caso ORLANDI / «Tutto iniziò con le microspie nelle auto dei monsignori Poi arrivammo ai sequestri»

L’indagato Marco Accetti e il gruppo di controspionaggio. «Un sacerdote mi disse: sei bravo con la cinepresa, ci aiuti?»

 
banner_corseraROMA – «Emanuela Orlandi è morta», ha detto giorni fa Giancarlo Capaldo, il procuratore aggiunto che da anni indaga, assieme al pm Simona Maisto, sulla Vatican connection . Ma le circostanze – luogo del delitto, indizi, prove sulla fine della quindicenne sparita nel 1983, un mese dopo la sua coetanea Mirella Gregori – non le ha spiegate. Poi si è lasciato sfuggire una frase. Sibillina: «Il caso della sua scomparsa però potrebbe risolversi…»

 

Come? Capito bene? Soluzione vicina? A 30 anni da quel maledetto imperscrutabile evento entrato nella memoria di un intero Paese – la ragazza con la fascetta, figlia del messo pontificio, evaporata dopo la lezione di musica; le urla visionarie di Agca; Wojtyla dolente che invoca Emanuela all’Angelus; la ridda folle di comunicati con la K – la Procura è dunque a un passo da dove mai, mai erano giunte generazioni di investigatori? Inutile chiedere a un magistrato rigoroso come Capaldo. «Capirà, il segreto istruttorio…»

 

Marco Fassoni Accetti

Tuttavia, messo agli atti l’undicesimo interrogatorio in tre mesi di Marco Fassoni Accetti, il fotografo che si è autoaccusato del duplice rapimento, il Corriere è in grado di ricostruire ciò che, forse, è alla base del non celato ottimismo: uno scenario. Meglio: una lotta tra fazioni all’ombra del Cupolone. Di più: i nomi degli alti prelati ai quali (senza che ciò comporti un loro coinvolgimento) avrebbero fatto riferimento i gruppi di potere coperto dal cui scontro sarebbe germinato il sequestro di Emanuela e Mirella. Premessa necessaria: la Procura prende sul serio il superteste indagato. Finora non ha mostrato di curarsi del materiale artistico di Accetti – film e foto sui temi della morte, del potere, del sesso – che a taluni fanno balenare l’ipotesi pedofilia. Tanto più che lui stesso ha fornito le liberatorie per le riprese ai minori e il sito non è stato sequestrato. A Piazzale Clodio, piuttosto, intendono approfondire e riscontrare – vista la gran mole di eventi, inseriti nel loro contesto geopolitico – tutto ciò che l’uomo racconta.

 

 

Emanuela Orlandi

Vaticano, fazioni in lotta
Marco Accetti, collegiale al San Giuseppe De Merode, grazie al suo direttore spirituale Pierluigi Celata nei primi anni ’70 conosce alcuni religiosi che gli mettono a disposizione abiti talari e locali per attività filmiche. È questa la sua prima «entratura». Poi – il ragazzo è sveglio – maturano altri contatti. «Sacerdoti un po’ peccatori mi proposero: visto che sei così bravo con la cinepresa, vuoi renderti utile?» Siamo alla fine dei ’70, tempo di guerra fredda. Di spie, cordate e camarille. Le azioni del «nucleo di controspionaggio», elenca Accetti, nascono per «tutelare il dialogo con i Paesi del Patto di Varsavia» (il che coincideva con la linea Casaroli) e contrastare la gestione di Ior e Apsa. Ma chi fu l’ispiratore? Risposta sfumata: «Volevamo condizionare in senso progressista le scelte del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa… Agivamo nell’area di monsignor Backis (cardinale lituano presente al recente conclave, ndr)». Accetti comunque un episodio lo cita: «Nella sua Fiat collocammo microspie per attenzionare persone che erano con lui». Altre figure vicine erano «monsignor Martin, della Prefettura pontificia, e Deskur, preposto alle Comunicazioni sociali», nonché «il cardinal Hume, alle prese con i debiti della sua diocesi». Quanto alla parte avversa, è con l’ascesa nel 1978 del pontefice polacco che il gruppo individua i bersagli: «Ci opponevamo ai finanziamenti a Solidarnosc e in generale alla spinta anticomunista di Wojtyla». Per questo, vittime di ricatti e dossieraggi sarebbero stati il cardinal Caprio (anni prima espulso dalla Cina, spiato con cimici «sotto la moquette gialla») e monsignor Hnilica (condannato per il caso Calvi), oltre a Marcinkus, discusso capo dello Ior, all’uomo d’affari Thomas Macioce e al cardinal O’Connor

 

 

Mirella GregoriAlì Agca e le due ragazze

E Emanuela? E Mirella? È dall’81, con l’attentato al papa in piazza San Pietro – in vista del quale il «ganglio» (come rivelato dal Corriere lo scorso 18 maggio) avrebbe svolto «azioni di supporto» a favore dei Lupi grigi – che il loro destino inizia a essere segnato. «Le prelevammo dopo la promessa dei servizi segreti ad Agca di liberarlo entro due anni: la Gregori, cittadina italiana, serviva a premere per la grazia presidenziale. Io ci misi le mie capacità di sceneggiatura…» Il resto è noto: i sequestri nel maggio-giugno ’83, le amiche usate come esca, i finti venditori Avon, la situazione che precipita per l’eco planetaria del caso Orlandi, le ragazze che non tornano… E, alla luce dello scenario emerso, anche un ultimo atroce dubbio: Accetti sostiene che Katy Skerl, la diciassettenne strangolata nel gennaio 1984 a Grottaferrata, fu uccisa nell’ambito dello stesso scontro di potere. È tale narrazione circostanziata e minuziosissima, seppure mai suffragata da chiamate in correità, che induce la Procura all’ottimismo?

 

Fabrizio Peronaci

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