Chi ha paura di Gianburrasca

Chi ha paura di Gianburrasca

Non è necessario avere una simpatia per Renzi, per stupirsi della piega che stanno prendendo le «primarie» nel Pd

di Ernesto Galli della Loggia

Non è necessario avere una particolare simpatia per Matteo Renzi, condividerne la sommarietà del programma o il piglio da Gianburrasca, per stupirsi della piega che stanno prendendo le «primarie» dentro il Partito democratico. Una piega che si riassume non solo nel tentativo di boicottare in tutti i modi la candidatura del sindaco di Firenze, ma nel tipo di reazioni che questa sta scatenando in una parte del gruppo dirigente della sinistra.

In qualsiasi elezione, e dunque anche nelle «primarie»,
opporsi politicamente a un candidato è più che legittimo. Boicottarne la candidatura invece no. Equivale precisamente a un boicottaggio, per esempio, il predisporre un sistema di regole fatte apposta per ostacolare la vittoria di un determinato candidato. È quanto, per l’appunto, ciò che starebbe avvenendo in queste ore nelle segrete stanze del Pd.

Si comincia con la decisione bizzarra di ammettere al voto per le «primarie» sedicenni e immigrati. Ma che senso ha, visto che le «primarie » stesse servono a scegliere chi dovrà capeggiare la coalizione alle elezioni politiche, che costui sia scelto anche da chi a quelle elezioni non potrà poi partecipare? È inevitabile il sospetto che ci sia dietro qualche intenzione poco chiara. Si prosegue poi con la regola del doppio turno: una regola, mai prima adottata, che evidentemente è fatta su misura per consentire al candidato sulla carta favorito, cioè Bersani, di poter avere maggiori speranze di vittoria grazie al restringersi finale del confronto a un virtuale ballottaggio (una regola che diventerebbe ancora più capestro, poi, se al secondo turno, come pare che si proponga, fossero ammessi solo i votanti al primo). Ancora: si parla di un albo pubblico nel quale i votanti dovrebbero vedere iscritto il proprio nome. Una regola nuova pure questa, destinata sempre a cercare di restringere in tutti i modi l’area degli elettori di Renzi.

Ma ad aggravare l’impressione del boicottaggio c’è qualcosa di più.
Ci sono le dichiarazioni dell’establishment della coalizione di sinistra (ma non del segretario Bersani: e di ciò gli va dato onestamente atto). Mentre Renzi ha più volte assicurato che se sconfitto egli è pronto ad accettare il verdetto e ad appoggiare il vincitore, chiunque esso sia, invece i vari D’Alema, Bindi, Vendola, non hanno perso occasione per dipingere l’eventuale vittoria di Renzi come la calata dei barbari, una catastrofe politica, la fine del centrosinistra, e chi più ne ha più ne metta. Hanno cioè usato contro il candidato a loro sgradito l’arma che la sinistra italiana è da sempre irresistibilmente tentata di usare contro l’avversario: la delegittimazione. Ci manca poco che uno di questi giorni Renzi si veda affibbiato l’epiteto di «fascista». Un tipo di reazione tanto più singolare (e inaccettabile) in quanto in molte passate occasioni— da Genova, a Napoli, a Palermo, a Milano nelle quali personalità o partiti a sinistra del Pd, infischiandosene di qualunque risultato delle «primarie», ne rovesciavano disinvoltamente il verdetto per presentare/imporre un proprio candidato —, sia D’Alema che la Bindi si sono ben guardati dall’adoperare espressioni paragonabili a quelle adoperate oggi contro Renzi. Il quale forse, peraltro, dalla rabbia partigiana dei «vecchi leoni» dell’oligarchia ha assai più da guadagnare che da perdere.

1 Comment

  1. Claudio

    Un Giamburrasca servirebbe nella politica locale, anche perchè aver solo buffoni è diventata una monotonia

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