PORTO CERVO - Silenzi, omissioni, depistaggi. Il sequestro Kassam appare sempre più un tragico cruciverba con troppe caselle in bianco. Ha fretta di pagare, la famiglia del piccolo Farouk, già nascosto in qualche grotta del Nuorese. E insiste nel tacere, forse per un vessatorio patto coi banditi. Infatti, ormai anche gli inquirenti sono convinti che Alì Fateh, il padre, abbia avvisato la polizia un' ora dopo l' assalto alla villa, ottendendo in cambio la promessa dell' incolumità del bambino. In quell' ora, sarebbe stata concordata anche la richiesta di riscatto. E tacciono gli investigatori, negando stizziti ogni ricostruzione ufficiale. Si giustificano: "Ne va della vita dell' ostaggio...". Stranezze, anomalie. E naturalmente voci in libera uscita. Come, per esempio, quella che il commando sia venuto dal mare. Che sia composto da corsi, il che potrebbe spiegare l' arrivo in Costa Smeralda di alcuni agenti francesi. Ma in realtà, l' ipotesi si regge solo sull' indiscrezione circolata ieri di alcune telefonate giunte a casa Kassam: dall' altro capo del filo un misterioso personaggio che parlava francese con accento corso. Gli investigatori scuotono la testa: "Sciacalli... la fuga in gommone è pura fantasia. Questo è un sequestro sardo fatto da sardi". Intanto oggi, a sei giorni dal rapimento, quindi non proprio tempestivamente, scatterà il sequestro dei beni dell' albergatore ismailita, firmato dal superprocuratore di Cagliari Franco Melis. Riguarderà esclusivamente le proprietà in Italia, briciole rispetto ai conti all' estero. Nei caveau delle nostre banche Alì Fateh tiene gli "spiccioli", abbondano invece le sue partecipazioni a Immobiliari straniere, per il momento non intaccate da un provvedimento che si annuncia quindi relativamente efficace. Le solide basi della ricchezza dei Kassam vanno rintracciate in Costa d' Avorio, dove il nonno Adjabali è presidente dell' "Industrial promotion service", una delle sette società che fanno capo al fondo creato dall' Aga Khan per lo sviluppo dei paesi del Terzo Mondo. L' appartenenza della famiglia alla cerchia del principe, mondano e ultramiliardario finanziere, ma anche settimo iman, dunque "discendente del Profeta", mobilita automaticamente la comunità ismailitica internazionale. Inoltre l' Aga Khan non può tollerare che l' immagine della "sua" Costa Smeralda resti per sempre sfregiata dal rapimento di Farouk. E' in contatto quotidiano con la famiglia e non è da escludere un' inchiesta "parallela" a quella della polizia per accelerare i tempi del rilascio. E' probabile che questa caccia all' uomo dietro le quinte dia presto i suoi frutti, spingendo la banda a liberarsi di un ostaggio particolarmente scomodo, prima che si rompa il muro di omertà. Ieri alla villa di "Pantogia" è arrivato anche il fratello di Alì Fateh, proveniente dalla Costa D' Avorio. Il clan familiare si riunisce e non cela il suo fastidio per il blocco dei beni, che anche se solo parzialmente potrebbe intralciare il procedere della trattativa. Rispunta Lodovico Dubini, amministratore delegato della Ciga e amico dei Kassam. "Per favore - supplica - non tirate in ballo il principe, potrebbe creare false aspettative tra i banditi". Ma l' Anonima deve aver fatto i suoi calcoli. I magistrati della superprocura (Melis, affiancato dai sostituti Marchetti o Mura) riuniranno oggi a Tempio Pausania in attesa della "soffiata" giusta, mentre continuano le battute nel perimetro piuttosto vasto tra Gallura e Nuorese. Fin dal primo momento, gli investigatori hanno scelto la reticenza. Sciorinano solo smentite, condite dalla preoccupazione per la débacle turistica della zona. Smentite per l' impronta digitale lasciata all' interno della villa dal latitante Matteo Boe, indiziato numero uno, il bandito-intellettuale della Barbagia appena tornato dal Venezuela. Scetticismo anche per l' auto con quattro sacchi a pelo nel portabagagli, che il giorno prima del sequestro è stata portata a un meccanico della zona che, insospettito, ha sporto denuncia. Un particolare che si sta controllando, invece, con qualche interesse è la catena spezzata in un cantiere non distante dal "palazzeddu" dei Kassam. Una posizione "logistica" per tenere d' occhio i movimenti della famiglia. Dettagli, su cui però la polizia non vuol dilungarsi. Il capo della Mobile di Sassari Antonello Pagliei si limita ad ammettere "alcune incongruenze sui tempi dell' agguato" nella deposizione della famiglia, che quasi certamente ha mentito. Il colonnello Luciano Gavelli, che ieri ha di nuovo interrogato i Kassam, replica asciutto ai cronisti: "Non ci sono ricostruzioni ufficiali perchè non ci posso essere". Niente lumi sulle "anomalie" di questo sequestro: perchè non è ancora stata trovata l' auto dei banditi? Perchè non è ancora stato chiesto il silenzio stampa? Pare che la famiglia Kassam, dopo molto tergiversare, stia per nominare un avvocato di fiducia, un libanese. Il riscatto verrà "liquidato" all' estero?