Le tasse salgono: 44%, quarti nelle Ue e le famiglie tagliano le spese alimentari

Bankitalia fa sapere: “Tassazione, l’Italia scala la classifica dei paesi europei, con aumento dell’1,4% in un anno”. Intanto, secondo l’Istat, sei famiglie ogni dieci stanno tirando la cinghia su pranzo e cena. E i consumi calano del 2,8% il tonfo più alto da 15 anni

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 banner il_fatto quotidianoSempre più tasse, sempre meno consumi. A certificare la spirale negativa del serprente italiano che si sta mordendo la coda con sempre più appetito, se mai ce ne fosse stato bisogno, sono stati l’Istat eBankitalia. Enti che, vale la pena ricordarlo, fino a poche settimane fa avevano ai loro vertici due ministri chiave del governo Letta: Enrico Giovannini (Lavoro) e Fabrizio Saccomanni (Tesoro) che non potranno non tener conto di dati e statistiche inequivocabili.Come quelle diffuse da Via Nazionale nelle sue statistiche di Finanza pubblica nei Paesi dell’Unione europea. Che mettono nero su bianco il fatto che la Penisola sta scalando la classifica degli esattorid’Europa. Numeri alla mano, nel 2012 la pressione fiscale italiana è salita al 44% del Pil dal 42,6 del 2011 al 44% del 2012, raggiungendo il massimo storico degli ultimi 50 anni. E così l’Italia ha toccato un nuovo triste primato scavalcando la Finlandia e piazzandosi al quarto posto nella graduatoria del peso del fisco nei 17 Paesi dell’euro (al sesto considerando i 27 Ue). Nel 2011 era al quinto posto.

In pratica, quindi, i contribuenti italiani pagano meno tasse solo in confronto a belgi, francesi e austriaci. Mentre è tutto da verificare se lo facciano in cambio di servizi migliori. Quel che è certo è invece chel’incremento della pressione fiscale non è stato accompagnato da una parallela riduzione della spesa pubblica, come sarebbe invece dovuto accadere in un circuito virtuoso volto a uscire dalla spirale della crisi. E, soprattutto, in linea con il manifesto della spending review del governo Monti. A questo proposito, dai dati di Bankitalia risulta che nel 2012 la spesa dello Stato è salita al 50,7% del Pil dal 50,0% del 2011.

Nei Paesi europei la spesa ha un’incidenza maggiore sul Pil solo in Danimarca (59,5%), Francia (56,6%), Finlandia (55,6%), Belgio, Grecia (entrambi al 54,7%), Svezia (51,8%) e Austria (51,2%). Sulla spesa italiana pesa per una quota importante il debito pubblico. L’incidenza della spesa sul Pil al netto degli interessi è infatti nel 2012 al 45,2% (in aumento comunque rispetto al 45,0% del 2011). E infatti il peso del debito in Italia il più gravoso d’Europa, fatta eccezione per la Grecia.

A tirare la cinghia sono invece le famiglie che stanno risparmiando anche sul bene primario per definizione, il cibo. Nell’ultimo anno, secondo l’Istat, si è registrato un vero e proprio crollo sul consumo degli alimenti e, in particolare, sulla quantità e/o la qualità di ciò che va in tavola. I dati evidenziano in particolare che la percentuale delle famiglie che nel 2012 ha ridotto la qualità e/o la quantità dei generi alimentati acquistati è lievitata al 62,3% dal 53,6% dell’anno precedente. Tradotto in soldoni, oltre sei nuclei su dieci stanno mettendo in atto strategie di contenimento dei consumi per i prodotti della tavola.

Non solo. Nel 2012 anche le famiglie più ricche, cioè quelle con i livelli di consumo più elevati, hanno tagliato gli acquisti. La loro spesa media mensile si è ridotta del 5,7%, scendendo a 3.280 euro (a fronte dei 3.477 euro del 2011). Secondo l’Istat, naturalmente, la contrazione dei consumi interessa anche la fascia più povera, ovvero quella con i livelli di spesa più bassi (-1,5%, a 972 euro contro i 987 del 2011).

In generale secondo l’istituto, l’anno scorso la spesa media mensile per famiglia è risultata pari, in valori correnti, a 2.419 euro (-2,8% rispetto all’anno precedente). Tenuto conto dell’errore campionario (0,6%) e della dinamica inflazionistica (+3%), la spesa è diminuita anche in termini reali. Il valore mediano della spesa mensile per famiglia risulta pari a 2.078 euro; il valore è identico a quello del 2011, a seguito della più marcata diminuzione della spesa tra le famiglie con livelli di spesa elevati.

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