Idv, la rissa e il silenzio

di Paolo Fantauzzi
A Latina un dirigente dell’Italia dei Valori sostiene di essere stato aggredito (fisicamente) da un collega di partito. Ma l’organo nazionale chiamato a dirimere sulla lite decide di lasciar correre ‘per evitare un danno di immagine’

Premessa numero uno: a Latina, città di 120 mila abitanti da sempre saldamente a destra, in primavera si vota per il sindaco. Premessa numero due: l’Italia dei Valori locale è dilaniata da mesi da ruggini e contrasti per la gestione del segretario provinciale Enzo De Amicis, considerata troppo personalistica.

Ora i fatti: lo scorso gennaio, nel corso di una riunione dell’Idv, un membro del direttivo annuncia l’intenzione di impugnare la decisione del segretario di escludere due iscritti da una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Ne nasce una discussione e secondo quanto ricostruisce il collegio di garanzia dell’Idv Lazio, il segretario De Amicis «aggredisce e afferra per il braccio» il collega di partito.

La sentenza dell’organo di controllo, basata sulle testimonianze di alcuni presenti, i resoconti e i reclami presentati da vari iscritti, descrive inoltre il quadro fosco di un partito segnato da «rancori personali e contrasti, al limite dello scontro fisico». Pesante la decisione verso il segretario: quattro mesi di sospensione.

De Amicis però non ci sta, nega l’aggressione e impugna la delibera con un’istanza cautelare davanti al collegio nazionale di garanzia. E’ una sorta di Cassazione interna, composta da Sergio Scicchitano (tra l’altro avvocato di Antonio Di Pietro), Claudio Malaspina e dall’ex deputato di Rifondazione, Maurizio Zipponi. Quest’organo ribalta la sentenza a tempo di record dopo appena un paio di giorni, sospendendo il provvedimento.

Il motivo? Il collegio di garanzia regionale, nonostante abbia acquisito varie testimonianze, non avrebbe rispettato «il principio del contraddittorio» né avrebbe concesso di presentare «memorie in controdeduzione» a De Amicis per rispondere alle deposizioni dei suoi accusatori.

Ma al di là delle argomentazioni in punta di diritto, a spiegare quelle che appaiono le vere ragioni della decisione è la paura delle possibili conseguenze politiche della sospensione: considerato «il particolare periodo pre-elettorale e il fatto non ultimo che il De Amicis ormai milita nel Partito da diversi anni», scrive il collegio nazionale, serve un «bilanciamento degli interessi in causa». Da un lato perché «verrebbe delegittimata la figura e l’operato politico del De Amici quale segretario provinciale», dall’altro perché una simile decisione «si tradurrebbe inevitabilmente in un danno irreparabile all’immagine del Partito, anche in considerazione della possibilità che la notizia venga diffusa dai media».

Insomma, «la sospensione dell’efficacia del provvedimento è da ritenersi un momento irrinunciabile». Con buona pace di ogni altra considerazione.

Intanto, in attesa del confronto davanti al collegio di garanzia, previsto per metà novembre, le posizioni restano siderali. Il militante conferma l’aggressione, il segretario De Amicis a ‘l’Espresso’ respinge gli addebiti: «Ma quale aggressione, l’ho solo accompagnato alla porta perché si accomodasse fuori dalla sala…».

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