Parlano le famiglie Fiora e De Megni ' Adesso viene il momento più difficile La liberazione non mette fine all' incubo Aiutate Farouk a capire cosa gli è successo senza forzare i suoi sentimenti'
FAROUK è tornato a casa. E tra i milioni di italiani che l' altra sera hanno seguito in diretta le tappe della sua liberazione c' erano anche altri due piccoli ex-rapiti, con le loro famiglie: Marco Fiora e Augusto De Megni. "Considero il piccolo Kassam un amico anche se non lo conosco. Mi piacerebbe incontrarlo e stringerlo forte, aiutarlo a ritrovare la serenità e la fiducia negli altri...". Marco Fiora, il bimbo torinese che all' età di sette anni rimase prigioniero dei suoi rapitori per 520 giorni, dal 2 marzo ' 87 al 2 agosto ' 88, sorride allegro. Qualche settimana fa aveva implorato il padre di spedire alla famiglia del piccolo prigioniero i suoi risparmi. Giovedì sera Marco, che ora ha 12 anni, ha saputo della liberazione del suo amico sconosciuto dalla televisione. "Ho urlato di gioia, è stata una notizia bellissima. Ora vorrei incontrare quel bimbo per aiutarlo. Io lo so bene, dopo la liberazione, ti resta addosso la paura, il terrore di tutto....". Dopo diciotto mesi di prigionia in una "tana" nascosta sull' Aspromonte, legato con una catena al polso, il ritorno a casa non fu facile per Marco. "Riportarlo ad una vita normale è stato difficilissimo - ricorda Gianfranco Fiora, il padre - Quello che la gente non sa è che la liberazione di un bimbo rapito non conclude un incubo. Ora per la famiglia del piccolo Farouk arriva il momento di reinserire il bimbo nel suo ambiente, di ' liberarlo' dalle angosce e dalle menzogne che di certo gli sono state instillate dai sequestratori. Quando Marco tornò a casa non riconosceva più sua madre. Per due mesi non mi rivolse la parola convinto che quanto gli avevano ripetuto ossessivamente i suoi carcerieri fosse la verità e che davvero non volessi pagare per la sua libertà...". La voce di Gianfranco Fiora è incrinata da un brivido di commozione quando ricorda quei mesi durissimi, quando Marco lo fissava con un sospetto inespresso nello sguardo. "Gli avevano fatto una specie di lavaggio del cervello - ricorda - Io ero stato descritto come un nemico che dava maggior valore ai soldi che alla sua vita". Dopo la liberazione Marco è stato oggetto di un' attenzione quasi morbosa. "Isolarlo dalla curiosità delle persone e recuperare la sua fiducia non è stata impresa facile. C' è voluta tanta pazienza, cercando di non forzare i suoi sentimenti". Gianfranco Fiora aveva già dovuto tener duro durante i lunghi mesi del sequestro, quando bastava uno squillo del telefono per mettere a dura prova il suo sistema nervoso: "Avevo una responsabilità precisa: salvare mio figlio. Gli altri potevano permettersi di piangere. Io no. Non ho mai preso un sonnifero anche se non riuscivo a chiudere occhio perchè aveva paura che una telefonata dei rapitori mi sorprendesse intontito. Ho imparato a reprimere i miei sentimenti, ho conosciuto un mondo diverso dove si tratta la liberazione di un bambino come se si trattasse dell' acquisto di un' automobile. Ho capito che in quel momento la mia esistenza, gli sforzi di una vita intera erano in forse. I soldi servivano solo per far tornare a casa Marco vivo...". Nei lunghi mesi della trattativa Gianfranco Fiora girava la Calabria in lungo e in largo. "Avevo una cesta di arance sul tetto dell' auto - ricorda - E' il segnale che si portano i soldi". Nel cuore dell' Aspromonte Fiora ha consegnato ai banditi un primo "anticipo": 281 milioni. "Avevano chiesto tre miliardi e non volevano credere che non li avevo. Mi hanno picchiato, poi mi lasciarono tornare a casa perchè trovassi altro denaro. Avevo imparato come si trattava, me lo avevano spiegato la polizia e un ' padrino' che avevo contattato per salvare mio figlio. La famiglia di un rapito è sempre sola e deve arrangiarsi. Prima, durante e dopo il rapimento". Anche Dino De Megni ha trascorso gran parte della notte davanti al televisore nella sua casa di Perugia. "Hanno fatto bene ad andare in Francia - dice - Anch' io andai in vacanza con Augusto. Serve a stemperare la tensione". Alla notizia della liberazione di Farouk la famiglia di Augusto ha provato un forte senso di sollievo: "E' stata la fine di un incubo che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Augusto questo sequestro lo ha seguito giorno per giorno, ha scritto lettere ai genitori di Farouk", racconta il padre del bambino liberato dai Nocs il 22 gennaio 1991 con un blitz nella grotta di Volterra dove l' Anonima sarda l' aveva tenuto prigioniero per 113 giorni. "Quando ho visto le immagini dell' Alfa rossa davanti alla villa di Kassam è stato un po' come rivivere il momento in cui ho potuto riabbracciare mio figlio. E adesso ai suoi genitori direi di fare in modo che il bambino si renda conto di quello che è realmente successo. Credo che questo potrà servirgli per dare la giusta dimensione ai fatti, per reinserirsi meglio e dimenticare più in fretta". Per fare questo lui ha registrato tutti i telegiornali e ha conservato tutti i giornali usciti nei 113 giorni del sequestro: "Li abbiamo visti e letti insieme e ci abbiamo ragionato sopra, me lo avevano consigliato gli stessi inquirenti".