Va spiegato e capito perché la Zona Franca Integrale per tutta la Sardegna non solo è utopia allo stato puro, ma anche perché non è assolutamente pacifico che sia il toccasana ai nostri problemi.
Le zone Franche si giustificano in tempi e spazi limitati per motivi oggettivi (l’insularità e l’isolamento sono sicuramente un motivo valido e comprensibile) ed hanno lo scopo di dare impulso e vitalità (attraverso appunto i vantaggi fiscali) a zone in grave difficoltà economica (ed anche in questo caso la Sardegna avrebbe ovviamente le carte in regola per chiederla ed il diritto di ottenerla).
Ma essendo la Z.F. un territorio nel quale non si pagano, o comunque si riducono notevolmente le imposte, le accise e le tasse sia alla produzione che al consumo, è del tutto naturale che questi territorio finirebbero per avere una importante attrazione per la localizzazione di aziende, l’utilizzo di lavoratori, il mercato di beni e consumi non gravati di tasse e quindi a prezzi e costi molto competitivi. Per questo spesso anche i più recalcitranti economisti si dicono d’accordo perché in alcuni periodi storici ed economici possa attivarsi questo tipo di “paradiso” fiscale a tutto vantaggio dell’economia complessiva e dei cittadini.
Il problema per la Sardegna è che, essendo costituzionalmente una Regione a Statuto Speciale, proprio grazie alla legge costituzionale Istitutiva, qualsiasi imposta riscossa in Sardegna genera automaticamente una entrata nel bilancio della Regione per effetto del regime delle compartecipazioni fiscali garantito dall’articolo 8 dello Statuto.
Con queste entrate la Regione garantisce i servizi ai cittadini (Sanità, Scuola, Trasporti etc.) e, va anche ricordato che ciò che incassa la Regione non basta neppure a far fronte alle spese “pubbliche” necessarie alla nostra quotidianità. Ricordo che ogni anno questa differenza ammonta ad un saldo negativo di quasi 5 miliardi.
Figuriamoci cosa succederebbe se dovessimo rinunciare anche alle entrate fiscali per tutta la Sardegna per via della Z.F., la paralisi immediata sarebbe più che un rischio una certezza.
Rinunciare alla sola IVA vorrebbe dire avere in cassa circa due miliardi in meno di entrate con tutto quel che ne succede, cioè circa il 60% dell’intera spesa per la sanità.
Diverso è invece il discorso sui Punti Franchi, che, essendo, solo alcuni, definti e già stabiliti da leggi che vanno soltanto rispettate ed attuate, in 6 porti e zone limitrofe, limitati nello spazio e nelle funzioni, sarebbero probabilmente davvero lo stimolo nuovo e percorribile per rilanciare l’economica.
Soprattutto in settori vitali per l’economia sardi.
Si pensi soltanto alle immediate positive ripercussioni sul costo dei biglietti aero-portuali nelle zone interessate. Biglietti che non più gravati di accise e di orpelli vari, diventerebbero concorrenziali su tutto il mercato internazionale, senza neppure bisogno di inventarsi accrocchi spudorati e di facciata come la finta continuità territoriale che è uno dei più grandi imbrogli di Cappellacci e soci.
Maggior concorrenzialità della Sardegna nel mercato Trasporti-Turismo, significa più turisti negli alberghi, nelle coste, nei paesi insomma più consumi, persino più Iva ed entrate per la Regione in maniera da ripagare abbondantemente quel che si “perde” per la detassazione dei ticket di viaggio.
Antonello Zappadu
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