' Ma noi non siamo complici di quelle belve...' Il difficile rapporto con lo Stato: ' E' assente, ci arrangiamo da soli per assicurare ai figli un futuro'
ORGOSOLO - "Che possiamo fare? Per ora solo piangere assieme alla madre di Farouk, a quella povera famiglia". Il sindaco di Orgosolo, il dc Mario Monni, allarga le braccia in un gesto sconsolato, d' impotenza. Ed esce dal municipio, ricavato al piano terra della scuola elementare, occupato dagli edili della "Ferro/Cemento", impresa appaltatrice per la costruzione di una diga d' irrigazione, appena licenziati. Fuori, la piccola piazza è deserta, come deserto appare il paese. Qualche giovane nei bar, donne vestite di nero che attraversano velocemente la strada, due muratori al lavoro sul tetto di una casa. "Chi sa ora deve parlare", è l' appello che la Regione sarda fa ai suoi abitanti. Ma qui, ad Orgosolo, chi parla non sa nulla dell' Anonima sequestri. Di certo, però, respinge una troppa facile equazione, quella che individua nella popolazione barbaricina "l' humus" fertile, la copertura sicura per gli uomini che hanno rapito e seviziato il piccolo Kassam. Padre Giuseppe, il frate di Galanoli, a cui i banditi hanno fatto trovare l' orecchio mozzato del bimbo, ha ricevuto la consegna del silenzio da parte del vescovo. Protetto dalle mura del convento, un edificio recentemente ristrutturato a ridosso dell' antica chiesa tra Orgosolo e Mamoiada, in aperta campagna, trasformato in comunità terapeutica per il recupero dei tossicodipendenti e gli handicappati, rifiuta ogni contatto con l' esterno. Si sa solo che, ieri mattina, è andato dal vescovo di Nuoro. Un colloquio di un' ora, su cui c' è il massimo riserbo. La gente di Orgosolo, quella che se la sente di dire qualcosa, appare infastidita e preoccupata. "Ora ci scaricheranno addosso l' accusa di essere complici di quelle belve", ripetono un po' tutti. "Eppure - spiega Giovanni Moro, pidiessino, ex sindaco della cittadina - se i banditi sono di qui, cosa tutta da dimostrare, sono un' infima, spregevole minoranza di una popolazione che, invece, in tutti questi anni ha lottato e lotta per il riscatto della Barbagia. Non tolleriamo che dopo la nostra ferma condanna del rapimento, espressa con la manifestazione silenziosa di un mese fa e con quegli applausi in chiesa alla madre di Farouk, oggi si torni a dare un giudizio di connivenza con quei criminali sull' intera comunità". "E perché - si domanda ancora Moro - la stessa esecrazione che l' Italia esprime ora, che noi cittadini d' Orgosolo esprimiamo oggi, non si ripete per altri fatti, forse apparentemente meno gravi, che avvengono in questa zona? Pensiamo ai posti di lavoro che scompaiono ogni giorno, alla disperazione di intere famiglie senza prospettive, all' assenza totale dello Stato. Siamo stanchi di fare solo dichiarazioni di rifiuto della violenza criminale per allontanare da noi lo spettro e il sospetto di una contiguità con quei banditi. Quando noi denunciavamo la criminalità locale, e per questo subivamo attentati ed intimidazioni, lo Stato ci ha lasciati soli. Eppure qui, col volontariato, con le lotte degli anni Sessanta per la vertenza delle ' piccole zone interne' , contro il poligono di tiro della Nato, abbiamo lentamente, ma con tenacia e continuità, eliminato le faide e gli omicidi. Oggi ci sostituiamo allo Stato persino per quanto riguarda la scolarità piena per i nostri figli, per assicurare loro un futuro. Ci dicono: ' Non basta. Ora dovete sostituirvi anche agli organi investigativi' . Ma quando qui si è passati dalla militarizzazione del territorio e dalla repressione totale dei movimenti di lotta all' investigazione mirata contro la criminalità, i risultati ci sono stati". "Adesso - spiega ancora l' ex sindaco - c' è da risolvere il contrasto tra una cultura delle tradizioni e una cultura del consumo che sta invadendo questa regione. Lo sradicamento dei valori può contribuire a creare un terreno favorevole all' infiltrazione criminale. E la presenza nell' isola di tanti mafiosi potrebbe diventare la colla d' unione del banditismo sardo". In paese si sussurra un episodio accaduto proprio a margine della "marcia silenziosa", episodio che dimostrerebbe come l' Anonima stia cercando a tutti i costi di coinvolgere e compromettere la comunità di Orgosolo. Poco prima della manifestazione, un bambino è stato avvicinato da alcuni uomini che gli hanno consegnato un cartello. Sopra c' era scritto: "Pagate il riscatto o gli mozzeremo un orecchio". Quel cartello, durante il corteo non s' è visto, ed è stato fatto rapidamente sparire. I pochi testimoni liquidano l' episodio attribuendolo ad una goliardata, ad un scherzo di ubriaconi. Sarà forse così, ma è certamente inquietante. Come sono inquietanti le scritte comparse nei mesi scorsi in tutta Orgosolo contro la creazione del parco naturale: "Neanche un ettaro al parco, solo pallottole". "E' vero, siamo contrari al modo con cui lo Stato intende realizzare il parco naturale - spiegano i cittadini - ma non combatteremo il progetto con le fucilate. Noi diciamo solamente che devono essere le Comunità montane a stabilire le finalità, i criteri e i risvolti occupazionali del progetto. Invece lo Stato vuole darci solo un semplice parere consultivo. Così chiunque, al di fuori dei paesi barbaricini, potrà ottenere concessioni, costruire immobili. E noi non avremo alcun controllo". Lo Stato, qui ad Orgosolo come negli altri centri della zona, appare come un nemico, un avversario temibile. C' è una strana ambiguità, del resto comune anche ad altre regioni italiane, verso l' Istituzione. E' la "madre di tutti i mali" e, al contempo, la "panacea" di ogni problema. Lo Stato non deve interferire, ma al contempo, deve fornire assistenza. Nei confronti degli "antichi eroi" dell' immaginario barbaricino - è il caso del mito di Graziano Mesina - c' è una sorta di reverente rispetto. Non si sottrae, ad esso, nemmeno l' assessore ai Servizi sociali, Giovanna Basso, insegnante: "Quello che dice Mesina è la verità. L' ho conosciuto quando era bambino, conosco il suo carattere. Ha una sua moralità. E quando dice che non ha mai ammazzato quei due poliziotti, io ci credo...".