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PORTO CERVO: Intervista-confessione di Fateh Kassam sui retroscena del sequestro di Farouk

 

«Non saprete mai la verità»

   

Porto Cervo «Ombre? Chiamatele così, se vi piace. Misteri. La verità, tutta la verità, non la saprete mai. Ci sono cose del sequestro di mio figlio Farouk che debbono restare riservate, segrete. Io, Fatehali Kassam, ma voi mi conoscete soltanto come Fateh, posso garantire che nessuno ne verrà mai a conoscenza. No, non verró a Cagliari per il processo. Matteo Boe non merita una mia visita: preferisco stare ad ascoltarlo. Godo, scrivete proprio così, godo ogni giorno pensando ai vent'anni di galera che l'aspettano.   Credo sia sulla buona strada, Boe dico. Sta cominciando a pentirsi. D'altra parte, non ha scelta. Lo so lo so che sta confessando d'aver fatto il sequestro per alleggerire la posizione dei due complici, Ciriaco Marras e Mario Asproni. Grazie alla sua testimonianza, si sono presi trent'anni, no? Beh, non credo che cambierà adesso che lui ha deciso di parlare.   Deve farlo, non ha scampo. Boe è uno stupido, non puó giocare altre carte. Ognuno di noi, nella vita, fa una certa cosa: l'imprenditore, il pizzaiolo, il bandito. Ecco, Boe è stato un pessimo bandito. Non lo dico per le fotografie che gli hanno trovato in tasca quando l'hanno arrestato, a Portovecchio. No, non penso che l'abbia fatto apposta a farsi scoprire con quelle foto compromettenti. Un errore. L'errore di uno stupido. Lo dico senza rancore, anzi. Sarà curioso sentire cosa dirà a proposito della grotta-prigione che appare nelle foto. Non è quella di Farouk? Mi spiace. E' quella. Ci sono le prove.   Fatevi i conti, ha sbagliato tutto. E adesso sta cercando disperatamente di uscirne. Ma uscire, dove? Anche se piange e si sbatte tornerà libero coi capelli bianchi. Io, musulmano, non coltivo il piacere della vendetta ma non credo neppure che la miglior vendetta sia il perdono. Poi, cosa dovrei perdonare? Mi dispiace che in carcere ci siano solo tre dei rapitori di mio figlio. Ne aspetto almeno altri sette. Magari sarà proprio Boe a dirci chi sono. Parli, parli pure con calma: ha un tempo infinito davanti a sé per raccontare cos'è accaduto quella sera di gennaio del '92.   Non è vero che, quando i banditi hanno fatto irruzione, mi sono fatto passare per il giardiniere; non è vero che ho fatto in modo che prendessero mio figlio. Vero è che da quell'istante io non ho trattato la liberazione di mio figlo: ho trattato la liberazione di un bambino. Non ho voluto accanto nessuno in quei giorni: le lacrime non aiutano a restituire gli ostaggi. Sarebbe il caso che i sardi, voi sardi, imparaste a capire che io non ho l'abitudine al silenzio, all'omertà, alla paura. Forse ho detto poche volte grazie, ma francamente ritengo di non dover chiedere scusa a nessuno.   Dunque Boe dice che il riscatto non è stato pagato. Insomma, conferma la tesi del procuratore Mura e smentisce Graziano Mesina. A proposito: che fine ha fatto? Posso dire che a lui, a lui Mesina, questo sequestro tornava comodo. Non ha trattato direttamente con Boe, questo no. Lo ha fatto attraverso un intermediario. Il riscatto? Già, il riscatto. Preferisco passare ad un'altra domanda. La liberazione di Farouk è avvenuta in un certo modo, tutto qui. In quale modo no, non lo posso dire. Non lo puó dire neanche Boe. Provate a chiedermi se il ritorno a casa di mio figlio abbia comunque avuto un prezzo, non un prezzo in danaro: niente, silenzio. E' uno di quelle cose che deve restare riservata. Non sveleró mai cos'è costata la libertà di Farouk. I soldi, quali soldi? Bisognerà chiederne conto a Mesina: è lui che parla di danaro. Che dice? Due miliardi, uno dei servizi segreti. Bah, io non ne ho visto. Non sto accusando Mesina di essersi messo i soldi in tasca, peró dica dove sono finiti questi miliardi. So bene qual è l'ipotesi che fanno i giornali: Mesina ha fatto il mio emissario fino a quando non sono entrati in gioco i Servizi. E i servizi sono entrati in gioco perché il Governo italiano non poteva permettere che a liberare un bimbo fosse un ergastolano. A quel punto, io avrei scaricato Mesina. Giusto? E' un'ipotesi possibile.   Comunque: visto che stiamo parlando di Servizi, visto che ne parla anche Boe, posso dire di aver incontrato rappresentanti di tutte le forze dell'ordine, compresi quelli del Sisde. Allora? Per carità, non venitemi a dire che questo è il rapimento più inquietante nella storia criminale della Sardegna. Avete le idee confuse: è che di solito voi scegliete di stare zitti, per abitudine, per paura, per indifferenza: io no. Non sono cresciuto neppure pensando al regolamento di conti. Mi basta e mi soddisfa la galera: aspetto gli altri, peró. Solo allora penseró seriamente di tornare in via stabile da queste parti. Non mi piace l'idea che la pace di Pantogia, una pace magica, possa essere disturbata da qualcuno che bussa alla mia casa. E se anche nessuno bussasse, a me non piace l'idea di restare, come dire?, sospesi. Qui, io e la mia famiglia, dobbiamo giocoforza stare in transito. Se potete, risparmiatevi squallidi retroscena dell'abbandono, voglio dire quel minestrone di crisi coniugale e altre baggianate che qualcuno si è inventato per giustificare la mia partenza. Marion, mia moglie, è a Porto Cervo. Miei figli, Farouk e Nour, sono a Porto Cervo. Volete di più?   L'avrete capito: ho buone ragioni per non venire a Cagliari, per non seguire il processo che comincia oggi in Assise. Mi sento più che rappresentato dall'avvocato Mariano Delogu, un uomo che ho imparato a stimare in un momento davvero difficile della mia vita. In un certo senso ci somigliamo: tutt'e due ci affidiamo alle prove e non alle parole. Io non penso che Matteo Boe abbia rapito mio figlio perché lo dice lui. No, ci credo perché ci sono le prove a dimostrarlo. Che credibilità volete che abbia un uomo che non ha paura di uccidere?, che non ha rispetto degli altri?, della vita del prossimo? Nel memoriale che ha consegnato ai giudici manifesta per me un grande disprezzo: ovvio, per la prima volta si trova davanti a qualcuno che non china la testa, che non scappa, che non si piega all'omertà. Fa un po' di tenerezza quando tenta di contrabbandare un rapimento come gesto di rivolta contro lo Stato colonialista eccetera eccetera. Deve difendersi, poveretto. Deve far capire soprattutto ai compaesani da dove arrivano i suoi risparmi. Il problema, per lui, non è soltanto quello di tirar fuori Marras ed Asproni. No, Boe è soprattutto un uomo spaventato, un uomo che ha paura. Al processo sarà facile capire dove vuole andare a parare. In ogni caso, mi consola il pensiero di sapere - giorno dopo giorno, mattina dopo mattina - che sta in galera. Che per lui la vita è comunque finita.   Non potete capire, dopo quello che abbiamo passato, quanto sia importante. Farouk cresce, con l'aiuto di uno psicologo. Ogni tanto fa domande strane. Ma insomma va avanti, tra alti e bassi. Il sequestro non gli ha tolto semplicemente sei mesi di libertà. C'è un dopo, pesantissimo. Siamo dovuti andare via. Abbiamo dovuto cercare una casa da dove si veda il mare, perché io non so vivere senza vedere il mare. A Nizza, dove abitiamo da circa un anno, è una scelta che non avevamo scelto: scusate il bisticcio di parole, mi sono spiegato?   La prima volta che sono venuto qui, a Porto Cervo, avevo sei anni. Oggi ne ho trentanove. Non faccio progetti di rientro, nonostante sia in affari con amici sardi. Attenti: io non racconto bugie. Se non posso dire una certa cosa, sto zitto. Per questo dovete credermi quando dico che quella del "dopo" è violenza. Non so se il rapimento di Farouk sia stato diverso da altri, non credo. E' che sono entrati in gioco personaggi come Boe, come Mesina. Non posso dimenticare quando ho ritirato la busta dove c'era un pezzetto dell'orecchio di mio figlio. Non ho aspettato il risultato dei test all'Università di Cagliari. Il mio problema, in quel momento, era un altro: dirlo a mia moglie, tornare a casa e rivelare che era accaduto quel che temevamo. Tre anni dopo ho ancora davanti agli occhi quella busta e la paura senza parole di Marion. Godo, godo che sia fatta giustizia.  

Giorgio Pisano