 - cosiddetta legge Simeone -, nella parte in cui prevede la possibilità di sospendere l'esecuzione delle pene detentive non superiori a tre anni o al limite dei quattro anni (in caso di condanne per reati che riguardino violazioni alle legge stupefacenti), consentendo al condannato di presentare un'istanza per l'applicazione delle pene alternative alla detenzione, la cui disciplina, regolata dalla legge 26 luglio 1975 n. 554, legge sull'Ordinamento penitenziario, è stata modificata dall'intervento legislativo sopra indicato. Queste misure alternative alla detenzione sono l'affidamento in prova al servizio sociale (articolo 47 Ord. pen.), la detenzione domiciliare (articolo 47 Ord. pen.) la semilibertà (articolo 50 Ord. pen.). La sospensione dell'esecuzione della pena così prevista non può essere tuttavia disposta a favore dei condannati per i delitti di cui all'arti colo 4-bis Ord. pen. (tra cui vi è, come è noto, anche l'articolo 630 c.p.).

Per i condannati per i delitti previsti dall'articolo 4-bis è tuttavia possibile accedere ai benefici penitenziari "... solo nei casi in cui collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter Ord. pen.". L'articolo 58-ter Ord. pen., introdotto dalla legge 12 luglio 1991 n.203, sulla criminalità organizzata, indica i requisiti richiesti per la valutazione della condizione di "collaborante", che deve essere formalmente dichiarata da parte del Tribunale di Sorveglianza, sentito il Pubblico Ministero. Per poter essere considerato collaboratore di giustizia occorre, infatti, che il condannato "si sia adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero che abbia aiutato con cretamente la polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti o per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati".

Ulteriori deroghe al divieto generale sancito dall'articolo 4-bis Ord. pen. sono nello stesso articolo previste per il condannato al quale sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, n. 6 (risarcimento del danno), 114 e.p. (minima partecipazione al fatto, in caso di concorso di reato, o quando il reato è stato commesso da minorenne o da persona inferma di mente, o da persone sottoposte all'altrui direzione vigilanza o custodia) o al quale - sia stata applicata la disposizione di cui all'articolo 116 c.p. (reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti), il quale può godere dei benefici anche se la collaborazione offerta risulti oggettivamente irrilevante, purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata.

Vi sono stati, poi, in tema di collaborazione, importanti interventi della Corte costituzionale che hanno, di fatto, annullato la portata del divieto normativo di cui all'articolo 4-bis Ord. pen., estendendo l'applieabilità dei benefici a casi in cui la collaborazione sia "inesigibile" o "impossibile", quando, cioè "la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata in sentenza, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata" (sent. Corte Cost. del 19-27 luglio 1994, n. 357), o quando l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata (sent. Corte cost. 22 febbraio-1 marzo 1995 n. 68).

Per quanto riguarda la possibilità del condannato per il reato di cui all'articolo 630 c.p. di ottenere permessi premio, importante è anche la sentenza della Corte costituzionale 11-14 dieembre 1995, n. 504, che consente la concessione dei permessi a coloro che, pur non collaboranti abbiano già fruito di permessi premio e per i quali non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. Il solo limite alla concessione dei benefiei a coloro che, pur essendo stati condannati per gravi reati abbiano intrapreso un'opera di collaborazione con la giustizia, consiste nel divieto di accesso alle misure alternative alla detenzione per quei condannati che si siano resi responsabili di evasione o di altri delitti dolosi durante l'esecuzione delle misure (i quali possono nuovamente accedere ai benefici dopo un certo periodo) e per i condannati per sequestro di persona a scopo di estorsione che abbiano cagionato la morte del sequestrato, se non hanno scontato almeno due terzi della pena inflitta e, in caso di ergastolo, 26 anni (58-quater Ord. pen.). L'applicazione dei benefici ai collaboranti ex articolo 58-ter Ordinamento penitenziario è disciplinata dalle disposizioni della legge sull'Ordinamento Penitenziario: l'articolo 30-ter comma IV lett e), all'articolo 21 e Ord. pen. articolo 50 Ord. pen.

L'effetto dell'intervento della Corte costituzionale è stato quello da una parte di scardinare la portata punitiva dell'articolo 4-bis, dall'altra di attribuire al solo magistrato di sorveglianza il potere-dovere di decidere e valutare le condizioni per l'applicabilità dei benefici anche ai condannati rientranti nella categoria prevista dall'articolo 4-bis Ord. pen., costringendo questi ad un gravoso compito di studio delle sentenze di merito e di interpretazione della sussistenza delle condizioni determinanti l'inesigibilità o l'impossibilità della collaborazione (al di fuori quindi, di un'udienza avanti al Tribunale di sorveglianza, senza il parere del Pubblico Ministero e senza una dichiarazione formale dello status di collaborante).