Esaltare la speculazione e togliere la casella della «prigione» sono un messaggio fuorviante?
«Premetto che non c’è alcuna volontà di demonizzare quel gioco in scatola. Qualcuno mi ha pure criticato, sostiene che ci sono cose più importanti a cui pensare, non a Monopoly. Ma la lettera è un simbolo».
Di cosa?
«È il primo passo del lavoro di un intergruppo parlamentare che nelle prossime settimane proverà a capire come migliorare la legislazione sui giochi, tutelare l’infanzia e ripensare sotto un profilo etico diversi percorsi educativi».
Tra i quali ci sono anche giochi per ragazzini?
«Sì. Io ricordo di aver vietato a mio figlio un videogioco dove il protagonista doveva rubare e uccidere le prostitute. Più lo faceva, più acquisiva punti. C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo. Dobbiamo rimettere al centro della società una sensibilità che si è persa. E non a caso la nostra è una società regredita».
Da cosa lo vede?
«Dal fatto che a distanza di tanti anni dobbiamo ancora legiferare sul femminicidio perché il numero dei crimini rimane elevato. Così come ci vuole una legge per tutelare gli omosessuali: in una società più civile non servirebbe».
In tutto questo che ruolo ha la televisione commerciale?
«Il modello proposto negli ultimi vent’anni esalta solo l’individualismo e intanto si sono tolti investimenti alla scuola e alla cultura».
Mentre la finanza domina sulla politica.
«Sì, succede a livello globale e pone pure un problema di sovranità nazionale. Anche Letta ha ricordato che non si può mettere in mano alla finanza le sorti dell’Europa».
Ma come pensate di limitare la finanza creativa?
«Rimettendo al centro il discorso sociale. Con una serie di provvedimenti di sostegno alle Pmi, ai giovani, con corsi di formazione…»
D’accordo, ma per vietare gli accordi disastrosi che i comuni in passato hanno stretto con le banche sui derivati c’è una proposta?
«Serve un’attenta riflessione, gli iter parlamentari sono lunghi, ma ci penserà di sicuro la commissione Finanza..».
Commenti recenti