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SEQUESTRO KASSAM: Il memoriale ha sbugiardato "Grazianeddu" sui miliardi scomparsi

 

Boe, la voce della paura

 

E ora si attendono le reazioni e le mosse di Mesina

   

Poche parole e niente stile, Matteo Boe ha sparato su un morto: Graziano Mesina. Nel memoriale consegnato l'altro ieri al giudice per le indagini preliminari ha affermato d'aver liberato il piccolo Farouk Kassam senza aver visto una lira in cambio. Ha lavorato gratis, insomma: colpa di un basista un po' imbecille e di un padre che non intendeva sganciare un centesimo per riavere il figlio.   Tenuto conto che il suo obiettivo era quello di tirar fuori dai guai i compaesani Ciriaco Marras e Mario Asproni (condannati a trent'anni a causa sua), che bisogno aveva di aggiungere la coda sul riscatto?, che bisogno aveva di segnalare questo dettaglio tutto sommato ininfluente? Bastava una striminzita dichiarazione di colpevolezza. Ottima quella che ha certamente concordato, nelle forme e nei modi, col suo difensore, l'avvocato Franco Luigi Satta. "Sono in grado di affermare con assoluta certezza che Ciriaco Marras e Mario Asproni sono del tutto estranei al sequestro di Farouk perché io vi ho preso parte". Punto. Non poteva fermarsi qui?   Nossignore. Trascinato da quello che lui chiama "dovere morale", ha inserito molti particolari in cronaca. Che, stranamente, sgretolano la versione a suo tempo fornita da Graziano Mesina e sposano la verità ufficiale, quelle delle forze dell'ordine, dei carabinieri e della magistratura, del capo della polizia e dello stesso ministro degli Interni Mancino che sentenzió solenne: "I falsi eroi finiscono nella polvere". Ogni riferimento a Grazianeddu, in quel periodo sponsorizzato da Montanelli come barone rampante d'Italia, era assolutamente premeditato. Facile capire perché: la sera dell'11 luglio 1992 Mesina aveva annunciato in anteprima assoluta la liberazione del bambino facendo rimediare una pessima figura allo Stato in divisa.   Fuoco, veleni e minacce a volontà. Come molti sanno, il bandito di Orgosolo non ha spostato di una virgola il suo racconto. Non solo: a Tempio, durante il processo di primo grado per il sequestro Kassam, ha ribadito botta su botta precisando che il riscatto (due miliardi) era stato puntualmente pagato.   Adesso, all'improvviso e mentre ha l'acqua alla gola, salta fuori Boe che smentisce, rettifica e propone tutta un'altra storia. Dove lui, cuore di babbo (ha tre figli, il più grande sei anni) giura che mai e poi mai avrebbe potuto assassinare un bimbo. Assistere al taglio dell'orecchio magari sì, ma un omicidio in piena regola non avrebbe potuto reggerlo. Da qui la confessione che, sempre per "dovere morale", fa a pezzi Mesina, un collega scivolato su una brutta indagine e tutt'altro che in grado di difendersi. Almeno in questo momento: il 29 ha il processo d'appello per le armi che gli avevano trovato in casa. Nel frattempo deve vedersela anche con un'incriminazione formale per traffico di stupefacenti: avrebbe acquistato e venduto a un clan di mafiosi un chilo di eroina.   Strano, sciagurato destino quello di Matteo Boe: ogni volta che inciampa rovina qualcuno. A Portovecchio, ottobre '92, faceva il latitante in vacanza, con moglie e figli al seguito, quando l'hanno arrestato. Tutto regolare, sfortuna e malasorte, se non avesse avuto addosso una serie di fotografie che lo ritraevano insieme a Marras ed Asproni accanto a una grotta che Farouk ha riconosciuto come la sua prigione. Morale: quelle foto di gruppo sono costate trent'anni di reclusione.   E' stata una sbadataggine portarsele dietro, ha confidato ben sapendo di aver involontariamente comunicato nomi e cognomi dei complici: per gli usi consentiti dalla legge, s'intende.   Col memoriale voleva rimediare. E ha confessato di essere stato il custode, come si definisce lui trattandosi bene, del povero Farouk. Segue il resoconto, minuto per minuto, di un rapimento andato a vacca. Dove non si dice altro, per evidenti ragioni di correttezza. "Non posso essere più preciso... perché comprometterei persone che sono radicate nel territorio e che non mi hanno fatto alcun male". L'unico nome che affiora, sia pure indirettamente, è quello di Mesina. Il passo che lo riguarda è inquietante: "... A quel punto prendemmo tutti d'accordo la decisione di liberare il piccolo, senza insistere ulteriormente nel pagamento del riscatto, ma facendo in modo che fosse ritrovato. L'operazione avvenne, a quanto ne so, sempre attraverso il gruppo che mi aveva proposto la custodia, che fece in modo di comunicare, attraverso un intermediario, il luogo, non lontano da quello di custodia, dove il bambino poteva essere lasciato e ritrovato senza correre pericoli. E così in effetti è avvenuto".   Chi è l'intermediario? Non si puó dire. Potrebbe essere "radicato nel territorio" ed è meglio non disturbarlo. L'unica cosa certa è che dall'altra parte ci stava Mesina. Boe non lo cita personalmente ma gli preme dire che della incolumità di Farouk si è occupato un intermediario e che la banda non ha insistito sul riscatto. Ovvero: Grazianeddu ha detto solo e soltanto bugie, menzogne a buon mercato per proporsi come personaggio dell'anno, l'orgolese dal cuore buono.   Chissà come la prenderà quando gli diranno del memoriale. Il suo conto con la giustizia è destinato a subire un poderoso effetto moltiplicatore (di ergastoli), il lumicino della speranza condannato a spegnersi.   Questo è quel che conta, ma questo - proprio questo - potrebbe scatenare la molla d'una rivalsa. Magari svelando sul sequestro qualcosa che nel memoriale non appare, particolari nuovi ed inediti finora taciuti per un malinteso senso di cavalleria banditesca. Per timidezza, pudore o vigliaccheria: a scelta. Certo è che, nei giorni del rapimento, Mesina ha fatto l'emissario per conto della famiglia Kassam e in questa veste ha incontrato spesso la banda. E se anche a lui, colpa di un impellente "bisogno morale", venisse voglia di dire di più?   "Ci sono particolari di questa vicenda che non saprete mai", aveva giurato molti mesi fa il padre del bambino. In qualche modo, adesso, sembra fargli da spalla la compagna di Boe che ritiene il memoriale "soltanto una verità processuale". Ma come sono andate veramente le cose non lo sapremo mai". E due. Che significa? L'interpretazione terra terra è facile: Matteo non è mai stato il carceriere di Farouk. Sta portando questa croce per salvare Marras e Asproni. Il resto è intrigo, verità non rivelata.   Non sarebbe male che qualcuno inziasse a parlarne seriamente. A più di quattro anni dal rapimento, resistono nebbie e polveroni. Mesina ha intascato i milioni del riscatto (o almeno una parte), Kassam non avrebbe esitato a far ammazzare il figlio pur di non pagare, i servizi segreti hanno contribuito al rilascio con un miliardo (a vuoto), Boe non c'era. E se c'era era distratto: sfogliava un album di fotografie.   Tra un mese, al processo, forse si riuscirà a saperne di più. Forse: perchè la formula del rito abbreviato non prevede testimoni e confronti ma una semplice valutazione sulla base degli atti. Atti che lasciano nell'ombra intermediari, basisti, comparse e macellai di uno squallido rapimento. In luce c'è solo un carceriere che ha paura, una terribile paura che qualcuno voglia fargliela pagare.  

GIORGIO PISANO