Pierluigi Depentori per “La Repubblica”
Se pensate di percorrere le orme di Reinhold Messner avventurandovi in alta montagna con giacca di lino e mocassini fighetti, pensateci bene. La chiamata di emergenza potrebbe costarvi carissima, 90 euro al minuto fino a un massimo di 7.500 euro, e non perché il gestore telefonico ha deciso di applicare un salatissimo roaming di quota, ma semplicemente perché mobilitare il soccorso alpino con tanto di elicottero costa un sacco di soldi e in tempi di crisi nessuno se lo può più permettere.
E visto che nemmeno i ticket introdotti negli anni scorsi hanno sortito l’effetto sperato, l’Azienda sanitaria di Belluno ha deciso di diventare una sorta di “Equitalia d’alta quota”, avviando un progetto di riscossione coatta dei ticket non saldati, arrivando a portare in tribunale gli escursionisti che si sono fatti trasportare a valle senza motivo, usando l’elisoccorso come taxi a cielo aperto.
Si va da 200 a 7.500 euro, a seconda della difficoltà dell’intervento, mentre nel vicino Trentino hanno deciso di partire da una cifra fissa più magra (36,15 euro) e di far partire il cronometro per il volo dell’elicottero: 140 euro al minuto.
D’altronde i casi si moltiplicano. Emblematica è la storia del freerider tedesco che all’inizio dell’anno ha fatto impazzire il soccorso alpino della val di Fassa, dopo aver preso per sbaglio il difficilissimo Canale Holzer, e fermandosi paralizzato più dalla fifa che dalla fatica a metà di uno stretto canalone.
Due ore di soccorso in squadra, e poi la salvezza che arriva dall’alto sotto forma di un elicottero che cala il verricello e recupera il turista. Il problema sono soprattutto loro, i turisti stranieri, che si vedono recapitare la fattura e spariscono nel nulla, alle volte senza nemmeno ringraziare chi ha salvato loro la vita.
I conti sono presto fatti: nella sola provincia di Belluno, le fatture non pagate ammontano alla bellezza di 1,3 milioni di euro nell’arco dell’ultimo decennio, mica bruscolini. «Sì, è una cifra importante, non possiamo certo lasciar perdere», commenta Francesco Favretti, direttore amministrativo dell’Asl 1 di Belluno. «Non si deve dimenticare che a dover pagare non sono solo gli escursionisti illesi, ma anche coloro che praticano attività ad elevato rischio di soccorso (dallo scialpinismo al rafting); questi, feriti o illesi, devono compartecipare alla spesa per il recupero con l’elisoccorso», gli fa eco il primario del 118 Giovanni Cipolotti.
Storie come quelle del freerider tedesco non sono purtroppo rare, e sono tutte accomunate dalla sottovalutazione del rischio che la montagna, soprattutto in alta quota, cela dietro i suoi panorami da sogno. Come lo scialpinista di 56 anni che aveva fatto la pennichella pomeridiana in un rifugio sull’Adamello e vedendo l’imbrunire avanzare all’improvviso ha pensato bene di chiamare l’elisoccorso direttamente dal telefono del rifugio (750 euro di conto).
Il caso più recente è andato in scena proprio a fine luglio in Vallarsa, lungo i luoghi della Grande Guerra a cavallo fra il Trentino e il Veneto, nelle Piccole Dolomiti: tre ragazzi francesi di neppure vent’anni sono arrivati a sfiorare quota duemila metri in pantaloncini corti e scarpe da ginnastica, ma quando si sono imbattutti in un canalone ripidissimo e ancora innevato non hanno potuto fare altro che chiamare i soccorsi. È proprio per evitare altri casi di alpinisti con look da spiaggia che a Belluno hanno creato l’Equitalia delle Dolomiti: la montagna e i suoi pericoli hanno bisogno di rispetto.
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