Alitalia? «Rovinata dalla politica e dai sindacati. Spero che la situazione si risollevi, ma siamo già pronti a sostituire i voli domestici che verrebbero tagliati». Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair, non è uno che perde tempo. Da ragazzo, quando studiava al Trinity College di Dublino, lavorava nel pub dello zio per avere più soldi in tasca.
Allora non immaginava ancora che l’incontro con Tony Ryan l’avrebbe fatto diventare uno degli uomini più ricchi d’Irlanda. A guardare il suo ufficio a Dublino, pochi metri dagli addetti al customer service, non si direbbe proprio: una scrivania semplice, qualche foto di famiglia e sull’appendiabiti una giacca fosforescente di quelle che indossano gli assistenti di scalo. La stravaganza è sempre stato un marchio di fabbrica di O’Leary, ma per una volta il ceo di Ryanair rinuncia ai panni del manager alternativo e seduto nel suo ufficio accetta di approfondire alcuni aspetti che più fanno discutere quando si parla della compagnia low cost: sicurezza, carburante, tasse. E Alitalia, perché mentre nella ex compagnia di bandiera si lotta contro il tempo alla ricerca di liquidità, c’è chi già lavora per sostituire la sua ipotetica assenza.
«In questi giorni stiamo parlando con diversi aeroporti italiani preoccupati della situazione che si è venuta a creare: se Alitalia taglierà i voli domestici, noi li implementeremo».
Dove e come?
«La situazione è molto fluida, per ora siamo presenti su 22 aeroporti italiani e trasportiamo 24 milioni di passeggeri ma tra il 2014 e il 2018 avremo 175 nuovi Boeing e prevediamo una crescita di 110 milioni di passeggeri nel mondo. Mi aspetto che almeno il 30% di questa crescita venga dall’Italia».
Come si potrebbe salvare Alitalia?
«In Spagna, Germania, Uk hanno tagliato voli, personale e sviluppato un nuovo modello. Alitalia dev’essere privatizzata: continuare a volare su rotte dove vende il 30% dei posti con tariffe costosissime, non ha senso. Pensano che 99 euro sia una tariffa low cost, 19 euro lo è».
Anche Ryanair però non se la passa bene. È la prima volta dal 2004 che fate un profit warning, l’utile netto sarà prossimo al livello più basso della forchetta di ricavi previsti tra i 570 e i 600 milioni. Inizia a vacillare anche il mito low cost?
«Non credo, le nostre azioni quest’anno sono cresciute in Borsa del 30%, per l’inverno lasceremo a terra 70 aerei ma abbiamo subito diminuito i prezzi e pensato a una strategia alternativa».
Lei ha detto che sarete più gentili con i passeggeri. Cosa vuol dire?
«Miglioreremo il sito e smetteremo di litigare con la gente per i bagagli, la cattiva pubblicità non ci fa bene. Cercheremo di essere meno rigidi consentendo ad esempio alle signore di portare le loro borse senza doverle infilare nel bagaglio a mano. Ci criticano perché facciamo pagare 70 euro se non si stampa la carta di imbarco, ma quello non è solo un pezzo di carta. È un foglio che ci consente di avere meno personale al check in, meno costi e più tariffe basse per i nostri clienti».
In Francia siete stati condannati a sborsare 9 milioni perchè pagate in Irlanda i contributi dei lavoratori francesi. In Italia è in corso un procedimento simile, cosa farete?
«Ci appelleremo e se perderemo ci rivolgeremo all’Europa. L’Irlanda e la legge europea dicono che dobbiamo pagare le tasse qui e noi così facciamo. I governi francesi e italiani si vedono ogni sei mesi con le istituzioni europee, si mettessero d’accordo, che trovino una soluzione e ce la comunichino. Quel che è certo è che noi non pagheremo le tasse due volte».
L’Irlanda ha una tassazione bassissima.
«Le company tax sono basse ma non i contributi e le tasse per i lavoratori».
In Italia vi accusano di prendere incentivi statali e di pagare le imposte dove vi fa più comodo.
«Non è affatto così, negoziamo i costi e gli incentivi li prendiamo se investiamo e creiamo lavoro».
La sicurezza è un’altra questione molto dibattuta quando si parla di Ryanair. La commissione investigativa dell’aviazione civile spagnola vi accusa di viaggiare con il minimo carburante richiesto. Non crede sia pericoloso per la sicurezza dei passeggeri?
«Lo sarebbe se fosse vero. Quel rapporto è falso, così com’è falso il libro pubblicato da una casa editrice marocchina. Non abbiamo mai avuto policy di questo tipo, i nostri piloti viaggiano con i livelli stabiliti dall’aviazione civile».
Che interesse avrebbe la commissione spagnola a dichiarare il falso?
«È una mossa dei sindacati che rivendicano uno spazio in Ryanair che non hanno mai avuto».
I vostri lavoratori non hanno rappresentanti sindacali?
«No e abbiamo avuto un solo sciopero in trent’anni di attività. So che in Italia non è così ed ecco che fine ha fatto Alitalia: un business influenzato dalla politica e dai sindacati non solo non fa soldi, ma è destinato a perdere».
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