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TEMPIO. Le motivazioni della sentenza Kassam

 

Due condanne per Farouk ma c'è un grande assente

 

TEMPIO. In ventuno cartelle i giudici del tribunale, a conclusione del processo per il sequestro di Farouk Kassam, indicano gli elementi che li hanno indotti a ritenere colpevoli Ciriaco Baldassarre Marras e Mario Asproni. La grotta. Per i giudici non c'è alcun dubbio sulla prigione del piccolo ostaggio: «Deve, con certezza affermarsi che la grotta di Monte Albo sia quella nella quale Farouk è stato mantenuto in sequestro sotto la custodia di Antonio e Beppe». Lo dicono gli oggetti ritrovati e riconosciuti dal bambino, il risultato del sovralluogo. «Farouk si è manifestato puntuale ed attendibile nella memoria di fatti ed episodi specifici sicchè appare altamente inverosimile che abbia potuto confondersi in ordine ai luoghi in cui quei fatti si sono verificati». Ma anche altre ragioni fanno credere che la quarta grotta ipotizzata dalla difesa non esiste: «Se è vero che nella grotta sul Montalbo vi erano le posate, se ivi si leggevano i giornali e Boe intagliava la sua scultura, se ivi si arrostiva la carne, deve di conseguenza e necessariamente escludersi che contemporaneamente ed altrove vi fosse altro rifugio da Boe ugualmente utilizzato per una prolungata permanenza». Chi è Beppe? Sull'identità del secondo custode, i giudici sono d'accordo con accusa e difesa: Beppe non è uno dei due imputati. Ma bocciano la tesi difensiva secondo cui se al momento delle foto non c'è Beppe non ci può essere neanche Farouk. «Molteplici possono esserne state le cause: l'assenza momentanea del luogo, il rifiuto di partecipare ad un'operazione rischiosa». La datazione delle foto. «Le consulenze e la perizia botanica offrono risultanze univoche circa la collocazione delle foto in periodo non successivo all'aprile-maggio... deve quindi ritenersi che Marras ed Asproni siano stati ritratti nel luogo in cui Farouk era custodito». I rapporti con Boe. Il Tribunale non mette in dubbio i contatti di Matteo Boe con i servizi segreti ma non trova riscontro l'affidamento a Mario Asproni del ruolo di messaggero. Allo stesso modo non giudica rilevante il fatto che Marras si sia interessato di trovare qualcuno disponibile a far espatriare Boe in Corsica. «Non può non suscitare dubbi e perplessità insuperabili la circostanza che l'Asproni e il Marras, tra loro indipendenti, incaricati di attività concernenti progetti contrastanti, abbiano potuto per mero caso e fortuita coincidenza convenire simultaneamente nel covo di Boe». Le intercettazioni in cella. Il tribunale cita alcuni passi delle conversazioni tra Marras e il compagno di cella Gianfranco Casu: noi gli dovevamo dire...va bè, noi vi mandiamo la prova e i soldi subito...la prova è andata a destinazione; lui in quella stalla aveva due macchine..guarda ci sono tre o quattro fotografie, ce le facciamo...è successo così, invece dopo..tutti dentro..bombe, accidenti con fucili e coltelli. Non ci sono dubbi: «Marras sapeva tutto».