L’edizione online del quotidiano delinea il ritratto del comico genovese, dal successo nei sondaggi, fino alla vittoria di Pizzarotti a Parma e al ‘fuori onda’ di Favia. Ed evidenzia anche i temi della crisi e dell’euro, che accostano il M5S ad altri partiti populisti in Europa. Da cui, però, si distingue
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 1 ottobre 2012
“Assomiglia a Jerry Garcia, scherza come Jon Stewart e dice che il mondo non ha nulla da temere dall’uomo più divertente d’Italia. Quindi perché l’Europa trema davanti al terremoto politico che è Beppe Grillo?”. Il Washington Post online dedica un lungo ritratto al fondatore del Movimento 5 Stelle, dalla vittoria di Pizzarotti a Parma (“epicentro della ‘Grillo revolution’, si legge sul sito) fino al successo nei sondaggi e al suo accostamento a Benito Mussolini. Anche se spiega che, nonostante i temi populisti contro euro e austerity siano condivisi da altri partiti in tutta Europa, il comico e il suo movimento sono nati dalla Rete per combattere la cattiva politica e che il crescente consenso degli ultimi mesi è dovuto al vuoto del panorama politico italiano.
Il Washington Post ricorda in particolare le stoccate al presidente del Consiglio (chiamato ‘Rigor Monti’) e gli attacchi a Francia e Germania che hanno chiesto altissimi sacrifici all’Italia. Grillo “ha chiesto un referendum sull’euro e ha detto che Roma dovrebbe seguire le orme di Argentina ed Ecuador, con la sospensione dei pagamenti del debito pubblico”. Il blogger, rispetto al 4% dei consensi dell’anno scorso, è riuscito a riempire il “vuoto politico” e a guadagnare migliaia di consensi, in una escalation che lo colloca dietro ai due principali partiti di centrodestra e centrosinistra. E a chi lo accusa di assomigliare al Duce risponde: “Il nostro movimento sta riempiendo uno spazio simile a quello dei Nazisti in Germania o di Marie Le Pen in Francia, ma non non c’entriamo niente con loro. Siamo moderati, persone meravigliose”. Nonostante la crisi, l’euro e le misure di austerità fomentino la nascita di gruppi populisti in tutta Europa, il Post spiega che il Movimento 5 Stelle è tutt’altro che un gruppo di “estremisti che amano il Duce”. Al contrario, prosegue l’articolo, “è nato a metà degli anni Duemila come un gruppo di cittadini collegati dai social media e uniti dal disgusto condiviso nei confronti delle èlite”, dei politici indagati e dei super stipendi degli amministratori delegati. Anche se “in una visita in Italia il mese scorso, Martin Schulz, il socialista tedesco e presidente del Parlamento europeo ha detto che è ‘più pericoloso quando i comici diventano politici che quando i politici vanno a vedere una commedia”.
L’articolo ricorda poi la vittoria alle amministrative a Parma con Federico Pizzarotti, sindaco “ex tecnico informatico” col quale sono sorti i primi mal di pancia, visti i 40 giorni impiegati per la composizione della giunta. Eppure, anche se Pizzarotti è il sindaco, “Grillo è la star dello show”. Ma le accuse più gravi giunte finora riguardano la censura del dissenso all’interno del movimento. E ricorda il fuori onda di Giovanni Favia, il consigliere dell’Emilia Romagna che a Piazza Pulita aveva sparato a zero sulla mancanza di democrazia interna nel movimento. Eppure, conclude l’articolo, nonostante “le minacce di morte” ricevute, il consigliere è convinto che “solo Grillo possa guidare il vero cambiamento”.
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